Crimine contro l’Umanità: Pensiero Unico in Economia, 30

Arco temporale: dal 1958 al 1998.
Fase uno: gli anni ’50. Entrambi crescono rapidamente: i cartelli aumentano da circa 400 a quasi 1000, il tasso di crescita del Prodotto Interno Lordo aumenta da circa 6 percento a circa 15 percento.
Fase due: gli anni ’60. Entrambi mantengono una tendenza stabile: i cartelli sono in media quasi 1000, il tasso di crescita del Prodotto Interno Lordo è in media circa il 15 percento.
Fase tre: dagli anni ’70 agli anni ’90. Entrambi mantengono una tendenza costante al ribasso: i cartelli scendono sino a quasi 0, il tasso di crescita del Prodotto Interno Lordo scende a meno di 0.

Così qui abbiamo un altro metro di misura, e parla da solo.
Non solo è un banco di prova abbastanza lungo da permettere alle riforme strutturali neoclassiche di dare prova di sé, ma per ampliare ulteriormente il campione si dà anche il caso che esso abbracci, e documenti, una serie completa di tendenze: crescente, stabile, decrescente.
Una conclusione? Nelle parole di Werner, “La stampa finanziaria ed i commentatori eruditi asseriscono quasi giornalmente che i risultati economici del Giappone miglioreranno se verrà adottato un capitalismo in stile statunitense. Tuttavia, la verità è che non c’è nessun fondamento empirico per una tale asserzione. L’argomento delle riforme strutturali deve essere considerato una teoria infondata. Se si consultassero i dati empirici, allora si potrebbe concludere solamente che le riforme strutturali del Giappone in direzione della deregolamentazione e della liberalizzazione sono state accompagnate da una ininterrotta riduzione della crescita economica, sia nel breve periodo che nel lungo termine. Le riforme potranno anche essere “assolutamente volute” da certe parti della società. Tuttavia, è ben lungi dall’essere chiaro come siano “assolutamente necessarie”.
Specialmente negli anni ’90, i propugnatori della riforma strutturale in Giappone si sono confrontati con questo scomodo fatto spostando semplicemente i paletti sulla definizione di riforma strutturale. Man mano che la recessione degli anni ’90 continuava a dispetto della riforma strutturale che accelerava, da parte dei riformatori veniva semplicemente asserito che i continui risultati economici deboli erano dovuti all’insufficienza della riforma: se fossero state messe in atto riforme ancora più profonde, i risultati economici sarebbero migliorati sicuramente. Ovviamente, questo non fa che ampliare la sfera delle affermazioni non comprovate, ma non costituisce prova concreta.”

Crimine contro l’Umanità: Pensiero Unico in Economia