Crimine contro l’Umanità: Pensiero Unico in Economia, 29

Così qui abbiamo un metro di misura a due stadi:
Primo, possiamo osservare come la realtà abbia sbugiardato l’economia neoclassica ed i suoi sostenitori in termini di risultato generale: contrariamente alle loro asserzioni, i paesi che si sono attenuti a ciò che loro esigono non sono andati meglio di quelli che non lo hanno fatto; al contrario, sono andati alquanto peggio. Ed a questo va aggiunto che per un quinto di quell’arco di tempo il Giappone subì una grave recessione. La nebbia sta incominciando a diradarsi?
Secondo, possiamo osservare pure come la realtà abbia inchiodato l’economia neoclassica ed i suoi sostenitori anche in merito alla disuguaglianza: in aggiunta al produrre di meno in luogo del di più preteso, quel di meno è anche distribuito in maniera più diseguale. Ed a questo bisogna aggiungere la ricaduta sulle vite della gente di questo di meno, amplificato da questa maggiore disuguaglianza, in termini non misurati dalle cifre qui sopra ma che nondimeno costituiscono la qualità della vita, come tasso di disoccupazione, tasso d’infortuni, tasso di criminalità, tasso di suicidi, ecc. La nebbia sta continuando a diradarsi?

Ma poi Werner prosegue, dallo statico al dinamico: quanto sopra delinea il risultato nel corso di quell’arco temporale come quadro generale statico, perciò ora mettiamolo in movimento per osservare più da vicino la relazione fra un cambiamento nel grado di “cura” neoclassica ed un cambiamento nella salute del Giappone.
Anche questo banco di prova dinamico è lungo mezzo secolo perché il Giappone subì una pressione neoclassica costante sin dagli anni ’60, ed iniziò a cambiare significativamente dagli anni ’70 in avanti, sfociando in uno spostamento progressivo ma radicale in quella direzione, il che costituisce un banco di prova ideale per le riforme strutturali neoclassiche per dar prova di sé.

Per misurare il grado crescente di rimodellamento neoclassico dell’economia giapponese Werner cita vari quadranti: l’incremento dei beni manufatturieri importati (un segno di deregolamentazione, liberalizzazione, ecc. e della conseguente globalizzazione), il declino dei finanziamenti alle imprese via prestiti bancari (un segno del finanziamento via azionisti e del conseguente “capitalismo degli azionisti”), l’aumento delle imprese privatizzate in precedenza di proprietà governativa, il decremento delle regolamentazioni governative, l’incremento della mobilità del lavoro, e, in modo particolare, il declino del numero di cartelli espliciti, ufficiali. Werner riporta che essi sono definiti come eccezioni ufficiali alla legge antimonopoli concessi dalla Commissione per la Concorrenza Leale (Fair Trade Commission), e poi confronta il loro numero con il tasso di crescita del Prodotto Interno Lordo nominale espresso in percentuale su base annuale. Vediamo…

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