Il simbolo umanoide perfetto

Il simbolo perfetto dell’indegnità umanoide è il fumo. Se con umanoide intendo tutti quei tranelli interiori che noi così gelosamente giustifichiamo come “umani” (alcuni dei quali ho cercato di trattare sopra, e che ti invito a scoprire qui all’opera come un esercizio rivelatore), con indegno intendo: primo, non all’altezza dei requisiti minimi di decenza che ci si attende da qualsiasi persona; secondo, non all’altezza delle responsabilità di cui si è investiti per il fatto stesso di esistere; terzo, perciò indegni di aiuto a causa della mancanza del primo requisito per venire aiutati: un sé di buon senso. A meno che non si possa riunire abbastanza sé per restare o sollevarsi al di sopra di quello stato umanoide più basso del fondo, non c’è nessuna speranza perché non c’è nessun sé, nessuna lucidità, nessun buonsenso, nessuna volontà sui quali fondarla.

Primo, fumare è una dipendenza. Avere una dipendenza è un tradimento del proprio onore e dei propri doveri. L’etica consiste nella persona che apporta il più alto livello di esistenza per il tempo più lungo per tutto e tutti, in un mondo governato dalle leggi della fisica, dove forza bruta più casualità danno come risultato il caos, e si dà il caso che ci sia una specie di guerra non dichiarata fra i due. Il mondo è materiale e tende al caos, mentre il nostro sé ed i nostri valori più elevati non sono materiali e portano ordine: persino la forma di vita più umile prende molecole sparpagliate alla rinfusa e le organizza in strutture e flussi ordinati, ed a noi è assegnata la responsabilità di far sì che le cose siano organizzate e funzionanti in modo che tutto e tutti possano fiorire e prosperare, e continuare a farlo. Più c’è ordine, più c’è vita e potenziale; più c’è caos, meno ce ne sono.

Gli esseri umani rispettano una bandiera bianca, le leggi fisiche no; ma se questa scortesia non fosse già abbastanza, il mondo combatte questa guerra non dichiarata non solo con l’ineluttabilità delle leggi fisiche, come quando inciampare significa cadere ad ogni passo che facciamo senza eccezioni, ma la combatte principalmente in maniera subdola: rendendo noi sempre più come lui.

Il simbolo umanoide perfetto, 2

Quando plasmiamo la materia per esprimere il nostro sé non materiale, come con l’arte, tutti vincono; quando il mondo plasma il nostro sé non materiale inducendolo a pensare, sentire e comportarsi come la materia, come quando tradiamo la nostra onestà per trenta denari luccicanti, tutti perdono. Quando vinciamo noi, diventiamo sempre più liberi; quando perdiamo, diventiamo sempre più schiavi; e quello che ci fa vincere o perdere è il fatto di essere causa o effetto: noi miriamo ad essere causa sul mondo, il mondo mira a renderci effetto, questa è la morale della favola. Da questo scaturisce tutta quella parte della cultura e del pensiero che riguarda il definire ed il promuovere valori e principi etici, come l’onore, che è determinante nell’insegnare ad essere fieri del proprio atteggiamento orientato al produrre sopravvivenza e della propria capacità di produrla. Fondamentalmente, tutto ciò che questi valori e principi ti stanno dicendo è: per come stanno le cose, tu sei qui per sopravvivere e far sopravvivere tutto e tutti; per farcela, devi essere causa, non effetto, e questo è quanto, punto e basta. In principio era il Verbo, ed il Verbo è… sii causa. E che cos’è la dipendenza se non effetto senza speranza?

Secondo, dipendenza da cosa: cibo o veleno? Potresti dire che gli esseri viventi in questo mondo abbiano una dipendenza dal respirare, bere e mangiare, ma se volessi cambiare quello dovresti arrivare a modificare il cuore delle leggi fisiche e della natura. Diversamente, dato che il nutrimento porta sopravvivenza agli esseri viventi, merita di venire chiamato dipendenza? C’è una distinzione netta qui, ed è quella fra aiuto e tradimento: non solo aria, acqua e cibo portano vita ed il veleno porta morte, ma per portare morte il veleno la traveste da vita. Soppressione come al solito: sfruttare l’impulso di vivere e pervertirlo in un impulso a morire. Il meccanismo della dipendenza da veleno è alquanto preciso, ed è questo, come ho descritto in precedenza: creare artificialmente e sfruttare un bisogno degradante che non esisteva in primo luogo. È il raggiro perpetrato con la protezione criminale e la dipendenza da nicotina: danneggi la gente e la costringi in uno stato inferiore e degradato, poi sfrutti il loro impulso a riconquistare lo stato originale, vendendogli la causa della malattia come se ne fosse la cura, vendendogli a caro prezzo un briciolo di quello che era di loro proprietà nella sua interezza in primo luogo, mentre ti assicuri che non si accorgano mai della verità ma al contrario rimangano schierati dalla parte dei loro aguzzini ed a combattere i loro soccorritori.

Il simbolo umanoide perfetto, 3

E, sia come lubrificante che come l’ironia del danno oltre la beffa, l’intera macchinazione verrà guarnita dall’aguzzino che si atteggia ad autorità, a benefattore, occasionalmente persino a vittima dei “beneficiari” ingrati che osano mordere la mano che li “aiuta”, dovesse mai la vittima azzardarsi ad obbiettare alla soppressione pura. Esiste un esempio peggiore di tradimento camuffato da aiuto?

Il modo migliore di confrontare la presenza e l’assenza della dipendenza è graficamente: l’asse orizzontale X indica il tempo, l’asse verticale Y indica lo stato della persona, quindi la linea sul grafico indica lo stato della persona in ogni dato momento, sia esso più o meno positivo o negativo. Disegniamo gli andamenti di una persona con una dipendenza e di una senza, mentre affrontano le stessissime situazioni: prima, per un certo tempo la vita è normale e sempre uguale, poi interviene qualche fonte di stress e la vita peggiora, e poi dal quel momento in avanti quello stress continua, con la vita sempre uguale ad un nuovo livello inferiore. L’andamento della persona senza dipendenza, diciamo, inizia a più dieci, rimane stabile a più dieci sinché la vita è normale, scende a più cinque quando interviene lo stress, poi rimane stabile a più cinque man mano che lo stress continua, e questo è tutto. Dall’altra parte, anche l’andamento della persona con la dipendenza, diciamo, inizia a più dieci, perché all’inizio non c’era alcuna dipendenza; poi, quando la persona diviene dipendente, l’andamento cambia da stabile a dente di sega: scende da più dieci a meno cinque durante l’astinenza, sale da meno cinque a più cinque durante l’assunzione, poi scende da più cinque a meno cinque durante l’astinenza successiva, poi sale da meno cinque a più cinque durante l’assunzione successiva, su e giù, su e giù, girando in tondo in una spirale senza speranza. E sin qui la vita è ancora normale; quando interviene lo stress, l’andamento a dente di sega continua, con l’unica differenza che gli alti e bassi scendono da più cinque e meno cinque a più quattro e meno sei, a più tre e meno sette e così via fino a, diciamo, zero e meno dieci; dopodiché, quando lo stress continua, l’andamento a dente di sega continua con quegli alti e bassi di zero e meno dieci. E questo non è che un esempio ottimistico: nella realtà dei fatti, dato un livello stabile di condizioni circostanti, è alquanto probabile che la dipendenza ed i suoi alti e bassi peggiorino lentamente ma inesorabilmente da zero e meno dieci a meno uno e meno undici, a meno due e meno dodici… Infine, la persona con una dipendenza spesso cerca sollievo aumentando la dose, il che altro non fa se non accelerare l’affondamento, come dimenarsi nelle sabbie mobili.

Il simbolo umanoide perfetto, 4

L’esame comparato dei due andamenti sul grafico evidenzia alcuni fatti: Uno, lo stato della persona con una dipendenza è sempre peggiore di quello della persona senza dipendenza, in qualsiasi dato momento, peggiore di quello che era prima della dipendenza, peggiore di quello che potrebbe essere e sarebbe senza la dipendenza. Due, lo stato della persona con una dipendenza viene ulteriormente peggiorato dallo stress di non poter mai contare sulla stabilità, e dal subire inesorabilmente una successione incessante di alti e bassi, una pallina prigioniera in un flipper, totalmente effetto. E a lungo andare essere totalmente effetto non è privo di effetti… effetti avversi, anche se un po’ difficili da rilevare in quanto è l’osservatore stesso quello che peggiora. Tre, le cose peggiorano persino di più quando interviene lo stress esterno; stress esterno e stress causato dalla dipendenza in qualche modo si amplificano reciprocamente, di nuovo peggio di come sarebbe senza la dipendenza, in base alle sole circostanze esterne. Quarto, la persona con la dipendenza non se ne rende conto, a dispetto di tutte queste evidenze. Come mai?

Tutto il trucco su cui si basa la truffa criminale della dipendenza sta nel fatto che la persona con una dipendenza vede solo un lato di ciascun dente di sega dell’andamento; per quanto ciò possa sembrare incredibile, questi vede soltanto gli aumenti e distoglie lo sguardo dalle diminuzioni. Persino agli inizi la persona è sprofondata nella dipendenza distogliendo lo sguardo dal fatto che l’assunzione peggiorava il suo stato, finché non ci si è “assuefatta” – vale a dire, il fattore generatore della dipendenza ha iniziato ad avere il sopravvento sulla repulsione; invece, è quel fatto ad essere sprofondato nell’oblìo. La persona con una dipendenza è soggetta all’astinenza, che la induce ad un’abbietta brama di sollievo, e la pressione è tale che la persona si aggrappa all’aumento senza la lucidità ed il coraggio di affrontare il fatto che l’aumento è mero sollievo dalla diminuzione, è la diminuzione non è che diminuzione; il senso di smarrimento alla deriva negli alti e bassi la spinge a barricarsi dentro gli stretti confini dell’aumento attuale, quando il presente immediato sembra il solo intervallo di tempo sopportabile cui anelare, dimenticandosi del prima, dopo e di tutto il resto. Una gabbia le cui sbarre non possono che continuare a restringersi.

Il simbolo umanoide perfetto, 5

E la trappola, la gabbia, è bloccata soltanto dalla connivenza della vittima. Il solo limite di una persona sono le sue proprie considerazioni: i soli limiti sono quelli che si convince di avere. Quindi nessuna barriera può esistere a meno che non si sia d’accordo con essa; darla per scontata non è che una forma di tale accordo. Uno potrebbe anche non superarla mai, ma che importa: sarebbe all’altezza del proprio onore sintantoché non si inchina ad essa. E nessuna barriera ci ingabbierà per sempre come squadra se tramandiamo bene la staffetta e la torcia. Questo è quanto riguardo a cosa blocca la gabbia dall’interno; e quanto alle ragioni per cacciarsi in trappola in primo luogo?

Qualsiasi sostanza che crei dipendenza si evita direttamente in primo luogo, o si sradica una volta introdotta, a meno che non si abbiano altre intenzioni. Quindi questa è la seconda sfaccettatura: le motivazioni per diventare dipendente. Ne esistono molte, basate sui difetti umanoidi in generale, ma penso qui basti classificare sommariamente: farsi fregare dalla truffa criminale, brama di considerazione sociale, istinto di branco, impazienza, conflitto, irresponsabilità, apatia, e naturalmente le loro combinazioni.

Abbiamo già visto il meccanismo della truffa criminale una volta dipendenti, ma esso inizia ad operare persino prima della dipendenza, quando si pensa di guadagnarci, non di perderci, a giocare col fuoco e cacciarsi nella trappola. Guadagnarci che cosa, esattamente, beh… questo ricade più o meno nella motivazioni seguenti.

Molte persone bramano la considerazione degli altri (anche la considerazione di sé è costruita su quella degli altri): la loro ammirazione se possibile, il loro timore in subordine, o almeno, e comunque, la loro attenzione; quindi prima prendono di mira qualche ambiente sociale, e poi danno la caccia a ciò che è “fico” – ciò che riceve tale attenzione e considerazione in esso. Sono “fico”, quindi esisto. Come ho detto, a mio modesto parere, l’intera gamma della miseria umana si riduce a questo comun denominatore: personalità “vincente” e personalità “perdente” che prendono il sopravvento su di sé. Quindi indovina cosa ottiene la considerazione umanoide, e quindi cosa gli umanoidi eleggono a loro obiettivo? La personalità “vincente”.

Il simbolo umanoide perfetto, 6

E da cosa gli umanoidi ne riconoscono una? Dai suoi tratti caratteristici dal loro punto di vista. Quindi la cercano, sondano tali tratti distintivi e li indossano per attrarre ammirazione, timore, attenzione. Abbastanza sfortunatamente, le personalità “vincenti” spesso fanno i duri, perciò è quello a venire imitato. Ancor più sfortunatamente, la nostra evoluzione sotto questo aspetto lascia a desiderare: quando eravamo uomini delle caverne in un mondo non addomesticato, i giovani guerrieri erano messi alla prova dei pericoli reali; ora che siamo civilizzati in un mondo addomesticato, la prepotenza soppianta il coraggio ed i giovani guerrieri a corto di prove reali si accontentano di andarsela a cercare; in mancanza di un ambiente ostile da affrontare, si rivoltano contro i propri simili, e persino anche contro sé stessi, con comportamenti antisociali, degradanti sia degli altri che di sé, distruttivi sia degli altri che di sé – ed i veleni che creano dipendenza ne sono l’esempio tipico e perfetto. Ecco quello che viene imitato. Più ci si rende abietti e ci si mette a repentaglio, più si è “fichi”. Agli occhi degli sprovveduti, che scalpitano per essere “fichi”, i più fichi sono quelli con una dipendenza.

Poi la personalità “vincente” si fonde con l’istinto di branco. Se si brama la considerazione, allora probabilmente si aborrisce l’ostracismo. L’istinto di branco è semplice: giusto è ciò che fa il branco, sbagliato è ciò che il branco aborrisce, e solitamente non semplicemente a prescindere dal suo reale risultato, ma piuttosto al contrario rispetto ad esso. La storia fornisce le percentuali di quante volte i lemming si sono annegati da soli a paragone di quante volte si sono portati in salvo, ma la storia è un argomento perennemente in pericolo a causa proprio di questo fatto: dopo tutto, la maggioranza non è l’entità “vincente” in un branco? In altre parole, una specie di branco nel branco, la sua quintessenza. Tanto che persino se il branco nel branco ordinasse al branco di distruggere tutto il cibo, esso rimarrebbe comunque agli occhi del branco la “personalità vincente” sino a quando l’ultimo di essi non morisse di fame. Questo tende a mettere in pericolo la storia in quanto verità dei fatti giusto un pochino ma… non farci caso; piuttosto, vediamo di indossare qualcuno dei suoi tratti distintivi; come? Essendo parte di esso, dissolvendoci in esso. E la storia è lastricata di rituali di branco per i quali uno si prenderebbe a schiaffi se solo avesse lo stomaco di spezzare l’incantesimo e guardarsi allo specchio. Ma ci vuole coraggio, ed è stato rammentato spesso che fare gruppo come branco nel branco è piuttosto il suo contrario.

Il simbolo umanoide perfetto, 7

Pervertire l’impulso di rivoltarsi contro qualcosa, trasformandolo in un cavallo di Troia, è un altro strumento soppressivo da manuale. Indipendentemente che ad essere nel giusto sia la rivolta o il suo bersaglio, ed indipendentemente che la rivolta sia genuina o fomentata, l’impulso degli insorti può venire indirizzato in una trappola, dalla padella nella brace. Un caso di questo è il crimine contro l’umanità perpetrato da un certo Edward Bernays, famoso per il suo libro del 1928, Propaganda: Bernays, uno dei padri dell’attuale punto di vista e conseguenti studi ed attività per manipolare la gente da dietro le spalle, quando i suoi committenti nel cartello del tabacco videro un calo dei consumi circa un secolo fa, dato che a quel tempo questa piaga era appannaggio solo degli uomini, orchestrò e mise in scena una campagna mediatica mirante ad associare il fumo all’emancipazione femminile. La spinta delle donne ad affermare la propria indipendenza nei confronti di una società benpensante venne tradita con una manifestazione scioccante, quando nel corso della parata cittadina di New York un “gruppo di donne manifestanti per i diritti delle donne” accesero sigarette come “Fiaccole della Libertà” davanti alla stampa opportunamente preavvisata, che lo diffuse entusiasticamente come un “gesto di Libertà”. L’associazione criminale, blasfema e fraudolenta del veleno con la libertà pugnalò alle spalle con un messaggio chiaro: l’anticonformista ed indipendente non può non fumare. Un messaggio che semina ancora soppressione a distanza di un secolo: chi vuole essere sicuro di essere sul lato “giusto” della vita, qualunque cosa sia attualmente in voga come “giusto”, non può non avere una dipendenza dalla merda. I politici degli Stati Uniti come pure i Nazisti sono in debito con questo signor Bernays, accusato da un giudice della Corte Suprema di essere “un avvelenatore professionista dei cervelli della gente”, e come risultato oggi le tabagiste donne sono spesso intrappolate in un accanimento persino peggiore di quello dei tabagisti uomini. Tale è il potere delle bugie, quando confezionate in un cavallo di Troia. Ancora un esempio di come il tradimento sia efficace proprio nella misura in cui il crimine è grave ed il tradimento completo: più piena di speranza la fiaccola, più redditizi la sua infiltrazione e perversione.

Il simbolo umanoide perfetto, 8

Se fai ricerche sulla diffusione del fumo, scopri una correlazione inversa fra le condizioni sociali, sia materiali come il benessere e le opportunità che non materiali come la cultura e le qualità umane che essa favorisce: più basse sono le condizioni sociali, più alta la diffusione del fumo. Che meno ci si possa permettere una dipendenza e più sia probabile averla è un ben noto paradosso. E questa correlazione inversa abbraccia tanto lo spazio quanto il tempo: mentre la nazioni industrializzate, guidate dai loro livelli culturali più elevati, spezzano l’incantesimo, le nazioni in via di sviluppo cascano nello stesso incantesimo; tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha varato una Tobacco Free Initiative (Iniziativa Senza Tabacco, n.d.a.) per ridurre il consumo specificamente nelle nazioni in via di sviluppo. Il medesimo imbroglio inizia a mostrare la corda in presenza delle qualità umane favorite dalla cultura e miete nuove vittime in loro assenza; questo mostra come quello fra le qualità umane più elevate e le manipolazioni di Bernays e dei suoi complici e discepoli sia uno scontro frontale. Lucidità, consalevolezza, presenza di spirito e personalità “vincente” o “perdente” sono incompatibili; dopo tutto, non possono occupare il medesimo spazio: sé.

Con impazienza intendo tutti quei difetti umanoidi che impediscono di avere la base dati completa necessaria per valutazioni e decisioni sensate. E questo non si limita all’impazienza dei giovani nei confronti degli adulti, che li porta dalla padella nella brace: è vero che le generazioni precedenti agiscono come fonti potenziali di guai ritrasmettendo contro quelle successive tutta la soppressione ricevuta e identificandosi con essa, ma esse sono anche i depositari della portata del lavoro già fatto, dello stato dell’arte la cui ignoranza porta le generazioni successive a sprecare la loro preziosa energia nel reinventare la ruota invece di usarla per spostarsi più avanti fuori dal fango; inoltre, la dimensione temporale è fondamentale in una base dati per isolare similitudini e differenze, rilevare tanto i denominatori comuni quanto le loro istanze nascoste, e per arrivare da qualche parte non se ne sa mai abbastanza, come dimostrato dal calcolo delle medie la cui accuratezza migliora man mano che aumenta il numero dei campioni. Ciò che qui chiamo impazienza è una piaga ben più diffusa che meramente fra i giovani, come descritto in precedenza. Ed apre la porta alle piaghe successive – e la mantiene anche spalancata. Una porta su misura per il meccanismo della dipendenza, basato su una scadente – falsa, tendenziosa, insufficiente – informazione.

Il simbolo umanoide perfetto, 9

Quando è sufficiente sentire qualcuno dire “Non farlo!” per adottarlo come un “Fallo!”, questo potrebbe essere o potrebbe persino non essere la conseguenza di mera impazienza ed informazione e valutazione scadenti, da sole. Temo potrebbe anche avere origine dal conflitto. Se si reagisce con il contrario, ci si sta opponendo, e probabilmente si considera ciò cui ci si sta opponendo un nemico, in qualche modo. E pensare che le persone nascono cooperative e disposte ad aiutare e ad essere partecipi… la tragedia inizia quando vengono rifiutate. Quando si tratta di lealtà, a chi: a coloro che ti hanno fatto sentire accolto o respinto? C’è più di quello che sembra nell’accettare l’aiuto: il mondo, le persone in esso, stanno andando in pezzi per la mancanza di qualcuno che le ascolti, ed accettare aiuto è una forma di ascolto. Devi fare tesoro dell’impulso di un bambino ad aiutarti ed a cooperare con te, e lo devi incoraggiare, perché non è solo commovente; è inestimabile: è praticamente la sola cosa che mai avrai. Quindi farai meglio ad investire in questo la responsabilità supplementare di assicurarti di accorgerti quando sta cercando di aiutarti, di sbloccare quella volontà se spenta, di concedergli e permettergli di trovare il suo modo personale di aiutare ed essere partecipe, e di assicurarti che sia al sicuro mentre lo fa. Perché? A causa della ricompensa per il non farlo… Guai a coloro che una volta volevi aiutare e non ci sei riuscito! Guai a coloro con cui una volta volevi stare e ti hanno rifiutato! Talmente devastante è il nostro fallimento nell’aiutare, nel far accettare il nostro aiuto, che possiamo scivolare verso l’odiare coloro che non siamo riusciti ad aiutare; talmente devastante è il nostro fallimento nell’essere partecipi, nel venire accettati fra i nostri simili, che possiamo scivolare verso il combattere coloro con cui volevamo stare. È qui che troppi dei nostri bambini vengono gettati con l’acqua sporca: dietro le barricate dell’ostilità nessuno passerà al setaccio le parole del “nemico”, quindi qualunque saggezza e verità conquistata a caro prezzo andrà sprecata: combattuta, dimenticata, perduta. Se la soppressione camuffa il tradimento da aiuto, la stupidità scambia l’aiuto per tradimento.

Il simbolo umanoide perfetto, 10

Il conflitto potrebbe anche prendere la forma dell’irresponsabilità. Una volta deciso di essere ostili, non necessariamente si combatte. Quantomeno, non apertamente. Abbastanza umanoide, e piuttosto effetto, come atteggiamento: qualunque cosa tu scelga, sta sicuro che io sceglierò il contrario. Tu sei impegnato a cercare di farcela? Beh, al diavolo il farcela, io no. Tu causa, me effetto! Dopodiché tornano comodi un’abbondanza di variazioni sul tema, dall’atteggiamento menefreghista alle costruzioni filosofiche tali per cui il modo “fico” di comportarsi è l’etica psichedelica, il toccare il fondo, cupio dissolvi (brama di distruzione in latino), istinti di morte: da che vuoi che sia a non ho chiesto io di nascere, mi rifiuto di condividere la responsabilità di proteggere ed assicurare la sopravvivenza, di perpetuare la torcia della vita, e perciò rifiuto la responsabilità di preservare la mia personale integrità come la base per quello, e mi sento libero di abusare di me stesso in qualunque modo irreversibile solo per il gusto di “vedere com’è”, dato che non c’è niente di cui rendere conto comunque; non solo qualunque cosa accada domani non m’importa, a me o a chiunque altro se è per quello, ma se mai capitasse sarà a dispetto di quella vita della quale non ho potuto essere partecipe… quel tipo di cose, rende l’idea. Vedi tu se tutto questo significhi davvero non combattere coloro che cercano di farcela, oppure solo non combatterli apertamente.

Un’altra forma di irresponsabilità è quella brama di andare su di giri comunque (tanto “su di giri” quanto può portare la truffa criminale della dipendenza, se è per quello) che ricorda la cicala e la formica. Qualsiasi responsabile degno di questo nome sa che la relazione fra la produzione richiesta a qualsiasi macchinario ed i suoi costi di manutenzione ordinaria e straordinaria si può tracciare su un grafico, ed i grafici provano che l’optimum è intorno all’80 percento del suo potenziale: al di sotto di esso c’è potenziale sprecato, al di sopra di quel livello i costi di manutenzione si impennano, perché le cose iniziano ad andare a pezzi, e presto o tardi lo faranno.

Il simbolo umanoide perfetto, 11

È stato detto che il comun denominatore della droga è che tutte le droghe non sono che veleni e tutti i veleni seguono questo stesso schema. Un veleno è un’aggressione contro il corpo, quindi il corpo reagisce per autodifesa, e l’effetto dipende dall’equilibrio di forze: una dose che sia piccola per le capacità di difesa del corpo viene percepita come un effetto stimolante, a causa della risposta di contrattacco; una dose abbastanza grande da mandare in crisi le sue capacità di difesa viene percepita come un effetto sedativo, dato che il corpo inizia a soccombere; una dose abbastanza grande da sconfiggere le sue capacità di difesa viene percepita come un effetto letale… da tutti tranne che dal soggetto. Tenendo conto solamente dei picchi nell’andamento a dente di sega della truffa della dipendenza, lasciando perdere il resto della tendenza che ne è la maggior parte e rimane persino più in basso, e che il “su di giri” è solo apparente dopo tutto, chiunque sia “su di giri” nel profondo sa che sta scappando piuttosto che raggiungendo. Quel su di giri potrebbe stare abusando della macchina, non solo al di sopra dell’optimum intorno all’80 percento, ma persino ben oltre il 100 percento: è paragonabile all’elaborazione estrema delle auto alimentandone i motori con protossido di azoto invece dell’aria: viene bruciato più carburante quindi più potenza viene strappata al medesimo motore, ma è a costo di un’usura aumentata in proporzione. Più oltre il 100 percento e più a lungo metti il motore sotto pressione, e prima, più pesantemente ed improvvisamente ti presenterà il conto. Ma a persone “cicala” in condizioni del genere non gliene importa niente, oppure bramano proprio quello.

Perchè uno incomincia? Mai notato come molti riportino che all’inizio era disgustoso, finchè non ci si sono “abituati”? Questo significa che in primo luogo era disgustoso, non buono, ed hanno dovuto superare un rigetto, quando alla fine l’idiozia umanoide ha sconfitto il buonsenso. Perchè allora uno non smette? Mai notato le espressioni, I gesti, gli atteggiamenti della persona con questa dipendenza prima, durante e dopo l’assunzione? È astinenza, non elevazione; non è da zero a più qualcosa, è da meno qualcosa a zero… in realtà ad ancora sotto zero. È irritazione, frustrazione, coscienza di un compromesso con il male minore, è il passo nervoso, ossessivo, psicotico dell’animale in gabbia, che sfoga contro le sbarre la rabbia del prigioniero e la disperazione del non vedere vie d’uscita in un circolo vizioso, ipnotico, robotico. E noi sappiamo come la gente sia incline a trascorrere vite intere in tali ruote da criceti, iniziando un nuovo ciclo ogni pochi secondi come se quel nuovo ciclo potesse portarle dove tutti i precedenti non l’hanno portata, vero? Quindi, perché? Perché uno è abbastanza umanoide da schierarsi con la propria apatia.

Il simbolo umanoide perfetto, 12

Nel complesso, tutti questi punti di vista fluttuano nella stessa corrente e nella stessa direzione, e quella corrente sfocia nel mare dell’apatia conclamata. Hai mai riflettuto sull’apatia? La si potrebbe probabilmente riassumere in una definizione, un concetto, un denominatore comune: “Non ci si può fare nulla.” Oppure: “Nessuno può farci assolutamente niente, per nulla e per nessuno, mai e comunque sia; nessuna possibilità, nessuna speranza e questo è tutto.” Quella iniziale corta vale per l’apatia circoscritta verso qualcosa di specifico; quella successiva più lunga vale man mano che le cose peggiorano e l’epidemia di apatia si propaga. L’apatia è una minaccia persino molto più pericolosa della passività ostile dell’universo materiale. Perché l’apatia non è inazione. L’apatico sta essendo passivo attivamente. L’apatico sta causando il proprio essere effetto. L’immobilità è il risultato di forza nascosta applicata, non di assenza di forza, e quella forza nascosta per gli altri è più di un semplice rischio. Guai a qualsiasi sacrilego infedele che osi insinuare che ci si possa fare qualcosa. L’apatico scatenerà tutte le possibili armi invisibili per distruggere – vale a dire, ridurre all’apatia – anche lui. L’eretico verrà messo ad un rogo così nascosto che presto sarà polvere senza neppure accorgersene, perché a quel punto totalmente convinto che tutto, lui compreso, non sia che fredda polvere. Polvere infetta. Un tale una volta ha detto: “Dio è morto, tutto è possibile.” Beh, si potrebbe dire: “la speranza è morta, tutto ciò che è sbagliato è possibile.” Dato che nel reame dell’apatia nulla è possibile e la sconfitta è totale, conseguentemente niente ha importanza comunque, quindi chiunque farà qualsiasi cosa oppure non farà nulla di nulla, dato che non fa alcuna differenza comunque. Che importa? Perché preoccuparsene dato che è comunque inutile? L’apatia è il fondamento dietro a molte lacune umane persino molto prima che diventino umanoidi: fa sì che il contagiato scuota le spalle mentre se ne sta seduto sui binari a guardare il treno in arrivo. Se quel fondamento sottostante rimane irrisolto, difficilmente le lacune sovrastanti si sbloccheranno. E se l’apatia è perdere la speranza, allora la sua cura è riportare la speranza agli occhi della persona. Quel tanto di speranza ripristinata in una data direzione, quel tanto di apatia alleviata e quel tanto del suo contagio circoscritto. Quel tanto sotto zero lo stato dell’individuo, quel tanto di fango c’è da spalare solo per avere una qualunque possibilità di portare alla luce una qualsiasi via d’uscita. Dato che le vie d’uscita sono tutte nascoste al di sopra dello zero; più si è al di sopra di zero, meno nascoste e più numerose sono.

Il simbolo umanoide perfetto, 13

Infine, come culmine appropriato in cima a tutto questo, fumare è la dipendenza che gode dell’impunità più incredibile – vale a dire, del rapporto più ingiustamente vantaggioso fra l’aggressione perpetrata e la resistenza incontrata: è una cosa del tutto incredibile, anche se per nulla sorprendente, come la dipendenza con il più vasto impatto sociale schifoso ed abietto sia quella più tollerata, quella più accettata, quella che più si fa finta di non vedere. E si potrebbe dire che proprio come l’apatia costituisce un fondamento per qualsiasi difetto umanoide molto prima che si manifesti, la dipendenza dal fumo e la sua diffusione, impatto, schifezza, abiezione e tolleranza ha non solo avuto inizio molto prima dell’attuale tolleranza generale attentamente pianificata di qualsiasi dipendenza, ma molto probabilmente gli ha spianato la strada. Perciò, mentre esaminiamo entrambi gli aspetti, tieni presente anche la proporzione fra di essi.

George Orwell ci ha fatto notare come alla fine un bel giorno i maiali appesero sulla Fattoria degli Animali un unico comandamento: “Tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri.” Ora facciamo il punto di come tutti i maiali – pardòn – tutte le dipendenze da veleni siano uguali, ma fumare sia più uguale delle altre. Non esiste una cosa come una dipendenza da veleni migliore, ma esiste qualcosa come una peggiore: il fumo.

Infatti, è facile verificare se il fumare meriti il titolo di veleno: basta ricercare “sostanze contenute nel fumo” per portare a galla veleni puri, a migliaia, così considero questo aspetto come inteso. Qui il punto è: gli aspetti seguenti sono peculiari al fumo, sono in aggiunta rispetto a tutto quanto precedentemente menzionato circa veleni e dipendenza in generale, ed esistono in sé e per sé, e ci perseguiterebbero persino se fumare paradossalmente non facesse male.

Un altro lato losco del fumo che considero qui come inteso, dato che puoi fare ricerche su di esso personalmente, sono le sue implicazioni particolarmente criminali che allacciano dipendenza, salute e profitti sporchi: una volta riscontrata l’entità del giro d’affari delle corporazioni del tabacco, potresti fare delle congetture su quanto di esso potrebbe venire investito nel rendere il fumo sempre più potente nel dare dipendenza, e tutto questo tenendo un occhio alla salute sullo sfondo. E considero inteso anche che il dare qui questo lato per sottinteso non lo rende certo meno losco.

Il simbolo umanoide perfetto, 14

Fumare è la dipendenza la cui assunzione, come azione in sé, è la più schifosa. Inghiottire una pillola, bere un liquido, inalare una polvere, iniettare con un ago, prescindendo da quale veleno stia venendo assunto, sono azioni alquanto innocue in sé stesse; una puzza molto circoscritta o un saporaccio o un turbamento per la puntura, gli stessi che capiterebbero per una medicina, è il massimo cui si può arrivare. Con il fumo le cose non stanno certo così. Per sopravvivere, un corpo vivo ha un bisogno persino più basilare e vitale dell’acqua, del cibo e del riposo, ed è quello di respirare; senz’acqua o cibo o riposo può resistere un giorno, senza respirare può resistere un minuto. È questo fondamento la linea vitale aggredita dal fumare, ed il fumo è così palesemente un’aggressione in sé stesso qualunque veleno trasporti, che persino un bambino evita istintivamente il soffocamento, e protesta contro l’assurdo degli adulti che fanno l’esatto contrario. Sicuro, sia uomini che donne, tanto i giovani quanto gli adulti, dall’alto del loro “saperla più lunga” guardano dall’alto in basso il bambinetto che gli dice “piantala!” Così come si semina ciò che si raccoglie, e così come si accusano gli altri dei misfatti propri, così il fumatore o la fumatrice riservano a chi li stigmatizza quello sguardo di compatimento che sono loro a meritare. Solitamente, mentre fanno finta di ascoltare, hanno anche l’impudenza di continuare proprio con quella stessa assunzione, imperterriti, svergognati, e quasi automaticamente come fossero ipnotizzati, cosa che potrebbe proprio essere. E di sicuro, una persona ipnotizzata dalla dipendenza è l’ultima che possa sapere che cosa significa essere dilaniati dal dolore di vedere una persona cara trasformata in un simile mostro ipnotizzato che ti si rivolta contro per proteggere l’orrore come fosse nulla.

Il simbolo umanoide perfetto, 15

Senz’altro, coloro che sono capaci di fumare in presenza di bambini o donne incinte, per non parlare delle donne incinte e dei futuri padri stessi, dimostrano il grado in cui la dipendenza può distorcere e sovvertire la consapevolezza, il buonsenso, le importanze, le priorità ed il senso della decenza e del giusto e dello sbagliato. Per inciso, fumare in presenza di altri è una bassezza, ma fumare in presenza di bambini è una bassezza assoluta, per una serie di ragioni: i bambini sono i più inconsapevoli, i più deboli, quindi i più indifesi come pure i più ricettivi, che guardano agli adulti per i modelli da imparare, e quelli più a rischio di assorbire inconsapevolmente modelli di personalità “vincente” cui arrendersi in futuro senza nemmeno rendersi conto di cosa stia veramente accadendo, o persino cercando inconsapevolmente ed innocentemente di tenere vivo un tradimento come se fosse qualcosa di buono. Se mai c’è stato un caso di dare il cattivo esempio, è questo. A mio modesto parere, fumare regolarmente di fronte ai propri figli andrebbe considerato come un ragionevole motivo per sospendere o togliere la patria potestà. Se questo sembrasse eccessivo, cosa faresti se si trattasse di qualsiasi altra dipendenza invece del fumo? E se poi avesse le peculiarità del fumo qui elencate? Che lo facciano per supponenza o impotenza, la verità rimane che loro sono cascati in pieno nella truffa della dipendenza, ed è il “bambinetto” quello che ha completamente ragione, quello da cui loro dovrebbero reimparare la saggezza basilare. Ma a dispetto del puro e semplice buon senso, con un tocco da re Mida invertito, il fumatore trasforma in porcheria immonda ed infetta tutto ciò che tocca, a cominciare da sé stesso. Per non parlare del proprio sé intimo più profondo che ad alcuni piace chiamare la propria anima immortale, questo contagio parte dal fondamento vitale del proprio respiro, proseguendo con i propri bocca, gola, polmoni, dita e capelli, una marea degradante si espanderà all’infinito e sommergerà l’intero universo: dai propri abiti, oggetti e spazi personali, a quelli di chiunque altro, a tutto e tutti, ovunque. Il fumatore, lasciato a sé stesso e senza limitazioni, non si fermerà sino a che il mondo intero non sarà trasformato in una perenne camera a gas ed un portacenere zeppo. Mai notato ad esempio come il fumo sia responsabile per un buon 50 percento della sporcizia su strade, marciapiedi e simili?

Il simbolo umanoide perfetto, 16

Assuefarsi alla degradazione è questione di gradualità: da una portata limitata ad una portata più ampia, dall’intimo al pubblico, dal materiale allo spirituale, ogni volta il passo è breve e quindi non insormontabile. E ciascun passo poi, una volta compiuto, si cristallizza; perché mentre le cose peggiorano, l’umanoide le vede migliorare. Ieri sé stessi ed i propri vestiti che puzzavano di fumo erano disgustosi e insopportabili; oggi la propria casa fradicia di fumo è la norma; domani un mondo trasformato in una camera a gas sarà il benvenuto, cercato e procurato se mai mancasse. Poco a poco, l’inferno diventa norma notata a malapena, e poi paradiso perseguito attivamente. E il fumatore non sembra appagato sinché questo stadio finale non è raggiunto e mantenuto. La banalità del male si insinua poco alla volta.

Di tutte le dipendenze, il fumatore è l’unico untore diretto: nessun’altra dipendenza investe gli altri direttamente. Tutte le dipendenze colpiscono l’altra gente indirettamente: la dipendenza degrada la persona che ce l’ha, poi gli altri devono patire le conseguenze negative del comportamento degradato; i colleghi si fanno male, i passanti vengono investiti, i parenti vengono picchiati, i partner si ammalano, stima e rispetto, fiducia e speranza, crollano e svaniscono. Ma nessun eroinomane, nessun cocainomane, nessun alcolizzato mette mai il veleno in un irrigatore e con la forza irriga gli altri direttamente con esso. I fumatori, invece, fanno proprio questo. Prima dell’ultimo paio di secoli, il tabacco veniva masticato e sputato nelle sputacchiere; la sua dipendenza era già una piaga degradante e immonda, ma le sue conseguenze negative per gli altri erano ancora indirette, e niente in confronto all’arma finale che è diventato una volta datogli fuoco. Alcuni di essi inizialmente rivelavano un residuo di decenza chiedendo: “disturbo se fumo?” La risposta sensata: “certo che mi disturba, non ci dovrebbe essere neanche bisogno di dirlo!” non sarebbe mai stata udita, travolta come presto fu dal diluvio di cieca belluina arroganza dei molti che usurpavano l’intera atmosfera. Gli dai un dito, e loro non si prendono semplicemente il braccio, ma tutte le braccia del mondo. Quello che i fumatori commettono si chiama coercizione, soggiogamento, prevaricazione, sopruso, furto, rapina. L’aria pulita appartiene a tutti, a nessuno deve essere permesso usurpare ciò che è di tutti, ma questo è esattamente ciò che essi fanno a tutti noi.

Il simbolo umanoide perfetto, 17

Una cosa chiamata fumo passivo esiste, ma una cosa chiamata bere, sniffare, bucarsi passivo non esiste, no? Il 100 percento di qualsiasi altro veleno finisce nel corpo di chi ne è dipendente; al contrario il fumo lo fa solo in minima parte, mentre il 100 percento di esso colpisce gli altri. Dopodiché il 100 percento del fumo rimane indefinitamente nel mondo che ha appestato, ancora una volta direttamente, mentre questo non è praticamente mai il caso con gli altri veleni. Mai visto effetti personali quali abiti e spazi propri, ma anche quelli altrui e quelli di tutti quali spazi chiusi ed aperti non propri, impregnati di eroina, cocaina, alcool su scala globale, vale a dire con lo stesso grado di saturazione che è la norma in molti luoghi pubblici dove è consentito fumare? E la degradazione è tale che chi ne è dipendente fa assolutamente finta di non vedere sia il commettere questo che il rispettare debitamente gli altri.

Sin qui gli aspetti peculiari di natura qualitativa del fumo; se ancora dovesse sembrare un peccato veniale ingigantito, ora entrano nel conto i suoi ulteriori aspetti peculiari di natura quantitativa.

Se un qualsiasi eroinomane, cocainomane, alcolizzato o persona con una qualsiasi altra dipendenza dovesse assumere il suo veleno con la frequenza con cui lo fa il fumatore, finirebbe quasi istantaneamente in una camicia di forza. È talmente esagerato che nessuna società sana lo tollererebbe con qualsiasi altro veleno, ma piuttosto stranamente fanno finta di non vederlo quando si tratta del fumo. Nessun’altra dipendenza estorce un tributo così continuo; nessun’altra esistenza è tormentata più pesantemente dal fardello dell’assunzione del veleno di quella del fumatore e di quelli che hanno la sfortuna di stargli intorno. Basta contare quante volte il fumatore assume il veleno in un solo giorno e paragonarle a qualsiasi altro veleno; basta contare quanto tempo in 24 ore qualsiasi il fumatore dedica all’officiare l’avvelenamento proprio e degli altri, e paragonarle a qualsiasi altro veleno. Come risultato, i fumatori sono colpevoli non solo di avere trasformato sé stessi in mostri, che fossero o meno dei mostri simili in primo luogo, ma anche e conseguentemente di avere trasformato la vita, il mondo e l’esistenza in un incubo abietto, e di ignorare o far finta di non vedere o persino apprezzare cosa significhi viverci mentre commettono questo crimine.

Il simbolo umanoide perfetto, 18

Che manchino di rispetto agli altri per l’assuefazione alla degradazione non è un’attenuante, ma al contrario un’aggravante. Rei inconsapevoli o noncuranti, i fumatori non sono consapevoli di – o fanno semplicemente finta di non vedere – cosa significhi vivere costantemente costretti a respirare con circospezione, sotto la spada di Damocle di venire pugnalati alla schiena in qualsiasi momento, e venendo effettivamente pugnalati alla schiena dei propri polmoni continuamente. Non consapevoli di, o fingendo di non vedere, cosa significhi vivere una vita che è una continua alternanza senza mai sollievo fra il sopportare la tortura mentre se ne brama la fine, e poi il temere l’inizio della prossima tortura, certo come la morte in un circolo vizioso infernale senza uscita. Non consapevoli di, o fingendo di non vedere, cosa significhi vivere una vita di apartheid, costretti a scegliere fra luoghi pubblici ridotti a camere a gas e segregazione dalla vita sociale, monopolizzata ed avvelenata da loro, per disperazione, soffocamento e disgusto. Tutti questi sono abusi, punto e basta. Sono circa un paio di secoli che i fumatori hanno usurpato ed abusato i fondamenti vitali dell’aria pulita da respirare e di posti puliti in cui vivere, fondamenti che appartengono a tutti noi. E gli stessi due secoli ci sono voluti per le attuali leggi che bandiscono il fumo dai locali pubblici; ma in cambio del liberarci finalmente di qualche camera a gas, ora dobbiamo passare sotto le forche caudine alle loro porte. Ma persino quella non è una conquista sociale stabile; al contrario, siamo assoggettati ad una pressione strisciante ed implacabile dato che i fumatori, lasciati a loro stessi e senza restrizioni, riconquisteranno poco a poco ma inesorabilmente tutto quel che possono usurpare.

La particolarità del fumo circa la quantità di vita assorbita dall’assunzione stessa si applica anche ad una sfaccettatura meno evidente: il difetto umanoide che ho in precedenza soprannominato “impazienza”. Dietro ogni dipendenza c’è un’incapacità di affrontare qualcosa – vale a dire, stare a proprio agio di fronte ad essa in modo da percepirla per quel che realmente è nella sua interezza, e quindi agire come causa su di essa, adeguatamente, senza re−agire e divenirne effetto – e la dipendenza è un modo di farsi saltare i fusibili per sfuggire a questa necessità di affrontarla.

Il simbolo umanoide perfetto, 19

Ma mentre con le altre dipendenze quest’incapacità di affrontare rimane in qualche modo confinata entro una sfera privata e circoscritta, in quanto la persona con la dipendenza assume il veleno in qualche genere di nicchia appartata, e poi esce per cercare di affrontare la vita e il mondo, la particolarità del fumo quanto all’assunzione permette a quest’incapacità di contagiare ogni momento ed ogni questione anche di poco conto nella vita quotidiana del fumatore, così che questi finisce per essere incapace di affrontare qualsiasi cosa senza aggrapparsi al veleno, incessantemente – uno stadio di degradazione persino più abietto –. Solitamente l’”impazienza” non è soltanto l’incapacità di affrontare qualcosa di isolato, ma tende a spandersi ovunque nel proprio stato d’essere, ed all’opposto si potrebbe dire che la capacità fondamentale di affrontare è quella di essere lì a proprio agio ed osservare, decidere ed agire come causa invece che come effetto, punto – laddove “punto” significa non solo verso qualsiasi elemento o questione specifici, ma come un’abilità ed atteggiamento generale e permanente di base –. E nessun’altra irrazionalità umanoide più del fumo e della parte di vita invasa dalla sua assunzione è l’opposto diretto di questo requisito basilare della vita, e ne dimostra l’assenza nella persona con questa dipendenza. Come ho detto prima, tutte le dipendenze da veleni sono uguali, ma il fumo è più uguale delle altre.

Qualcosa di paragonabile al fumo in termini di diffusione lo si può trovare, sempre che ciò sia possibile, non certo fra le altre dipendenze ma piuttosto nella sfera dei Diluvi Universali, cataclismi, piaghe e flagelli; il fumo merita di essere considerato a tutti gli effetti come uno di essi, e senz’altro lo è, come testimoniato ad esempio dal fatto che una certa Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un rapporto intitolato: “WHO Report on the Global Tobacco Epidemic 2008 (Rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’Epidemia Globale del Tabacco 2008)”. Chiunque può documentarsi facilmente in lungo e in largo sulla diffusione del consumo di tabacco; intendendo, con in lungo e in largo, nel tempo e nello spazio: le statistiche di questa diffusione attraverso momenti diversi nella storia e società diverse nella civiltà. Ahimè, le statistiche della diffusione del fumo sono ineguagliate, e, ahimè di nuovo, ineguagliate all’ordine di grandezza più terribilmente alto. Tanto che, indipendentemente che tu stia guardando le statistiche o sollevando lo sguardo per guardarti intorno, il pensiero sin troppo ricorrente e sconfortato rimane: “Ma da quest’incubo non si salva proprio nessuno…”

Il simbolo umanoide perfetto, 20

Come conseguenza di un assedio così massiccio ed opprimente, combinato con i nostri difetti umanoidi, la nostra cultura, il nostro mondo interiore, la scena di base che diamo per scontata come normale e quindi come punto di partenza per i nostri punti di vista, sono infiltrati, conquistati, colonizzati e contaminati dall’apologia del fumo e della sua dipendenza e di qualsiasi cosa sia associata ad esso in ogni campo, a cominciare da estetica e filosofia. Mai fatto caso a in quale misura le culture siano costituite di elementi meramente assemblati? Solitamente ci aspettiamo una qualche logica a collegare le cose, qualcuno potrebbe persino apprezzarla quando particolarmente sofisticata, ma il nostro lato umanoide, associativo, accetterà come logica perfettamente valida il fatto che le cose siano semplicemente messe assieme con la forza a tutti i costi, e basta. Ad alcuni piace indulgere nel disquisire sugli audaci accostamenti di sapori, alcuni trangugiano qualsiasi cosa perché è così e basta. Tutti i nostri cosa, come e perché sono a rischio; dopo tutto, controllando una così larga parte della vita quotidiana del fumatore e delle sue vittime, il fumo ha tutto il tempo di farlo e tutte le chance di riuscirci. Presto o tardi, la quantità di tempo, energia, attenzione – sia consapevole che inconsapevole –, di vita assorbiti dall’assunzione del veleno ha una vasta ricaduta con molte sfaccettature, sulla vita della persona dipendente e sulle vite degli altri. Così come le sputacchiere vennero elevate da luride pattumiere per sputo marcio ad oggetti preziosi, significativi ed amati, prima o poi qualsiasi cosa connessa al fumo subisce la stessa “elevazione” – e tutto questo sempre in base a quello stesso semplice ciclo umanoide dell’inchinarsi a ciò che ci ha raggirato e sopraffatto, rendendoci effetto – a parte la malafede interessata soppressiva dei trafficanti di dipendenze che lucrano sulla nostra degradazione –. Tutte le nostre idee di concentrazione, speculazione, studio, lavoro, fatica, pausa, riposo, rilassamento, ricompensa, distrazione, relazione, imbarazzo, conforto, sostegno, esultanza, emozione, serenità, appagamento – di qualsiasi stato nella vita, chi più ne ha più ne metta – sono state infiltrate e contaminate dall’associarle con l’assunzione di questo schifoso veleno degradante come la norma, il modo “fico” di comportarsi. Questo è pugnalare non solo alle spalle, non solo dove fa più male, ma pugnalare praticamente dappertutto.

Il simbolo umanoide perfetto, 21

Quando ti guardi intorno, a malapena riesci a trovare qualcosa non associato con – o piuttosto non infestato da – quest’associazione quasi ipnotica e sicuramente subliminale con il flagello del fumo; e questo non si limita al mondo stesso, ma si estende al di là dello specchio: qualunque forma d’arte e di media rimanda al mondo una discutibile immagine riflessa di esso, e senz’altro l’onnipresenza inarrestabile del fumo in quell’immagine riflessa contribuisce pesantemente a moltiplicare la sua presenza ossessiva, e ad arricchirla con connotazioni irresistibili, agli occhi del pubblico suo bersaglio. Coloro con una dipendenza da altri veleni tendono a nascondersi e ad essere anche ritratti a nascondersi; i fumatori al contrario tendono ad usurpare ogni possibile tempo e spazio pubblico e privato, e ad essere anche ritratti in questo modo, moltiplicando così la loro invasione. Come risultato, non solo la coreografia delle nostre vite, ma anche quella di chi ci sta intorno e dei modelli che vengono dati in pasto a tutti noi dai media e dagli artisti, sono tutte spietatamente ed uniformemente plasmate senza scampo dal rituale ipnotico dei gesti, atteggiamenti, comportamenti e soprusi legati al fumo che usurpano, degradano e pervertono le nostre vite, così che la capitolazione delle nostre debolezze umanoidi assediate è solo questione di tempo. Infatti, considerando, come menzionato in precedenza, che gli artisti hanno un ruolo guida e sono inclini a quella forma di fonte potenziale di guai, di essere effetto, dello scivolare nella personalità “vincente” e schierarsi con i mali che – forse – una volta hanno scoperto e denunciato, gli “artisti” hanno una pesante responsabilità nello stato di quello che chiamano “immaginario collettivo” – un fatto che, per inciso, dovrebbe indurci ad indagare sullo “show business” e sui suoi burattinai dietro tali “artisti” –.

Ogni singolo fumatore, e particolarmente sia i genitori che fumano che i figli che fumano, sono traditori di sé stessi, traditori reciproci, e traditori della comunità, in quanto stanno essendo complici dell’infiltrazione del veleno invece di difendere da questo insidioso nemico sé stessi, la comunità ed il suo mattone fondamentale, la famiglia. Sono evidenti fonti potenziali di guai che ritrasmettono ed amplificano la soppressione invece di individuarla e fermarla. Stanno tutti tradendo il loro dovere, ed in particolare i genitori non hanno dato la vita ai figli solo per insegnargli ad essere dipendenti dallo schifo, ed i figli non hanno ricevuto la vita dai genitori per macchiarla con quella dipendenza.

Il simbolo umanoide perfetto, 22

Con la preziosa e splendida capacità degli artisti di fare centro e far arrivare un messaggio d’impatto, una recente campagna pubblicitaria televisiva di pubblica utilità ha riassunto così: “Chi fuma è scemo.” Magari fosse solo questo; chi fuma non è solo uno scemo, ma è anche uno stronzo: uno che si permette di cagare in faccia agli altri, che lo fa come diritto divino e come nulla fosse. C’è chi dice che si dovrebbe essere comprensivi con chi ha una dipendenza perché potrebbe trovarsi in quello stato a causa dei suoi guai. Neanche per idea. Perché chi non ha quella dipendenza sopporta gli stessi identici guai senza usurpare l’aria respirata dagli altri e cagarci dentro. Fumare è un atto disumano basato su uno stato subumano. Il fumatore è un poveretto la cui miseria tuttavia non merita alcuna compassione, dato che comporta tormentare gli altri, oltre che sè, in misura di tale miseria. Perciò, in termini personali, chi fuma non merita nessuna pietà, perché ciò di cui è capace lo pone al di sotto di qualsiasi requisito minimo per meritarla. L’unica possibilità da dargli non la merita personalmente ed è quell’ultimo spiraglio che non si può negare a nessuno unicamente nell’interesse della società, per evitare che quest’ultima vada incontro alle conseguenze fatali della perdita totale e definitiva della speranza. Ma ciò non implica in alcun modo che la società debba limitarsi ad un atteggiamento passivo.

Il fumatore, che soffra di "personalità vincente" o meno, si comporta comunque come tale: da untore appestato, dove passa, defeca, contamina, e poi che siano gli altri a sopportare, a pulire se vogliono, e comunque sono fottuti affaracci loro. Quindi tutti questi altri dovrebbero imporgli la disciplina che gli spetta: primo, tocca a chi sporca pulire dove ha sporcato, e secondo, ancor prima, tocca a chi sporca smettere di sporcare; quindi, primo, dovrebbe essere il fumatore a preoccuparsi di evitare di contaminare ed insozzare, ed invece si comporta da miserabile personalità “vincente”; secondo, dovrebbe smettere e riscattarsi immediatamente da questa degradazione, ed invece il fumatore la protegge a prezzo della vita e dell'onore, suoi e degli altri.

Il simbolo umanoide perfetto, 23

Non diversamente da qualsiasi altra ingiustizia ed abuso, la società deve smettere di subirlo e deve rifiutarsi di farlo. Se qualcuno piscia nel pozzo dell’acqua dove bevono tutti, se quel qualcuno lo rifà di nuovo, se quel qualcuno poi va avanti a farlo continuamente, chiunque ha non solo il diritto, ma il dovere di farlo smettere, ed a qualsiasi costo, punto. Un conto è cagare nel proprio cesso e poi lasciarlo lurido, un altro conto è cagare nei servizi comuni e poi lasciarli cronicamente luridi, tutt’altro conto ancora è spandere la propria merda sul mondo intero come un contadino che concima i campi. Con la trascurabile differenza che il contadino sta spargendo concime fertilizzante sui suoi propri campi, mentre il fumatore sta spargendo veleno nelle vite degli altri e nel mondo intero, sino a renderlo una perenne camera a gas ed un portacenere zeppo. Uno degli aspetti del prendersi braccia intere quando si riceve un dito è adontarsi quando stigmatizzati, il che è indice del permettere la formazione di una tipica mentalità aberrante, secondo la quale il sopruso è un diritto acquisito. Ma i fumatori non hanno alcun diritto a prendersela; al contrario siamo noi ad avere tutto il diritto di rivendicare e pretendere il nostro diritto a respirare e a che i nostri simili siano degni della nostra fiducia in quanto membri della società, e non punti deboli facilmente penetrabili dal raggiro, dal degrado e dalla soppressione. A dispetto del fatto che fumare è una dipendenza conclamata, a dispetto dell’essere un’azione immonda in sé stessa, a dispetto del fatto che il fumatore è un untore diretto, a dispetto della sua frequenza di assunzione psicotica e a dispetto della sua diffusione sociale epidemica, che portano tutti a farne una piaga senza pari, il fumo gode di un rapporto fra libertà di aggressione e difesa incontrata altrettanto senza pari – secondo solo alla moneta a debito –. Di nuovo, puoi rilevarlo tramite paragone: altrettanto accuratamente quanto dovresti osservare e studiare come il mondo passato e presente stia funzionando e andando sotto il peso della moneta a debito, e paragonarlo a come lo farebbe senza quel fardello letale, dovresti osservare e studiare la presenza in esso del fumo, e poi immaginare qualsiasi altra dipendenza da veleno avere la stessa presenza. Prendi ogni singola sigaretta al mondo e sostituiscila con una bottiglia, una siringa, o simili, e poi stima quale sarebbe la risposta sociale. A meno che il tessuto sociale, la condizione media delle persone, non sia degradato nella stessa misura.

Il simbolo umanoide perfetto, 24

Infatti, al di là del livello etico del fumatore, che si commenta da solo, l’esistenza e persistenza stesse di un flagello simile indicano e provano l’inadeguatezza anche di un altro livello etico: il nostro, come persone, come gruppo, come società. L’etica è l’allineamento delle intenzioni, delle azioni, ad uno scopo. Quale che sia lo scopo – buono o cattivo, sensato o folle – un gruppo con un’etica alta è quello i cui membri assicurano che le loro intenzioni ed azioni siano allineate a quello scopo; un gruppo con un’etica bassa è quello i cui membri se ne sbattono. In aggiunta a questo fatto, tuttavia, un altro fatto è che buoni scopi ed etica alta tendono ad allinearsi: molte cose come cortesia, istruzione ed impegno sono date per scontate in un gruppo ad etica alta, mentre in uno ad etica bassa scontata è la loro assenza; impegnarsi per soddisfare standard elevati è la norma in gruppi ad etica alta, impegnarsi per abbassare gli standard è la norma in quelli ad etica bassa; il cattivo comportamento in un gruppo ad etica bassa è accolto da alzate di spalle indefinitamente, mentre in uno ad etica alta è accolto da una dissuasione immediata. Alcuni la chiamano disciplina contrapposta ad apatia, alcuni altri totalitario contrapposto a libertario, fatto sta che in ogni caso un gruppo ad etica alta ha una chance di raggiungere lo scopo, mentre uno ad etica bassa no. L’etica è un requisito inevitabile, la qualità dello scopo anche, e il posto di cose come libertà, giustizia e benessere è nel secondo; la sopravvivenza richiede sia scopi sensati che un’etica di gruppo alta; un gruppo cui manchi l’uno o l’altra va a rotoli.

E quindi ti domando: che genere di persona è quella capace di questo, quella capace di arrivare a questo livello di degradazione ed abuso? Che genere di persona è quella che non solo permette a sé stessa di avere una dipendenza, ma di essere dipendente da un veleno, e persino di commettere tutti gli abusi schifosi pretesi dalla dipendenza? Che genere di persona può fare una cosa del genere, e farla come fosse nulla? O, in che genere di condizione si trova una persona capace di fare una cosa del genere, e di farla come fosse nulla? Capace di una simile mancanza di volontà di affrontare, di un tale autolesionismo, di una tale accettazione dell’essere soggetta ad estorsione, di una tale accettazione dell’essere resa effetto? Una che ha rinunciato al proprio buonsenso persino molto prima che alla propria saggezza, ed alla propria umanità se è per questo, ed in quella misura?

Il simbolo umanoide perfetto, 25

Cosa dobbiamo aspettarci da chi si aggrappa alla propria bara attraverso incubi ed inferno, aggrappato proprio all’imbroglio che porta questi stessi incubo, inferno e bare a tutti noi come pure a sè stesso? Pensi che quel genere di persona, o di persona in quel genere di condizione, possa essere abbastanza consapevole e causa da essere all’altezza del compito della vigilanza costante e volontà costante di contrattaccare che ci si attende da ciascuno di noi se mai dobbiamo sopravvivere a soppressione e PTSness?

Penso che coscienza, consapevolezza, autocontrollo comprendano anche quanta attenzione si riesca a padroneggiare, quanto buona, e dove. Osserva troppi fra coloro che ti circondano, sia quelli totalmente assorbiti dalle loro arie di essere sul lato “giusto” della vita dove “succedono le cose” ed il mondo gira intorno a loro, come pure quelli sul lato abietto della vita, stracci ed ossa ed anime abbrutite dalla denutrizione intangibile: non paiono stranamente simili sotto alcuni aspetti? Che cos’è che sta affiorando nella loro determinazione di fare tutto alla rovescia a dispetto del buonsenso, decenza, ordine? E, in particolare, non ti fanno pensare che se togli loro nicotina ed alcool, di loro non resterà nulla? Non soltanto la confusione è la condizione più bassa in cui ci si possa trovare, e questa è la condizione in cui si trovano; inoltre, esiste uno stato chiamato sub−apatia, e questo è lo stato in cui si trovano. È lo stato in cui si è affondati così profondamente al di sotto dell’apatia, lo stato in cui qualunque speranza di fare alcunchè che ne valga la pena in qualunque direzione se n’è andata da così tanto, che qualunque atteggiamento, qualsiasi facciata sociale si indossi è totalmente fasulla, perché al di sotto di essa da tempo uno se n’è andato. Oppure forse, cosa persino peggiore, uno ha scambiato sé stesso con quella facciata fasulla, ed ora crede di esserlo, ed è qui dove si finisce per schierarsi dalla parte del proprio vuoto. Ogni volta che si prende una sigaretta, un essere si macchia; ogni volta che una sigaretta si accende, un essere si spegne. Siamo Uomini e Donne, oppure portacenere ed untori?

Il simbolo umanoide perfetto, 26

Che il tabagista venda la sua stessa madre per la prossima dose è proverbiale; che calpesti e violenti sé stesso, la sua stessa umanità e decenza, l’umanità intera e il mondo intero con l’abiezione della dipendenza è la proverbiale piaga; che si schieri con i propri aguzzini e combatta contro i suoi stessi amici e soccorritori fino all’ultimo respiro è il proverbiale incubo; che faccia tutto questo per il privilegio di venire tradito due volte e fottuto due volte, con la truffa tanto quanto con la degradazione, corruzione e lesione è il proverbiale paradosso; che compia una tale enormità come se fosse nulla è la proverbiale mostruosità; quindi, primo fra tutte le tossicodipendenze, vale a dire, dipendenze da veleno, che tutte condividono tale ignominia, il fumo è il simbolo perfetto dell’indegnità umanoide.

C’è anche un’altra ragione per la presenza della dipendenza da fumo come il simbolo umanoide perfetto sulla scena della soppressione globale. I due bilanci più sbilanciati al mondo, i due scambi più criminalmente sbilanciati che esistano, una volta visto chiaro attraverso l’inganno, sono la moneta a debito−trappola del debito infinito ed il fumo. In entrambi i casi, tutto di buono in cambio di niente di buono e tutto di malvagio; tradimento assoluto nascosto dietro un sipario che le vittime rifiutano di strappare. A mio modesto parere, la moneta a debito−trappola del debito infinito è il peggiore flagello nascosto dietro le quinte, ed il fumo è il peggiore flagello in piena vista sul palcoscenico; perciò l’atteggiamento nei confronti di entrambi è molto probabile sia lo stesso. Quindi, sempre a mio parere, chiunque sia implicato nella, e responsabile per l’esistenza, uso e diffusione di qualsiasi droga, ciascun e qualsiasi sostenitore e trafficante di droga, primi fra tutti quelli coimvolti nel fumo in considerazione della sua insuperata combinazione di caratteristiche esposta qui, meritano un destino che è tanto dello stesso tipo quanto solo un barlume del destino che meritano i burattinai in cima alla piramide, coloro che sono responsabili della soppressione globale e degli strumenti alla sua radice, manipolazioni monetarie, monete a debito e trappole del debito infinito, per la semplicissima ragione che fondamentalmente essi stanno tutti perpetrando lo stesso tipo di soppressione. I trafficanti di dipendenze, e primi fra loro i trafficanti di fumo, sono usurai dell’anima; i bankster, e primi fra essi i loro burattinai, sono usurai globali, del corpo e dell’anima, della vita e della Terra.

Il simbolo umanoide perfetto, 27

Immediatamente al di sotto del livello di vertice dei mandanti – burattinai, proprietari, consigli di amministrazione, azionisti –, tutti i piccoli datori di lavoro, dirigenti e dipendenti delle imprese che operano nell’area dell’industria del tabacco sino all’ultimo lavoratore e tabaccaio sono esattamente come i soldati nazisti o comunisti: sono loro quelli che spingono materialmente la gente verso l’inferno, le camere a gas e lo sterminio, e tirano il grilletto finale. Come tali essi, se mai hanno una coscienza desta, sono sospesi in bilico sul “mors tua vita mea”: sparare o farsi sparare; anche se solo nei termini di eseguire gli ordini e mangiare o rifiutarsi di obbedire e fare la fame, essi sono sospesi in bilico sull’avere una coscienza o seppellirla e, per di più ed in cerca di giustificazione o di un nascondiglio o solo per miseria umana, spostarsi nella personalità “vincente” e dire: “così vanno le cose, sono i clienti che lo bramano e lo implorano, se non glielo vendessi io lo farebbe qualcun altro, e comunque di questi tempi non c’è altro modo di guadagnarsi da vivere che vendere abiezione e morte ai miei simili”, e l’intera gamma di giustificazioni in quel ben noto dilemma del margine di manovra residuo quando si è circondati dal male.

I fumatori sono la vergogna dell'umanità. Eufemisticamente parlando, chi fuma è un idiota, un prepotente, ed un traditore. Il compagno di viaggio ideale. Specialmente in presenza di soppressione. Fumare è disumano e per farlo bisogna essere in uno stato subumano; è la cosa più stupida, abietta ed immonda che si possa fare a sé ed ancor peggio agli altri; è il simbolo perfetto dell’indegnità umanoide, e qualsiasi speranza è inversamente proporzionale alla sua esistenza. Un/una umanoide capace di un tradimento così assoluto e di un’abiezione così infinitamente stupida è non solo capace di qualsiasi cosa – dato che qualsiasi cosa è uguale o inferiore all'infinito – ma la starà commettendo effettivamente, infinitamente ed indefinitamente; e questo è esattamente il caso con l'ignorare, trascurare e tollerare l'esistenza delle intenzioni, azioni ed omissioni soppressive di persone che sono o soppressive o fonti potenziali di guai – la causa alla base –, della moneta a debito – il fondamento soppressivo di base –, e della trappola del debito infinito – la principale soppressione risultante –. Quando si tratta di fare sul serio con i veri fondamenti, il valore di chi ha una dipendenza come compagno nella battaglia per la libertà è quello della sua dipendenza: molto meno di zero. La quantità di speranza, possibilità e vie d'uscita è inversamente proporzionale a quella dei fumatori e fumo esistenti.

Il simbolo umanoide perfetto, 28

Come ho detto, fumare è il simbolo perfetto dell’indegnità umanoide. È il perfetto caso tipico di quanto ciecamente, stupidamente, ingenuamente, e di quanto ostinatamente, arrogantemente e fedelmente l’umanoide si schieri con i suoi nemici e contro i suoi amici, e contro sé stesso in primo luogo, e si trasformi in una fonte potenziale di guai che ritrasmette ed amplifica degradazione e soppressione. Riesci ad immaginare gli Ebrei prigionieri nei campi di concentramento che si pavoneggiano, ostentano e si vantano dei numeri sui loro avambracci? Riesci ad immaginare tutti noi che ci pavoneggiamo, ostentiamo e ci vantiamo dei “numeri della bestia” marchiati sulle nostre fronti, mani, carte d’identità−credito, o chip RFID impiantati, in un futuro imminente dove senza di essi non ci sarà permesso nemmeno di respirare? Dicono che il numero 666 sia il marchio della bestia, e forse lo è; ma fumare lo è sicuramente. E l’infinito esiste: è l’idiozia umanoide.

A mio parere, mettere sullo stesso piano l’uso di droghe con lo starne alla larga è relativismo etico, ed in considerazione del fatto che la nostra sopravvivenza in questo mondo è uno sforzo comune il cui esito non è scontato, allora il relativismo etico è tradimento. Ma se ciò non bastasse, considerando il fattore supplementare della presenza della soppressione sulla scena, tale tradimento diviene ben più grave. Si dà il caso che viviamo in un mondo che non consente errori a causa delle leggi fisiche; se ti butti ti schianti, e non c’è ritorno. Ma se già questo non fosse abbastanza, si dà il caso che viviamo in un mondo che ancora di più non consente errori a causa della presenza di soppressione, PTSness, difetti umanoidi, intenzioni non etiche, informazione nascosta o inquinata. In un mondo del genere, una cosa come un diritto all’idiozia non esiste. Nessuno ha il diritto di essere stupido. E nessuno ha il diritto di essere stronzo.

Che dire allora dell’ordine di grandezza dell’impatto di un tale “diritto all’idiozia”?