Sorvolo, 12

“Tutti i cartelli, tuttavia, hanno un meccanismo interno di autodistruzione. Presto o tardi, uno dei membri diviene insoddisfatto della sua fetta concordata della torta. Decide di competere di nuovo e persegue una quota maggiore del mercato. Fu presto riconosciuto che l’unico modo di impedire che questo accadesse era usare il potere poliziesco del governo per imporre l’accordo di cartello. La procedura richiedeva l’approvazione di leggi travestite da misure per la protezione del consumatore che in realtà operassero per assicurare l’eliminazione della competizione. Henry P. Davison, che era un socio di Morgan, non fece giri di parole quando nel 1912 disse ad una commissione parlamentare: «Preferirei avere regolamentazione e controllo piuttosto che competizione libera.» John D. Rockefeller venne al punto persino di più in uno dei suoi commenti spesso ripetuti: «La competizione è peccato.»
Questa tendenza non era appannaggio esclusivo dell’industria bancaria. Ron Paul e Lewis Lehrman forniscono la prospettiva storica:
Dopo il 1896 ed il 1900, quindi, l’America entrò in un’era progressivamente e prevalentemente Repubblicana. La cartellizzazione obbligatoria nel nome del "progressismo" iniziò ad invadere ogni aspetto della vita economica americana. Le ferrovie avevano dato inizio al corteo con la formazione dell’ICC negli anni ’80, ma adesso un settore dopo l’altro stava venendo centralizzato e cartellizzato nel nome dell’"efficienza", della "stabilità", del "progresso" e del benessere generale… In particolare, vari grandi gruppi, guidati dagli interessi di J.P. Morgan, spesso riuniti nella National Civic Federation ed altri pensatoi e gruppi di pressione, videro che i cartelli volontari ed i movimenti di fusione industriale dei tardi anni ’90 non erano riusciti a conseguire prezzi da monopolio nell’industria. Perciò, decisero di rivolgersi ai governi, statali e federale, per porre un freno ai venti della competizione e stabilire forme di cartello obbligatorie, nel nome, naturalmente, del "porre un freno al monopolio dei grandi gruppi" e del progresso del benessere comune.

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