Soppressione, 13

Perché chiamare le cose con il loro nome? Per evitare di venire indotti con l’inganno a giustificare l’intenzione deliberata come “errori”, tipo “mi dispiace, non sapevo che il fucile fosse carico,” invece di dire “NO!” e basta. Un esempio? Le transazioni borsistiche ad alta frequenza. Gli speculatori di borsa hanno scoperto come succhiarti i tuoi ultimi quattrini: nello stesso tempo di cui un essere umano ha bisogno per eseguire una singola transazione, i calcolatori eseguono innumerevoli transazioni; anche se ciascuna rende molto poco, sono talmente tante che la somma dei loro profitti diventa significativa. Ma il punto qui è che sono automatiche e veloci. Questo significa che hai imbarcato una folla, e se una persona si sposta, tutta la folla la segue così in fretta che la barca si capovolge prima ancora che tu ti sia accorto che la prima persona si era mossa. Quindi, anche se tentano di dirti addirittura che non volevano, che non è stato fatto apposta, la cosa è irrilevante; puoi concedere che la loro consapevolezza degli effetti sociali delle loro speculazioni sia discutibile, e puoi addirittura concedere che il loro fregarsene di tali effetti sia discutibile, ma i risultati nudi e crudi sono ciò che conta e su questi non c’è niente da discutere. La legge prende in considerazione il reato, non la sua ragione, giusto?

Così come il personaggio è stato riconosciuto generalmente come un problema, così è stata riconosciuta come un problema anche la ricaduta. Dopotutto, se il personaggio è un problema, lo è a causa della ricaduta. Dato che io qui faccio un passo ulteriore nel dichiarare che la causa alla base di qualsiasi condizione bassa, in peggioramento o che rifiuti di migliorare, di qualunque avversità, declino, fallimento, rovina nel corso dell’intera nostra storia risale al soppressivo, e dato che il “cosa”, o piuttosto il “chi”, comporta un “come”, appare semplicemente consequenziale che si sia investigato anche su quel “come”, come un argomento in sé stesso, arrivando quindi ad isolare ed etichettare degli elenchi di denominatori comuni, degli schemi d’azione distintivi del soppressivo.
Siccome si è osservato che il soppressivo consegue la distruzione manipolando gli altri senza venire individuato come tale, ci si riferisce a tali schemi d’azione come tattiche manipolatorie, e come tattiche diversive. Sull’argomento è disponibile molta letteratura, parecchio istruttiva, quindi qui è sufficiente menzionare rapidamente alcuni termini, tramite i quali si può reperire tale letteratura: