Soppressione

Le cose non accadono spontaneamente, e la causa è l’intenzione, è stato detto. Se le cose accadono, è perché ci sono persone che hanno l’intenzione che accadano – e questo è il nucleo al quale ora puntiamo dritti.

È stato detto anche che se stessimo avendo a che fare con le leggi della probabilità o con mera incompetenza, statisticamente metà degli errori dovrebbero essere a nostro favore. Senz’altro sia la direzione che la velocità del movimento di qualcosa sono il diretto risultato della composizione delle forze applicate ad esso; dal momento che il risultato della composizione delle forze prodotte dalla casualità e dall’inettitudine è statisticamente zero, se tutte le forze applicate alla società fossero benintenzionate o casuali o inette, dunque – in assenza di forze malintenzionate – le cose non potrebbero che andare bene. Più o meno bene, ma in ogni caso bene. Quindi, per una legge tanto stringente quanto le leggi della fisica, la verità nuda e cruda che le cose peggiorano dimostra l’esistenza di forze malintenzionate applicate alla società, e la velocità del deterioramento rivela l’equilibrio fra le forze applicate benintenzionate e malintenzionate – di nuovo, quest’ultimo è il nucleo al quale ora puntiamo dritti.

Quel nucleo è un tipo di persona e la sua intenzione fondamentale. È stata etichettata con l’uno o l’altro di questi termini: soppressiva, antisociale, luciferina, sociopatica, priva di coscienza, senza rimorso, spietata, personalità tossica, narcisista, manipolatrice, o lo stato come psicopatia, assenza di senso di colpa, manie sans délire, inferiorità psicopatica, insania morale, imbecillità morale – limitandoci solo a tempi relativamente recenti, in quanto sembra che la questione in un modo o nell’altro sia stata rilevata sempre, nel corso della storia.

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Indagare su ciascuna di queste etichette è senz’altro un fondamento di ciò che stiamo affrontando qui, e ti invito senz’altro a farlo a fondo. Ci sono approcci diversi all’argomento, che pervengono a conclusioni leggermente differenti, che definiscono elenchi differenti di caratteristiche, e così via; il punto è sapere e guardare tutto questo da un punto di vista imparziale e orientato ai risultati; dopo tutto, tutti gli strumenti di misurazione hanno giochi e tolleranze e richiedono di venire usati saggiamente, il che comprende l’usarli sinergicamente. E poi… dai loro frutti li riconoscerai, no?

Detto questo, la mia prima osservazione è che ciascuna di queste etichette attira la nostra attenzione su una sfaccettatura, e quindi faremo meglio a valutare l’utilità di ciascuna:
Inferiorità psicopatica, insania morale ed imbecillità morale evidenziano che una persona non raggiunge i requisiti minimi per la sopravvivenza della società – nota bene: la sopravvivenza della società, a prescindere dalla propria, un’osservazione profonda e lungimirante.
Manie sans délire evidenzia una sfaccettatura chiave osservabile – o piuttosto osservabile a malapena –: tali persone sono praticamente sempre invisibili, dato che pochissime di loro mostrano segni appariscenti o anche solo visibili di quello che sono davvero.
L'assenza di senso di colpa evidenzia una sfaccettatura chiave interiore: esse agiscono come se non avessero alcuna coscienza, il che significa che possono compiere letteralmente qualsiasi cosa che la coscienza aborrisca – il che a sua volta significa che chiunque abbia una coscienza, e sia incapace di concepire che qualcun altro non ce l’abbia, è a rischio di venire pugnalato alle spalle.
Psicopatia è in effetti un termine troppo vago, che significa tutto e niente, per essere di qualche utilità: siccome il suffisso “patìa” significa “cosa” – un disturbo, ed il prefisso “psico” significa “dove” – nella psiche, la parola in sé non trasmette ulteriori informazioni e non è perciò di alcun aiuto ulteriore; inoltre, peggiora ulteriormente la scena a causa del sabotaggio subito dalla parola psiche, che fu creata per significare l’anima – qualunque parte non materiale dell’essere umano, e poi usurpata per significare il cervello – qualunque parte materiale dell’essere umano, generando così ulteriore confusione dolosa.

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Personalità tossica, dal greco “toxicon”, veleno, si spiega da sé, mentre narcisista indica che considera gli altri come inferiori e tenuti a servire la sua adorazione di sé, e manipolatrice evidenzia che conseguentemente si serve degli altri senza cuore, e quindi invita ad uno studio di come agisca, cosa faccia, dei mezzi usati per conseguire i suoi scopi.
Priva di coscienza, senza rimorso e spietata si riferiscono esplicitamente all’idea che alla persona manchi proprio una componente specifica, descritta come il senso del bene e del male che scaturisce dal senso di collegamento reciproco, uno stato nel quale il solo arido scopo che rimane è l’usare i propri simili come mere pedine da dominare e distruggere.
Sociopatica evidenzia una condizione, lo stato in cui si è, che è il potenziale che determina il tipo di azioni che possono scaturire, che ci si possono aspettare, e chi se le debba aspettare è indicato dal prefisso abbinato al suffisso “patìa”: “socio”, che significa “società” – tutti noi.
Sociopatica e luciferina sono accostate intenzionalmente dato che ritengo il loro confronto ispiratore: dal punto di vista della rivalità fra materialismo e metafisica, esso prova che siamo tutti sulla stessa barca quando si tratta di venire al nocciolo – quel tipo di persona – e quindi anche quella rivalità è molto probabilmente istigata da essa; dal punto di vista delle sfaccettature evidenziate da ciascun’etichetta, il significato molteplice di luciferina prosegue nell’ampliare ed approfondire il profilo. Mentre il sociopatico potrebbe essere tale a causa di parti cerebrali o spirituali mancanti o malfunzionanti, il luciferino è stato descritto dalla religione come mirante al possesso delle anime o al dominio totalitario dei superiori sugli inferiori – un inferno in entrambi i casi, la cui unica differenza è se con il consenso degradato o con l’odio terrorizzato delle vittime –, o alla pura e semplice morte di tutte le genti, portando così in entrambi i casi le mire di quel tipo di persona ad un livello del tutto diverso indipendentemente da quali che siano le parti mancanti o malfunzionanti.
Antisociale poi inizia lo spostamento dal potenziale all’azione, ed evidenzia come quella condizione sia il potenziale di una persona che causa attivamente guai alla società piuttosto che avere difficoltà con essa passivamente, che agisce contro i propri simili piuttosto che semplicemente subirli.

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Soppressiva infine completa quello spostamento ed evidenzia che, quali che siano i moventi, il punto è che la persona sta danneggiando i suoi simili non solo potenzialmente ma attivamente: quella persona è un incendio che non si estinguerà spontaneamente, finché l’ambiente non sarà ignifugo ed i pompieri non lo circoscriveranno attivamente – o, in assenza di ciò, finché il mondo intero non sarà altro che ceneri morte.

Userò il termine soppressivo dato che siamo qui per arrivare da qualche parte, ma anche perché in esso c’è qualcosa di specifico e più profondo, su cui quanto segue è basato; ma nondimeno resta inteso che con esso intendo tutto ciò che significano tutti i termini qui sopra, più qualsiasi altra cosa aggiunta qui.

Che la sua origine sia determinismo materiale o libero arbitrio spirituale, che quel tipo di persona ne sia la causa o l’effetto, per scopi pratici la causa ultima è in ogni caso l’intenzione. Detto ciò, quell’intenzione è mera dominazione o sterminio completo? Questo è il dilemma.

Dunque, proprio come la confusione fra economia e finanza, anche la soppressione va esaminata più da vicino. Sopprimere fondamentalmente significa opprimere, schiacciare, rendere qualcuno più piccolo, più debole, più insicuro, peggiore, e chi più ne ha più ne metta, magari sino al punto di ridurlo a zero, di ucciderlo. O magari addirittura a sotto zero, a dare una mano a diffondere e moltiplicare la soppressione.

Ci sono molte variazioni e gradazioni di soppressione, ma penso possiamo elencarne tre stadi di massima: 1) raggirare, truffare e rubare – una specie di soppressione una tantum, mordi e fuggi; 2) degradare e rendere schiavi – continua e sopraffacente, che danneggia l’integrità della vittima; 3) annientare ed assassinare – quella finale.

Queste sono le mete della soppressione, e ci sono tanti modi di sopprimere quante sono le cose buone che i malintenzionati possono tradire, infiltrare, pervertire e trasformare in strumenti soppressivi. La politica e la religione, ad esempio, sono state usate per sopprimere nel corso della storia. Adesso, è il turno dell’Economia.

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Ma il punto chiave è l’intenzione, non i mezzi: quando qualcuno ha l’intenzione di danneggiare, qualsiasi cosa a portata di mano è probabile venga usata come arma. “All’uomo che muoia dalla voglia di usare un martello molte cose sembreranno chiodi che hanno bisogno di venire martellati.” – Mark Twain. Le cose non accadono spontaneamente; le cose vengono causate. Ed il fattore causativo ultimo nella società sono le persone.

Ed un altro punto chiave sono i risultati puri e semplici: se il risultato finale è soppressione, ebbene, chiamala soppressione, indipendentemente da quali siano le supposte intenzioni delle persone o quanto siano consapevoli delle reali conseguenze delle loro azioni. Le loro intenzioni e consapevolezza possono essere soggette a discussione, le conseguenze no. Dato che la consapevolezza di agire soppressivamente è in relazione con la consapevolezza della realtà, da parte del soggetto potrebbe essere incerta, ma da parte dei suoi simili può essere molto certa. Le opinioni sono opinioni, i fatti sono fatti. Anche perché, nella misura in cui uno è una persona decente, non impiegherà troppo tempo ad accorgersi che i propri strumenti sono dannosi invece di essere di aiuto; perciò se dopo un lasso ragionevole di tempo non ferma un’eventuale risultato dannoso in un modo o nell’altro, questo significa che quella persona è abbastanza matta da essere pericolosa comunque sia.

Un tipico esempio di risultati puri e semplici è quello che è stato etichettato mercante di caos. Un mercante di caos è qualcuno che guadagna, o addirittura vive del tuo percepire il tuo ambiente, in tutto o in parte, come pericoloso, ostile, minaccioso, degradato, o in qualsiasi tipi di condizione bassa.

I mercanti di caos, o si limitano a sfruttare un ambiente che è effettivamente pericoloso, o lottano per fartelo apparire apparentemente più pericoloso di quanto sia realmente, o rendono attivamente l’ambiente pericoloso, o più pericoloso di com’era. Si potrebbe dire che tutto il trucco dei mercanti di caos è far apparire l’ambiente alle vittime loro bersaglio come peggiore di quanto sia in realtà, ma sarebbe troppo restrittivo e ci farebbe trascurare quelli che semplicemente sfruttano quel che trovano bell’e pronto, come pure coloro che lavorano duro per rendere un ambiente effettivamente peggiore. Perciò è senz’altro più sicuro allargare l’etichetta per comprendere tutte queste varianti.

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Ed in ogni caso tutti i tipi di mercanti di caos mirano deliberatamente a farti sentire circondato da un ambiente pericoloso, in modo da sfruttare le tue reazioni conseguenti, a tue spese ed a tuo danno. Un mercante di caos potrebbe non essere necessariamente soppressivo, ma certamente è inconsapevole, menefreghista, incompetente o egoista abbastanza da agire così. Quali che siano i moventi basilari dietro a questo, siamo in presenza di un’intenzione deliberata di sfruttare gli altri specificamente tramite il danneggiarli per profitto.

Ti basta riflettere su quante professioni siano sull’orlo di questo, se non proprio direttamente dentro: politici, media, consulenti di vita e di psiche provenienti da ogni visione del mondo e dell'esistenza, le varie forze che indossano uniformi, qualsiasi forma di monopolio ed oligopolio, big pharma, le multinazionali del tabacco ed i cartelli della droga non sono che le prime e più appariscenti che vengono in mente; l’esercizio consiste nel capire come ciascun candidato possa usare, ed usi, a proprio vantaggio, le tue debolezze od obiettivi legittimi in modo da spingerti verso i “servigi” o “favori” loro o dei loro complici, e questo tanto più quanto più sei – o persino soltanto ti senti – insicuro, in pericolo, ecc.

Che cosa ti dà la sensazione di avere bisogno di più politica e più politici: pace, agio e serenità, o piuttosto conflitto, problemi ed ansietà? I politici si atteggiano a cavalieri che fanno tintinnare le spade e digrignano i denti davanti ai draghi, il che significa che senza draghi non sono niente, il che a sua volta significa che i draghi è probabile siano fatti di cartapesta e fili tirati da burattinai, anche se il fuoco che sputano è autentico, testimoni i nostri fondoschiena bruciacchiati.
Che cosa ti fa consumare più media: sensazionali notizie paurose o rassicuranti buone notizie? Un incidente stradale o i milioni di auto che sono arrivate felicemente a destinazione nel frattempo? Un albero che cade o una foresta che cresce?
Che cosa ti fa cercare maggiormente conforto dai tuoi problemi in una qualunque religione, filosofia o genere di etica? La scomoda idea costruttiva che per padroneggiare il tuo destino devi cooperare attivamente con essa per ricostruire la tua responsabilità, o l’apatica idea disfattista che le tue sventure sono troppo grandi da superare e quindi tutto ciò che ti resta è la compassione?

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Che cosa ti fa bramare una pillola come la moderna ostia consacrata, la stessa scomoda idea di cui sopra per cui tu sei qualcuno e come tale sei in grado di padroneggiare il tuo destino, o l’idea che tu sia qualcosa, non qualcuno, e che c’è qualcosa che non va in quel qualcosa chiamato tu che qualcos’altro può – si spera – aggiustare senza la tua partecipazione?
Che cosa ti fa esigere ed accogliere uniformi che ti “proteggeranno” sparandoti, se non la percezione di un ambiente pericoloso attentamente orchestrato?
Che cosa ti fa giurare fedeltà a qualsiasi forma di monopolio, sia esso spirituale, materiale o di qualsiasi genere, se non un’efficace campagna per isolarti da qualsiasi altra cosa?
Che cosa fa aumentare la tua domanda di medicine meglio dell’etichettare come disturbo quello che non lo è, non lo è mai stato, né mai lo sarà? Giusto di recente c’è stato un tipico caso da manuale, con una nuova campagna di marketing a prendere di mira l’igiene personale e ad etichettarla come un’ossessione. Chi si impadronirà del potere di decretare cosa è normale e cosa anormale se non li buttiamo giù a calci dai loro pulpiti fasulli?

Che i cartelli del tabacco e della droga crescano in proporzione diretta rispetto alla degradazione della tempra individuale e del tessuto sociale è un fatto talmente provato che la loro penetrazione nella società si può usare come indicatore diretto del suo stato.
Da ultimo, ma tutt’altro che il meno importante, c’è un altro indicatore del livello di degradazione personale e sociale della stessa specie, che è in qualche modo meno facilmente rilevato e riconosciuto come tale, che è pertanto il nostro principale argomento qui: il grado di crescita e penetrazione sociale dei bankster (banchieri−gangster, più avanti dirai se io abbia adottato questo ispirato neologismo a ragion veduta…), dei loro complici e soprattutto dei loro burattinai.

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Più paura, più brama di protezione. Più barbara la gente, più implora dominatori; meno autocontrollo nella gente, e più pretesto e spazio ai mercanti di caos per esistere, e possibilmente per arrogarsi più “controllo” coercitivo e di cui non dover rendere conto. In sé stesso, il controllo è neutro, se non positivo: se controlli le tue corde vocali, ti farai capire. Il controllo dei mercanti di caos è ben altra cosa: il suo scopo non è il tuo benessere e la tua sopravvivenza, ma il tuo sfruttamento, riduzione in schiavitù, degradazione e soppressione. È quindi comprensibile come i mercanti di caos contribuiscano alla cattiva fama immeritata del controllo, cosa questa che ci rende ancora più vulnerabili ai loro attacchi. Più il problema viene comprato con credulità come la soluzione, più ripida la spirale mortale delle vendite. Più malattia e dipendenza, più vendite di farmaci e droghe e più deificazione della pillola come la nuova ostia consacrata.

Che cos’è la follia? Chiunque può darne la propria definizione. Come sottolineerò più avanti, tutto è fondamentalmente accordo, quindi qualunque altra cosa chiunque volesse chiamare follia, penso possiamo tutti concordare di chiamare follia l’intenzione e/o i risultati soppressivi. C’è una differenza fra un semplice farabutto ed un soppressivo, ed è nelle loro intenzioni verso gli altri, e forse nel prezzo che sono disposti a pagare per realizzarle: Un farabutto vuole solo arraffare, e al diavolo gli altri; se dovesse scoprire che la sua sopravvivenza è in forse a causa dei suoi crimini, forse rallenterebbe. Un soppressivo vuole morto chiunque altro, e per di più è disposto a pagare qualsiasi prezzo per questo, persino la propria fine; perciò non ci sono limiti né freni alla distruzione prodotta, né possibilità di autolimitarsi. Una sorta di spostamento di priorità, dall’interesse egoistico alla morte per tutti… immagino che se il primo potrebbe avere titolo per venire etichettato follia, il secondo lo ha senz’altro, no?

Quindi quando le azioni di una persona si possono far risalire costantemente ad una intenzione di sopprimere e/o il loro risultato costante è soppressivo, faremo meglio a chiamare le cose con il loro nome e riconoscere quella persona come un soppressivo o sociopatico: un individuo socialmente malato.

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Inoltre, c'è una ragione se dico "e/o", se equiparo intenzione ed effetti: mentre da un lato un crimine è un crimine indipendente dal suo essere un danno collaterale o lo scopo ultimo, dall'altro sapere e quindi essere in grado di riconoscere la differenza fra un farabutto ed un soppressivo aiuta tanto sè quanto chiunque a capire e quindi prevedere cosa aspettarsi, e perché, in maniera più accurata.

Infatti, qui sarebbe consequenziale chiedersi: perché? Perché uno è soppressivo o agisce soppressivamente? E questa domanda a sua volta solleverebbe un’altra domanda: in termini generali, dove c’è un’intenzione, c’è sempre un movente? E, in particolare, c’è un movente dietro l’intenzione di sopprimere? Domande del genere sono in stretta relazione con altre domande basilari riguardo a che cosa sia un essere umano e come funzioni – o venga fatto funzionare – e queste sono questioni di confine che lasciano spazio per tante opinioni arbitrarie e controverse quanto sono scarsi i fatti oggettivi incontrovertibili. Dato che siamo qui per arrivare da qualche parte, divagheremo in questo solo tanto quanto è di un qualche uso pratico: nella misura in cui un’ipotesi fornisce una logica nell’osservare e quindi prevedere.

Supponiamo quindi che gli individui agiscano logicamente, consequenzialmente, non casualmente. Questo significa che dato un effetto c’è una causa, e c’è un collegamento costante fra di loro, invece di pura casualità. Supponendo ci siano delle ragioni, solo allora ha senso domandarsi quali siano queste ragioni.

Su queste basi, l’ipotesi qui è che un soppressivo non vede la stessa realtà che vediamo noi, ma vive invece in una realtà alquanto alterata. E – ahimè molto sfortunatamente – si tratta di una realtà in cui il soppressivo è costantemente sotto la minaccia d’attacco: ogni secondo, ovunque, ogni altro individuo è un nemico, impegnato con tutte le sue forze a massacrare il soppressivo, senza eccezioni, mai. Mentre noi vediamo un mondo mite dove la gente è impegnata a guadagnarsi da vivere e ad andare d’accordo, il soppressivo vede un inferno dove tutti sono sul punto di massacrarlo. Sicuro, è folle. Matto da legare. E falso, completamente fuori strada. Ma noi sappiamo che nè la follia nè la falsità impediscono di agire effettivamente su quelle premesse sbagliate.

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Se per caso pensi sia incredibile, nel senso di non credibile, ebbene, non solo la realtà se ne frega di essere credibile, non dovendo domandare il permesso di nessuno, e non solo il modo migliore di nascondere qualcosa, particolarmente in piena vista, è farlo sembrare incredibile. In aggiunta a questo, ciò che a qualcuno potrebbe parere non credibile è stato fatto. Compiuto effettivamente. A quanto si dice, il “bottino di guerra” della psicologia nazista venne premurosamente piantato e coltivato a casa propria dai governi delle nazioni vincitrici, e si fecero investimenti segreti enormi e diversificati al fine di controllare i propri stessi cittadini; esiste documentazione in questo campo d’indagine su come le persone siano state poste artificialmente in uno stato allucinato in cui un amico era un nemico in una situazione del tipo “uccidere o essere uccisi”, ed essi hanno agito conformemente in maniera omicida, del tutto contraria a chi erano in stato normale. Dato che questo è ciò che è stato ottenuto artificialmente da loschi individui con i loro strumenti da apprendisti stregoni, puoi facilmente fare una stima di quanto sia probabile che alcune persone possano trovarsi “naturalmente” in un tale stato, solo più profondo, nascosto ed articolato.

Probabilmente ci vuole un po’ di riflessione per concepire un inferno del genere, e come ci sentiremmo ed agiremmo se ci fossimo dentro noi. Suppongo che non solo vivremmo nel terrore, ma che faremmo anche di tutto per nasconderlo: si dice che gli animali avvertano quando si ha paura, e che ciò li spinga ad attaccare. Detto ciò, ritenendo la nostra sopravvivenza così sul filo del rasoio, immagina come ci sentiremmo se chiunque intorno a noi diventasse più intelligente, abile, forte: lo vedremmo come il nostro colpo di grazia. Vale la pena di ripetere ancora che staremmo vedendo qualsiasi altro essere umano intorno a noi come un nemico attivo sul punto di massacrarci; infatti è stato detto che il soppressivo vede gli altri come una generalità ostile, e questo termine è scelto attentamente: il soppressivo è in un tale stato mentale che non solo tutti gli altri sono considerati ostili, ma persino la distinzione fra individuo ed individuo diviene sfocata ed irrilevante. Diventa quindi comprensibile perché nessuno possa fidarsi di un soppressivo: un soppressivo non si fida per niente di nessuno in primo luogo.

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E diventa comprensibile anche perché un soppressivo sia fissato su cose quali mantenere gli altri giù, piccoli, deboli, dipendenti, ignoranti, incapaci di protendersi, e sotto un controllo inutile, ossessivo, assurdo, spasmodico, spietato – in altre parole, soppressivo –: ogni secondo, ognuno di loro potrebbe attaccarlo.

Ogniqualvolta siamo così stupidi da iniziare a scavarci la fossa accettando consigli soppressivi su come condurre le nostre vite e società, vediamo il mondo iniziare a scivolare verso 1984. Ci ritroviamo inconsapevolmente esiliati dalla nostra umanità nell'homo homini lupus, dove l'aiuto è tradimento, il nostro prossimo è un nemico, e le linee di comunicazione sono usurpate da distrazione, inganno e sorveglianza. Ci ritroviamo educati furtivamente a dare tutto questo per scontato come il modo in cui stanno le cose. E non è così che stanno le cose; questa è una montatura.
E non c’è limite alla quantità di oppressione ed asfissia tramite controllo patologico che può accumularsi. E così, ben prima anche solo di accorgercene, ci ritroviamo in un inferno dove le regole sono un campo minato sconfinato invece di un rifugio essenziale, dove ci sono più scartoffie da compilare che tempo per vivere, più multe che scuole, più limiti di velocità che strade, più posti di blocco che prati, più sorveglianza di quanta mai nessuno si approfitterà, più gabbie che libertà, e più carcerieri che reclusi.
Che genere di persona, di punto di vista, di stato mentale può condurci lì? Questo risultato finale prova conclusivamente la follia del soppressivo, ma ahimè la storia ha ripetutamente provato anche che la sua follia non gli ha impedito di accadere.

Ed al fondo di quest’inferno, comprensibile diviene anche quello che forse è passato inosservato in questa citazione nel sorvolo iniziale: “La personalità sociale vuole sopravvivere e vuole che gli altri sopravvivano, invece la personalità antisociale vuole veramente e nascostamente che gli altri soccombano.” Hai notato? La sopravvivenza personale non è nemmeno presa in considerazione dal soppressivo. A questo punto paradossale questa condizione può giungere: tale è il terrore che così assoluto è lo sforzo di far soccombere chiunque altro, che se questo comporta che il soppressivo stesso soccomba, ebbene così sia.

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E qui è dove arriviamo da qualche parte, in termini di previsione pratica: mai sottostimare il potenziale distruttivo di un soppressivo pensando che verrà trattenuto dalla minaccia di soccombere personalmente. È qui che usare la definizione più ampia, completa e previdente ci può venire in soccorso: Basandoci sul concetto di sociopatico, considereremmo che si accontenterebbe di abusare di noi ed abbasseremmo la guardia di conseguenza. Basandoci sul concetto di soppressivo, consideriamo che non si accontenterà di nulla di meno del ridurci e mantenerci ai nostri minimi possibili termini o, meglio ancora, e quindi ovunque possibile, del nostro completo sterminio, e così sappiamo di non poterci permettere mai di abbassare la guardia.

Che cosa significa “Soppressione Economica”, allora? L’intenzione e/o l’azione di raggirare, truffare, derubare, degradare, schiavizzare, annientare, assassinare e simili con mezzi economici. E non significa solo il mero infiltrarsi negli sforzi di sopravvivere della gente al fine di sfruttarli a proprio supposto e losco vantaggio. Significa infiltrarsi negli sforzi più fondamentali di sopravvivere della gente al fine di pervertirli così che producano per quella gente il contrario della sopravvivenza. È un’intenzione del tutto diversa.

(A proposito, ora che abbiamo discusso entrambi i termini, “soppressione” ed “economica”, e notato come l’economia abbia a che fare con la sopravvivenza e la soppressione vi si opponga frontalmente, vediamo come praticamente qualsiasi cosa sia economia, e quindi come virtualmente ogni soppressione sia soppressione economica; conseguentemente, il titolo “Soppressione economica” si rivela giusto un filo pleonastico. Ebbene, confesso di averlo scelto in modo da raggiungerti tanto velocemente e con impatto quanto un titolo ed una copertina possono, e devono fare, così da avere una chance di metterti in contatto con tutto ciò che inizia qui.)

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Perché chiamare le cose con il loro nome? Per evitare di venire indotti con l’inganno a giustificare l’intenzione deliberata come “errori”, tipo “mi dispiace, non sapevo che il fucile fosse carico,” invece di dire “NO!” e basta. Un esempio? Le transazioni borsistiche ad alta frequenza. Gli speculatori di borsa hanno scoperto come succhiarti i tuoi ultimi quattrini: nello stesso tempo di cui un essere umano ha bisogno per eseguire una singola transazione, i calcolatori eseguono innumerevoli transazioni; anche se ciascuna rende molto poco, sono talmente tante che la somma dei loro profitti diventa significativa. Ma il punto qui è che sono automatiche e veloci. Questo significa che hai imbarcato una folla, e se una persona si sposta, tutta la folla la segue così in fretta che la barca si capovolge prima ancora che tu ti sia accorto che la prima persona si era mossa. Quindi, anche se tentano di dirti addirittura che non volevano, che non è stato fatto apposta, la cosa è irrilevante; puoi concedere che la loro consapevolezza degli effetti sociali delle loro speculazioni sia discutibile, e puoi addirittura concedere che il loro fregarsene di tali effetti sia discutibile, ma i risultati nudi e crudi sono ciò che conta e su questi non c’è niente da discutere. La legge prende in considerazione il reato, non la sua ragione, giusto?

Così come il personaggio è stato riconosciuto generalmente come un problema, così è stata riconosciuta come un problema anche la ricaduta. Dopotutto, se il personaggio è un problema, lo è a causa della ricaduta. Dato che io qui faccio un passo ulteriore nel dichiarare che la causa alla base di qualsiasi condizione bassa, in peggioramento o che rifiuti di migliorare, di qualunque avversità, declino, fallimento, rovina nel corso dell’intera nostra storia risale al soppressivo, e dato che il “cosa”, o piuttosto il “chi”, comporta un “come”, appare semplicemente consequenziale che si sia investigato anche su quel “come”, come un argomento in sé stesso, arrivando quindi ad isolare ed etichettare degli elenchi di denominatori comuni, degli schemi d’azione distintivi del soppressivo.
Siccome si è osservato che il soppressivo consegue la distruzione manipolando gli altri senza venire individuato come tale, ci si riferisce a tali schemi d’azione come tattiche manipolatorie, e come tattiche diversive. Sull’argomento è disponibile molta letteratura, parecchio istruttiva, quindi qui è sufficiente menzionare rapidamente alcuni termini, tramite i quali si può reperire tale letteratura:

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Gaslighting: distruggere la fiducia in se stessi altrui, distruggendo il loro senso della realtà, insistendo sulla messa in dubbio della loro certezza della realtà e su versioni alterate della realtà.
Proiezione, ribaltamento della colpa, fare la vittima: depistaggio tramite “scaricabarile”, scaricando la responsabilità per i propri tratti negativi e misfatti su chiunque altro o qualsiasi altra cosa; come disse il Poeta: “La parte che l’inganno preferisce recitare è quella della vittima.” E per di più, farlo in un modo offensivo e crudele per indurre anche vergogna ed asservimento negli altri.
Conversazioni prive di senso: reagire a disaccordi e messe in dubbio con ogni tipo di conversazione illogica per distogliere, confondere, frustrare ed incolpare.
Volubilità ed inaffidabilità: cambiare continuamente a sorpresa da una cosa al suo opposto, e così essere inaffidabili, a causa sia della propria mancanza di stabilità che dello scopo deliberato di destabilizzare gli altri.
Stuzzicare per giocare al gatto col topo: usare commenti apparentemente innocui e razionali come esca per attirare la vittima in discussioni insensate che degenerano sino a che non diviene chiaro che il loro scopo è esibire la loro crudeltà e demolire la vittima; e perseverare nel ferire anche quando lo sanno, come quando hanno già chiesto scusa in precedenza.
Generalizzazioni: bollare le cose con etichette generalizzanti per nascondere le sfumature e scartare i punti e fatti reali in esse che non tornano.
Travisamento deliberato e “lettura della mente”: distorcere o estremizzare le legittime visioni differenti degli altri, particolarmente a proposito di sé, magari pretendendo di conoscere i loro pensieri, per spacciarle come prove della loro irrazionalità così da zittirli ed instillare in loro dei sensi di colpa.
Standard impossibili: cercare il pelo nell’uovo, sminuire i risultati ottenuti, scartare le prove reali ed i servigi ricevuti e spostare l’asticella eternamente, in modo da essere insoddisfatti e criticare distruttivamente all’infinito.

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Scambiare argomenti a tradimento, cambiare discorso per fuggire dalle responsabilità o dalla contestazione delle loro visioni: dirottare qualsiasi argomento che abbia a che fare con loro misfatti, responsabilità, status quo o visioni indifendibili ma irrinunciabili verso altri che, non importa quanto siano fuori contesto rispetto alla discussione originale, con il pretesto di apparire a loro volta altrettanto validi, vedano altri come accusati e loro come accusatori.
Minacce e ricatti, nascosti o palesi: vedere qualunque fallimento nell’essere all’altezza del loro eccessivo senso che gli sia tutto dovuto, di superiorità e delle loro pretese come una minaccia, e reagire in termini di ultimatum invece che di armonizzazione, minacciando gli altri di rappresaglie se non ottemperano come loro comportamento abituale.
Insulti ed aumento di volume: abusare verbalmente, umiliando così dall’esterno o svuotando dall’interno la fiducia in sé stessi altrui, qualitativamente insultando, quantitativamente alzando la voce, come la maniera più facile per combattere le manifestazioni altrui di esistenza e di un punto di vista indipendente, percepite come una minaccia al loro diritto di esclusiva su entrambi.
Bombardamento amoroso e svalutazione: prima sedurre la vittima attraendola nella loro trappola al miele con ammirazione ed idealizzazione eccessive, e poi, altrettanto parossisticamente, svalutare e vilipendere esattamente ciò che prima ammiravano ed idealizzavano, a volte diffamando i predecessori della vittima o quelli che il narcisista percepisce come rivali, ed in seguito diffamando la vittima.
Condizionamento distruttivo: contaminare il buono nelle persone e nelle loro vite con qualcosa di cattivo o doloroso, sia ad esempio idealizzando prima e mortificando poi le loro qualità come nel bombardamento amoroso, o sabotando le loro aspirazioni od avvenimenti, per condizionarle a stare alla larga da quel buono e da qualsiasi possibile interferenza nel consacrarsi a compiacerli.
Diffamazione e persecuzione: diffamare gli altri, quando addirittura non li mettono gli uni contro gli altri, mentre ne abusano, per provocare reazioni da usare per apparire come la vittima ed accusarli dei loro stessi misfatti proprio come nella proiezione, per controllarli distruggendone la reputazione e facendogli terra bruciata intorno.

Soppressione, 16

Difesa preventiva: indulgere in quel che in latino si chiama “excusatio non petita”, giustificazioni non richieste, ed in asserzioni spontanee delle proprie virtù non richieste dalle effettive circostanze, magari nel contempo facendo mostra di un grado di empatia che istintivamente senti un filo stonato, per ingannare gli altri sinchè il tessuto non inizia a sfilacciarsi sui bordi, come quando ha a che fare non visto con gente qualunque o quando passa nella fase due del bombardamento amoroso, e traspare il mostro sottostante. È vero che, quando si tratta di sentire “istintivamente”, abbiamo il problema di discernere se quello che sentiamo è lì di fronte a noi o seppellito dentro di noi, ma questo probabilmente è un caso in cui possiamo fidarci del nostro “istinto”. Tanto più che, dopotutto, dalle loro azioni li conoscerai; non dalle loro parole.
Triangolazione: usare terze persone per tiri di sponda, magari inaspettati e senza consenso, quali il manipolarle perché diano ragione ai loro abusi e torto alle reazioni della vittima, per civettare con loro per minare la sicurezza della vittima, per rafforzare il loro ascendente sulla vittima, senza contare che sia le terze persone che il loro sostegno potrebbero benissimo essere, in tutto od in parte, inesistenti.
Risucchiare e mettere i limiti alla prova: prima risucchiare con l’eccessiva sdolcinatezza fasulla, e contrizione fasulla quando ripetono il ciclo, e poi saggiare i limiti e spingersi oltre nell’abusare delle loro vittime, in un ciclo che peggiora ogni volta che ha l’occasione di ripetersi.
Frecciatine aggressive spacciate per battute: proferire cose terribili spacciandole per “scherzi”, in modo da ferire e cavarsela, e restare “innocenti” mentre accusano la vittima di “mancanza di senso dell’umorismo”, anche se sorrisetti e luccichii negli occhi tradiscono il loro piacere sadico.
Sarcasmo condiscendente e tono paternalistico: guardare le loro vittime dall’alto in basso, trattarle da bambini e simili, in particolare quando osano esprimersi, facendolo costantemente allo scopo ultimo di ridurli all’autocensura.

Soppressione, 17

Far vergognare come mantra e rigirare il coltello nella piaga: ripetere come un mantra che “dovresti vergognarti”, prendendo di mira con esso qualsiasi cosa nella vittima che potrebbe mettere in ombra il loro ascendente, e cioè sia le qualità e conseguimenti positivi che sviluppano il giusto orgoglio e senso di sé, sia le ferite subite, esacerbandole ed insinuando che la vittima debba avere fatto qualcosa per meritarsele.
Controllo e micro−gestione soffocanti, e destabilizzazione emotiva: perseguire e mantenere un controllo accentratore e capillare su ogni aspetto della vita delle vittime, comprese in primo luogo questioni critiche quali finanze, relazioni ed emozioni, per isolarle, erodere la loro stabilità ed incrementarne la dipendenza da loro, e poi, in aggiunta al tenere in tal modo in pugno le vittime, sottoporle a montagne russe emotive permanenti alternando rabbiosi conflitti ed estraniamenti su pretesti infondati a riconciliazione e re−idealizzazione come nel bonbardamento amoroso, una volta che la loro presa inizi ad allentarsi, come strategia per incrementare ulteriormente la dipendenza e l’asservimento delle vittime gettando fuori strada le loro energie nel domandarsi cos’abbiano fatto di sbagliato e nel tentare invano di sistemarlo.
Conversazione come competizione verbale: la conversazione per loro, qualunque conversazione, non è mai una cooperazione e sempre una competizione, mai intesa a comunicare costruttivamente, ma sempre a manipolare, confondere, controllare, destabilizzare, infondere dubbi, distorcere la realtà, creare dramma, sviare la responsabilità e, ultimo ma non per importanza, vincerla ad ogni costo e con ogni mezzo, dall’interrompere l’interlocutore e monopolizzare la conversazione al renderla folle, drammatica, caotica, sfibrante e da capogiro, al passare al trattamento del silenzio.
Rifiutare violentemente le critiche, e mancare totalmente di introspezione: potrebbero intaccare l’irrinunciabile immagine perfetta di sé cui sono aggrappati.
Tradire la loro completa mancanza di empatia: possono tradirsi mentendo o facendo od appoggiando cose così crudeli, disumane o premeditate che altri non potrebbero nemmeno pensarci senza sentire il richiamo della loro coscienza ed umanità.

Soppressione, 18

Lo studio e l’isolamento degli schemi e tattiche qui sopra è un’impresa meritevole e della quale c’è molto bisogno, ma ora mettiamole da parte e parliamo ancora più seriamente. Perché, anche se questi comportamenti potrebbero dare nell’occhio, d’altro canto potrebbero suggerire l’idea che l’avere a che fare con tali persone – direttamente – sia l’eccezione. Non che avere a che fare con loro – direttamente o indirettamente – sia la REGOLA.

Ogni persona, ogni giorno, prende una quantità di decisioni, anche non decidendo, e compie una quantità di azioni, anche non agendo. Questo ammonta ad una vasta quantità di decisioni e non decisioni, di azioni e non decisioni. Quante di esse sono influenzate, direttamente o indirettamente, da tali persone, in che misura, quanto inconsapevolmente da parte degli altri, e con quali risultati, in realtà?

Qui c’è più di quanto appare: sia nel senso che non tutti i soppressivi sono così evidenti e facili da individuare, sia nel senso che la loro ricaduta a sua volta salta meno all’occhio ed è più vasta, profonda, e socialmente, globalmente dannosa di quanto potrebbe sembrare a prima vista sulla base di quanto sopra. Quindi, ancora una volta è questione di procedere sistematicamente come al solito: isolare il denominatore comune e mappare la sua ricaduta per intero.