Da orafi a banchieri, dal denaro alla valuta, 2

Il deposito in cassaforte stava diventando una parte sempre più considerevole dell’attività degli orafi. Le loro ricevute stavano prendendo piede come mezzo di pagamento. Allora venne l’idea – o piuttosto la tentazione –: se ci fossero in circolazione più ricevute del corrispondente oro nella cassaforte dell’orafo, chi se ne accorgerebbe?

Mentre gli orafi si stavano trasformando in banchieri, stavano anche iniziando a barare. Senz’altro sono stati escogitati molti modi di speculare sull’esistenza di quelle ricevute, prima, e sul denaro di carta garantito dall’oro poi. Vediamo di farcene un’idea.

Il proprietario dell’oro dà il suo oro in custodia all’orafo, l’orafo dà una ricevuta al proprietario, il proprietario usa la ricevuta come denaro. E intanto l’orafo presta l’oro lucrandoci un interesse, privando le sue ricevute della garanzia che le dovrebbe garantire verso i terzi che le accettano come convertibili in essa. Abbiamo detto che la proprietà è il diritto legalmente tutelato al godimento dei beni, e questo comprende il prestarli, e far pagare un interesse per il prestito. L’orafo non è il proprietario dell’oro, ma lucra su di esso come se lo fosse. Questo come si chiama? Furto, appropriazione indebita? Ma è facile immaginare come il potere contrattuale dell’orafo aumenti con il tempo sino a un punto in cui può imporre questo come un contratto capestro ai proprietari dell’oro, no? Come risultato, adesso abbiamo una delle sfaccettature dell’attività bancaria: quando depositiamo il nostro denaro in banca, quel denaro non è più esattamente nostro, ma abbiamo un credito nei confronti della banca per un ammontare corrispondente. Supponi che fossero beni invece che denaro, e che depositassimo la nostra casa in una banca: la banca non ci dovrebbe indietro la nostra casa, ma un ammontare equivalente in “denaro”. È una differenza sottile, che rivelerà più avanti il suo profondo significato, appena affronteremo che cosa sia quel “denaro”.

L’orafo presta dietro interesse le sue ricevute, convertibili in oro, senza possedere effettivamente il corrispondente quantitativo di oro, e quindi senza avere di che garantirle nei confronti di coloro che le accettano come convertibili in esso, proprio come sopra. Egli lucra sul fatto che le sue ricevute hanno acquistato un valore “come se fossero denaro”.