Crimine contro l’Umanità: il Sacro GAAP

Ogni sfruttamento basato su inganno e frode ha il suo Santo Graal, il suo tabernacolo dove i suoi re nudi nascondono i suoi segreti. Dov’è e qual è quello dei manipolatori monetari?
I manipolatori monetari sono essenzialmente dei falsari legalizzati: quindi, dove e come la loro contraffazione viene legalizzata?
Abbiamo visto come viene celato: per mezzo dell’ignoranza e della distrazione, della soggezione e dell’ipnosi. Qualora le vittime evadano dall’ignoranza e dalla distrazione, sono gestite con la soggezione, facendo loro percepire sé stesse più piccole possibile e l’attività bancaria il più divina possibile, e con l’ipnosi, facendo loro il lavaggio del cervello per impedirgli di svegliarsi e rendersi conto che i divini bankster sono nudi…
Ora siamo completamente svegli, ad occhi spalancati, e la nebbia si è sollevata da essi, quindi la nostra prossima domanda è: basi giuridiche?
Quali sono le basi giuridiche per la manipolazione monetaria? Dove sono? Come sono fatte? Ed in primo luogo, esistono, ed in che misura? E dove ed in che misura consistono di lacune accuratamente progettate e sfruttate?

Nella nostra ricerca delle basi giuridiche scopriremo che l’occultamento non si è limitato alla soggezione ed all’ipnosi, ma è cresciuto persino più florido e con successo persino maggiore nei campi presumibilmente obiettivi, neutrali e fidati del diritto e della contabilità.
Delineiamo quindi ora com’è fatto il meccanismo, come funziona, e come viene nascosto, esattamente; poi delineeremo i drappeggi legali che lo nascondono.
Quando ti ritrovi alfine al cospetto del tabernacolo dei manipolatori monetari, e finalmente lo apri, questo è il Santo Graal che trovi al suo interno.

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La natura della contabilità e del bilancio è quella di registrare gli eventi significativi per l’entità economica cui si riferiscono sulla base di questi due principi:
uno è registrare gli eventi in un modo che li renda paragonabili, e questo implica il quantificarli in denaro in quanto unità di conto omogenea;
l’altro è registrare gli eventi che accadono effettivamente, e questo implica che la registrazione avvenga dopo l’evento.

Il trucco contabile, se ci va di essere eufemistici, o se vogliamo chiamare le cose con il loro nome, il falso in bilancio, è questo:
la creazione di denaro scritturale dal nulla è stata organizzata in modo tale che due eventi, che normalmente accadono a distanza di tempo l’uno dall’altro, nel caso della creazione del denaro dal nulla avvengano invece simultaneamente, e questa simultaneità viene usata per occultare il fatto che uno dei due eventi, ovviamente quello cruciale, non viene contabilizzato.

L’acquisizione di una risorsa è una cosa, ed un evento contabile; un impiego di quella stessa risorsa è un’ALTRA cosa, ed un ALTRO evento contabile. Sono due eventi DISTINTI E SEPARATI, sia nella realtà che nella contabilità.

Vediamolo in pratica paragonando le diverse strategie di due criminali:

Un colonialista invade un paese e massacra, riduce in schiavitù ed in miseria i suoi abitanti, allo scopo di rapinare l’oro del paese. In seguito userà quell’oro per un ulteriore crimine, supponiamo per finanziare la crescita di un monopolio di cui è complice.
Due eventi, acquisizione ed impiego, distinti nella realtà, rimangono distinti nella contabilità: nel suo bilancio, il colonialista prima segna un movimento di sopravvenienza attiva per l’acquisizione dell’oro, e poi segna un altro movimento di impiego per l’investimento di quell’oro nel finanziamento del monopolio. Per cosa userà quell’oro è irrilevante qui ai nostri fini; quel che conta è che il fatto che quell’oro sporco di sangue sia entrato nelle sue disponibilità senza che lui desse nulla in cambio è perfettamente visibile a bilancio perché c’è un movimento contabile distinto e separato ad indicarlo.

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Un banchiere eroga un prestito allo scopo di creare dal nulla in tasca propria il denaro scritturale erogato. In seguito userà quel denaro scritturale per un ulteriore crimine, supponiamo anche lui per finanziare la crescita di un monopolio di cui è complice.
Gli stessi due eventi, acquisizione ed impiego, distinti nella realtà, NON rimangono distinti anche nella contabilità: al contrario, in contabilità vengono confusi in un’unica entità indistinta. Il motivo, e la differenza fra i due casi, è che nel caso del banchiere questi due eventi accadono contemporaneamente: il banchiere crea il denaro dal nulla nell’istante stesso, e nell’atto stesso, del prestarlo. Ecco quindi il trucco, il falso in bilancio: questi due eventi, contemporanei ma comunque distinti nella realtà, non restano tali nella contabilità, perché la loro simultaneità viene usata per confonderli fra loro allo scopo di non contabilizzare quello cruciale, l’acquisizione! Nel suo bilancio, il banchiere NON segna affatto alcun movimento di sopravvenienza attiva per l’acquisizione di quel denaro scritturale, mentre segna invece regolarmente un movimento di impiego per la simultanea erogazione in prestito di quello stesso denaro scritturale. Anche in questo caso, per cosa userà quel denaro scritturale è irrilevante qui ai nostri fini; quel che conta è che il fatto che quel denaro scritturale, che non ha neanche bisogno di essere fisicamente sporco di sangue, sia entrato nelle sue disponibilità senza che lui desse nulla in cambio è perfettamente INVISIBILE a bilancio perché NON c’è NESSUN movimento contabile distinto e separato ad indicarlo. Potremmo anche dire che i due eventi simultanei non si confondano fra loro, se preferiamo; quello che conta non cambia e quello che conta è: NESSUNA registrazione contabile di sopravvenienza attiva nel bilancio, creazione dal nulla totalmente INVISIBILE.

Mai sentita la fiaba del calzoni vecchi? C’era una volta un banchiere che aveva un paio di vecchi pantaloni, e quei pantaloni vecchi, cui nessuno avrebbe prestato attenzione alcuna, erano magici: ogni volta che frugava nelle loro tasche, nella sua mano si materializzava un soldino…

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Per inciso, la vera ragione, e la vera importanza, dell’erogazione dei prestiti è che si tratta del meccanismo escogitato dai banchieri allo scopo di creare potere d’acquisto dal nulla, ma anche di ottenere questa contemporaneità, questo occultamento, e questa non contabilizzazione della sopravvenienza attiva dietro le quali occultare quella creazione. Nella stessa ottica si potrebbe dire che la vera ragione, e la vera importanza, della raccolta di risparmio fra il pubblico decisamente non è l’avere fondi da prestare, dal momento che quel che i banchieri prestano lo creano dal nulla nell’atto stesso del prestarlo, ma è sviluppare le riserve formali sulle quali edificare i loro castelli di carte truccate.

E senz’altro a buon diritto ci si dovrebbe domandare come sia possibile che il castello di carte dei banchieri sfidi le ingiurie del tempo come e persino più delle piramidi d’Egitto. Alquanto sconcertante, finchè non ci si rammenta di quel vecchio detto: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…”

E così la domanda qui è: che cos’è esattamente ciò che chi non vuol sentire si rifiuta di sentire? O, forse più esattamente: quali paraventi legali mette in piedi chi non vuol sentire per pretendere che non ci sia niente da vedere ed ostacolare la visuale agli altri, esattamente?

Concettualmente parlando, la legalizzazione di ciascun passo nella sequenza di queste ricettazioni successive è semplice e logica: prendendo ad esempio gli Stati Uniti, nel 1964 il Presidente della Commissione sull’attività bancaria e sulla valuta, Wright Patman, spiegò in un documento congressuale come, in essenza, la Costituzione conferisce il diritto di creare la moneta al Congresso, ed il Congresso l’ha delegato al sistema bancario.
Delegare significa trasferire ad altri un po’ del proprio potere mentre si stabiliscono le regole sulla base delle quali tali altri useranno quel potere; ma al di là di una certa misura delegare può iniziare a significare trasferire completamente ad altri il proprio stesso potere di stabilire le regole.

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Ed è così che va con i Padri della Patria che redigono una Costituzione, nella quale essi conferiscono la sovranità monetaria ad un’assemblea legislativa, la quale viene portata ad istituire una banca centrale, quella quinta colonna che ora conosciamo bene, ed a conferire ad essa, entrambi illimitati e dei quali non deve rendere conto a nessuno, la sovranità monetaria ed il potere di delegarla a sua volta alle banche commerciali tramite il potere di conferire legalità a regole quali principi contabili privilegiati, riserva frazionaria e camere di compensazione.

Tecnicamente parlando, qui stiamo entrando in un campo minato: dove i manipolatori monetari devono dichiarare il loro gioco delle tre carte in una forma tale da celarlo così da consentir loro di giocarlo, mentre pretende di mettere le carte in tavola per provare che non c’è alcuna sorta di gioco delle tre carte in primo luogo, ciò che ti devi aspettare – ed in cui devi guardare – è un campo minato.

Questo campo minato è la semantica e la grammatica, i significati e gli usi delle parole, le mine sono le parole, e le relative reazioni umane sono ad un tempo la sua mimetizzazione e la sua cassa di risonanza.
È stato detto che il singolo fattore più importante nello studio è la parola o simbolo malinteso.
Puoi immaginare facilmente le conseguenze se la gente che guida veicoli a motore, navi ed aerei non conoscesse il significato di parole quali “sinistra”, “destra”, “parti” e “ferma”; ma questi sono i casi facili. Il punto è che c’è molto, molto di più a proposito delle parole o simboli malintesi. Supponiamo che alcuni che progettano edifici, ponti, veicoli a motore, navi ed aerei avessero solo un minuscolo, trascurabile simbolo malinteso: il separatore decimale, ed immaginiamo le conseguenze.
Tratterò più avanti come ci siano addirittura molti modi di fraintendere parole e simboli, e come la maggior parte di questi modi passi alquanto inosservata; ora è sufficiente dire che non è vero che più è piccola una parola o simbolo malinteso e meno è importante, oh no. Decisamente, è senz’altro vero il contrario. Più basilare, e più distruttivo; più basilare, e solitamente più minuscolo.

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Dopo tutto, il linguaggio viene usato per costruire edifici e ponti di comunicazione a perdita d’occhio, e tutti sono fatti degli stessi elementi costitutivi: quei mattoni noti come parole e simboli. Immaginare le conseguenze di ritrovarsi con gli elementi basilari di qualunque cosa fraintesi, traballanti, instabili e quindi malgestiti in imprevedibili modi sbagliati, è uno sforzo non da poco, ma è comunque l’aspra verità che ci sta di fronte.

Su tali basi, le intenzioni malvage dei manipolatori monetari vanno a braccetto con le reazioni umane alle parole e simboli malintesi: solitamente, qualunque reazione tranne la sola corretta: individuarle e chiarirle. Se hai immaginato e stimato la portata e l’impatto di guidatori che abbiano frainteso “parti”, “ferma”, ecc., e di progettisti che abbiano frainteso cose come il separatore decimale, adesso per te è il momento di immaginare e stimare la portata e l’impatto di politici, giudici, accademici, operatori dei media – anche concedendo che siano in buona fede – e del pubblico generale, che abbiano colpito quelle mine così accuratamente piazzate dai manipolatori monetari…
La legalizzazione della manipolazione monetaria è terreno ostile; affrontalo di conseguenza. Dizionari, logica, pertinacia, ed occhi spalancati alla ricerca di lacune.

È stato detto che, sfortunatamente, nel nostro imballo non c'era un manuale d'istruzioni, per cui metterlo assieme da zero è un lavoraccio ingrato. Si potrebbe dire esattamente la stessa cosa per il Sacro GAAP, se non fosse che il dedalo sotto il suo cofano è stato mappato per noi, e dovremmo considerare la nostra buona fortuna in termini di che differenza fa affrontare un labirinto con o senza una mappa. Questo non è un risultato da poco; questo è un risultato inestimabile. L'avermi messo in grado di dire la mia qui è nulla a paragone al suo mettere chiunque in grado di individuare ed affrontare questo labirinto che nasconde la più grande truffa ed il più grande crimine contro l’umanità della storia. Questo è ciò che Daniele Pace ci ha dato con il suo “Il coniglio nel cilindro. Contabilità bancaria e creazione monetaria”.

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Ogni nazione ha la propria sovranità fra le ragioni fondanti della sua nascita, si spera, ed altrettanto si spera la conservi nella misura in cui i suoi politici non riescono a svenderla al miglior offerente. Nel qual caso, bei pezzi di essa vengono “delegati” ad entità sovranazionali volte a centralizzare il potere sempre di più in mani sempre meno chiamate a risponderne.
Ciò potenzialmente porta ad uno studio separato delle basi giuridiche della manipolazione monetaria per ogni nazione, che poi potrebbe o meno convergere con quelli di altre nazioni, in base al grado di “delega” a tali poteri centralizzati sovranazionali.

La legge è famosa per essere scritta in un gergo legalese che è addirittura leggendario quanto all’essere criptico, irritante, e semplicemente illeggibile. E se c’è un campo in cui “gli italiani lo fanno meglio”, è questo, quantomeno secondo la loro stessa opinione. Che abbiano ragione loro a vantare questo primato oppure che gente in altre nazioni abbia altrettanta ragione di farlo, prenderò l’Italia come caso illustrativo.
In realtà, non tutti i mali vengono per nuocere, nemmeno quelli legalesi, dato che il legalese ci viene persino in aiuto nello studiarlo. Chi ha familiarità con la precisione assoluta richiesta nella programmazione dei calcolatori e nella sua logica sa che se un valore in uscita dipende da 1.946 valori in entrata, se anche solo uno di quei 1.946 in entrata manca o ha un valore imprevisto, crash! Il legalese deve attenersi ad una tale precisione e logica assolute, quindi qualunque testo legislativo deve essere identificato inequivocabilmente da un tipo, una data ed un numero, e deve riportare nel suo preambolo gli stessi identificatori per tutte le leggi precedenti cui si riferisce. Perciò, tramite l’uso di logica e diligenza assolute ed incrollabili, applicate ai collegamenti fra le leggi così come ai loro contenuti e lacune, l’enigma può essere risolto. Quindi armiamoci di esse, più un cacciavite ed una lente d’ingrandimento, ed apriamo il cofano della versione italiana del Sacro GAAP.
A proposito, ti suggerisco senz’altro di armarti anche di carta e penna; nel tuo viaggio nel GAAP incontrerai un certo numero di nomi, numeri, date e relazioni, perciò annotarle con caselle e linee renderà il tuo viaggio molto più facile, chiaro e confortevole, e ti risparmierà qualche inutile ed evitabile giramento di testa.

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GAAP sta per Generally Accepted Accounting Principles, ovvero Principi contabili generalmente accettati, vale a dire gli standard, convenzioni e regole seguite in contabilità e nei bilanci entro una data giurisdizione, perciò quel che è generalmente accettato in un paese potrebbe differire da quel che è generalmente accettato in un altro paese. Ma c’è una tendenza generale delle nazioni a convergere su uno “standard standardizzato” universale, e l’Eletto, il fortunato vincitore, si chiama “IAS/IFRS”, International Accounting Standards/International Financial Reporting Standards, ossia Standard contabili internazionali/Standard internazionali di rendicontazione finanziaria.
Prima vennero gli IAS, che vennero emessi da un gruppo di professionisti contabili chiamato International Accounting Standards Committee (IASC), Comitato per gli standard contabili internazionali, il quale era un comitato interno dell’organizzazione mondiale dei professionisti contabili, International Federation of Accountants (IFAC). Poi viene riferito che questo comitato si è trasformato in una fondazione privata costituita negli Stati Uniti, la IASC Foundation, e successivamente ribattezzato International Financial Reporting Standards Foundation, fondazione per gli standard di rendicontazione finanziaria internazionali, o IFRS Foundation, una fondazione senza fini di lucro costituita negli Stati Uniti e registrata come società estera in Inghilterra e Galles, con quartier generale a Londra. La IFRS Foundation, tramite il suo International Accounting Standards Board (IASB), Consiglio per gli standard contabili internazionali, e la propria struttura gerarchica al di sopra di esso, emette gli IFRS. E così il risultato è un singolo corpo di standard, comprendente IAS non sostituiti da IFRS, IFRS, e le relative interpretazioni da parte dell’emettitore stesso.

Questi principi contabili standard IAS/IFRS poi vengono adottati dalla Comunità Europea:
“REGOLAMENTO (CE) N. 1606/2002 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 19 luglio 2002 relativo all'applicazione di principi contabili internazionali”
“visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, paragrafo 1, […]” Si riferisce a: Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, C 154, 29 maggio 2001, Comunicazioni ed informazioni, Numero d'informazione 2001/C 154 E/29, Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'applicazione di principi contabili internazionali.

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“Articolo 1, Obiettivo: Il presente regolamento ha come obiettivo l'adozione e l'utilizzazione di principi contabili internazionali nella Comunità […]” Giusto nel caso non fosse chiaro di che si tratta.
“Articolo 2, Definizioni: Ai fini del presente regolamento, si intendono per «principi contabili internazionali» gli International Accounting Standards (IAS), gli International Financial Reporting Standards (IFRS) e le relative Interpretazioni (interpretazioni SIC/IFRIC), le successive modifiche di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall'International Accounting Standards Board (IASB).” In caso non fosse chiaro quanto vogliamo gli IAS/IFRS e nient’altro, con la presente conferiamo forza di legge persino a quelli che escogiteranno in futuro, a scatola chiusa.
“Articolo 4, Conti consolidati delle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico: […] le società soggette al diritto di uno Stato membro redigono i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali […], qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro […]” I termini “conti consolidati” e “conti annuali” in questo articolo e nel seguente sono sinonimi di “bilancio consolidato” e “bilancio d’esercizio”; un bilancio, consolidato o meno che sia, è sempre quel documento che dichiara periodicamente i conti dell’impresa, mentre nel campo della finanza consolidare significa raggruppare insieme, quindi la differenza è semplicemente che un bilancio consolidato è quello compilato da una capogruppo nel quale essa somma ai suoi i conti quelli delle sue controllate.
“Articolo 5, Opzioni relative ai conti annuali e alle società i cui titoli non sono negoziati in un mercato pubblico: Gli Stati membri possono consentire o prescrivere a) alle società di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti annuali b) alle società diverse da quelle di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti consolidati e/o i loro conti annuali conformemente ai principi contabili internazionali adottati […]” In altre parole, l’articolo precedente prescrive che i bilanci consolidati delle capogruppo quotate devono conformarsi agli IAS/IFRS, mentre questo articolo prescrive che gli Stati Membri possono richiederlo in tutti gli altri casi: bilanci non consolidati di capogruppo quotate, bilanci consolidati di capogruppo non quotate, bilanci d’esercizio di aziende non capogruppo.

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Poi la cessione della nostra sovranità perpetrata dai nostri politici a favore della Comunità Europea prende la forma del recepimento della legislazione comunitaria nella legislazione nazionale, e così l’adozione degli IAS/IFRS da parte della Comunità Europea diventa la loro adozione da parte dello Stato membro Italia, che a sua volta esercita le opzioni previste in essa:
“DECRETO LEGISLATIVO 28 febbraio 2005, n. 38, Esercizio delle opzioni previste dall'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali.”
“Art. 1. Principi contabili internazionali
1. Ai fini dell'applicazione del presente decreto, per «principi contabili internazionali» si intendono i principi contabili internazionali e le relative interpretazioni adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002.” Giusto nel caso non fosse chiaro, come sopra.
“Art. 2. Ambito di applicazione
1. Il presente decreto si applica a: […]
c) le banche italiane […]; le societa' finanziarie italiane […] che controllano banche o gruppi bancari […]; le societa' di partecipazione finanziaria mista italiane […] che controllano una o piu' banche o societa' finanziarie […] qualora il settore di maggiore dimensione all'interno del conglomerato finanziario sia quello bancario […]; le societa' di intermediazione mobiliare […] (SIM); le societa' finanziarie italiane che controllano SIM o gruppi di SIM […]; le societa' di gestione del risparmio […];
le societa' finanziarie […]; le societa' finanziarie che controllano societa' finanziarie […], o gruppi finanziari iscritti nell'albo […];
le agenzie di prestito su pegno […]; gli istituti di moneta elettronica […]; gli istituti di pagamento […]” L’Italia esercita l’opzione concessa agli Stati membri al massimo, coprendo più o meno chiunque maneggi moneta scritturale, preparando così la strada al consentire a tutti loro di partecipare alla festa.

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Poi per buona misura la Banca d’Italia in qualità di autorità di controllo ribadisce il concetto a sua volta:
“Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Parte Prima, n.12, Sabato 14 gennaio 2006, supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 11 del 14 gennaio 2006, Serie generale. Banca d’Italia, Provvedimento 22 dicembre 2005, Istruzioni per la redazione del bilancio dell’impresa e del bilancio consolidato delle banche e delle societa' finanziarie capogruppo di gruppi bancari. – Il bilancio bancario: schemi e regole di compilazione. Circolare n. 262 del 22 dicembre 2005” Come detto, come sempre i vari “Visto il…” iniziali sono un buon punto di partenza per indagare sulla base di quali leggi chi faccia cosa: il legislatore comunitario, il legislatore italiano, la banca centrale italiana.
“Capitolo 1. Principi generali
1. Destinatari delle disposizioni
Le presenti istruzioni si applicano alle banche iscritte nell’albo di cui all’art. 13 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 – recante il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di seguito denominato “T.U.B.” – e gli enti finanziari di cui all’art. 1, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87 (successivamente definito “decreto 87/92”) (Si tratta delle società finanziarie capogruppo dei gruppi bancari iscritti nell’albo di cui all’art. 64 del Testo Unico.)
In particolare: le banche italiane di cui all’art. 1 del T.U.B. nonché le società finanziarie capogruppo dei gruppi bancari iscritti nell’albo di cui all’art. 64 del T.U.B. redigono per ciascun esercizio il bilancio dell’impresa e, ove ne ricorrano i presupposti ai sensi del “decreto 87/92”, il bilancio consolidato in conformità dei principi contabili internazionali di cui all’art. 1 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38 (di seguito “principi contabili internazionali” e “decreto IAS”) […] e secondo le disposizioni contenute nel presente fascicolo; […]”

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Passo ulteriore, la Commissione Europea riunisce tutti gli IAS/IFRS in un unico testo di legge:
“Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. L 320 del 29 novembre 2008, REGOLAMENTO (CE) N. 1126/2008 DELLA COMMISSIONE del 3 novembre 2008, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio
La Commissione delle Comunità Europee, […] considerando quanto segue: […]
(3) I diversi principi internazionali sono stati adottati con una serie di regolamenti di modifica, il che causa incertezza giuridica e ostacola la corretta applicazione dei principi contabili internazionali nella Comunità. Per semplificare la legislazione comunitaria in materia di principi contabili e migliorarne la chiarezza e la trasparenza, è opportuno riunire in un unico testo i principi contenuti attualmente nel regolamento (CE) n. 1725/2003 e nei successivi atti di modifica. […] ha adottato il presente regolamento:
Articolo 1: Sono adottati i principi contabili internazionali ai sensi dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1606/2002 figuranti in allegato al presente regolamento.

Se il dove investigheremo sono questi IAS/IFRS, il su cosa investigheremo è la contabilità; perciò, prima che inizi a sbadigliare per noia o incomprensione, vediamo di chiarire che fortunatamente quel che ci interessa è basilare, ed è semplice.
La legge impone a qualunque azienda di rivelare periodicamente i propri affari in una forma di dominio pubblico chiamata bilancio d’esercizio, formata da alcuni documenti contabili, i cui due principali si chiamano stato patrimoniale e conto economico. Entrambi nella loro essenza sono così basilari e semplici che possono venire liberamente usati da qualunque persona, gruppo o attività, non solo obbligatoriamente dalle aziende; così userò qui la medesima convenzione usata negli IAS e chiamerò “entità”, piuttosto che “azienda”, quella che redige questi documenti.

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Sia il conto economico che lo stato patrimoniale iniziano prendendo carta e penna e dividendo un foglio in due colonne, ed entrambi terminano bilanciando le cifre in ciascuna colonna così che i loro totali siano uguali.
Il conto economico riporta quanto è accaduto entro un determinato periodo di tempo, solitamente quello fra il precedente bilancio d’esercizio e quello corrente: lo stato patrimoniale riporta lo stato di cose in un istante specifico, solitamente quello del bilancio d’esercizio corrente. Il conto economico è la registrazione di un periodo di tempo, lo stato patrimoniale è l’istantanea di un momento.
Il conto economico riporta le entrate durante quel determinato periodo di tempo in un colonna, e le uscite durante quello stesso periodo nell’altra colonna; la loro differenza è il profitto o la perdita in quello stesso periodo, e viene inserito nell’una o nell’altra colonna, così che i loro totali siano uguali.
Lo stato patrimoniale riporta il patrimonio a disposizione dell’entità in uno specifico momento in una colonna, ed a chi l’entità deve quel patrimonio nell’altra colonna.
In questa indagine ci interessa solo lo stato patrimoniale, e così, mettendo da parte il conto economico, spiegherò il significato delle due colonne dello stato patrimoniale.
L’entità cui lo stato patrimoniale si riferisce è un’entità operativa, e per operare essa deve avere delle risorse con le quali operare, quali conoscenza, denaro, personale, terreni, edifici, impianti, macchinari, materie prime, energia, ecc. Le risorse che l’entità possiede sono elencate nella colonna chiamata “attività”.
(A proposito del termine “attività”, il linguaggio contabile italiano crea un’ambiguità che è meglio chiarire: in questo ambito, “attività” non significa “insieme di azioni rispondenti ad uno scopo comune”, ma significa “risorsa/risorse di cui si dispone”.)
Le risorse possedute dall’entità sono state acquistate con dei fondi, e l’entità rende conto di quei fondi a coloro che li hanno forniti. I fondi ed i loro fornitori sono elencati nella colonna chiamata “passività”.

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In entrambe le colonne, attività e passività, le cifre non sono introdotte a casaccio, ma raggruppate per categorie. Le attività sono raggruppate fondamentalmente in base al grado in cui immobilizzano i fondi impiegati: mentre i fondi sono immediatamente recuperabili dalla cassa, essi sono recuperabili più o meno rapidamente, facilmente ed interamente da ciascuna delle varie categorie di attività citate sopra. Le passività, d’altro canto, sono raggruppate fondamentalmente in due categorie di finanziatori: quelli che sono proprietari dell’entità e quelli che non lo sono. Sia attività che passività possono senz’altro essere raggruppate in categorie più articolate, ma queste sono quelle basilari. Profitti e perdite verificatisi nel corso del determinato periodo di tempo fra il precedente stato patrimoniale e quello attuale divengono incrementi e diminuzioni delle attività nello stato patrimoniale corrente; dato che i totali delle due colonne devono essere uguali, l’incremento o decremento deve venire riportato nella colonna delle passività, il che significa che l’entità risponde di questo ai suoi finanziatori, proprietari e non proprietari, che vedono aumentare o diminuire i loro capitali investiti.

Tornando alla nostra indagine negli IAS/IFRS, un’altra ragione per cui essa è relativamente semplice è che è circoscritta al denaro, perciò quanto segue è selezionato per aprire uno stretto sentiero in una giungla finanziaria altrimenti forse inestricabile.

Questi IAS/IFRS vengono identificati da numeri, e la nostra indagine ci porta allo IAS 39, Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione. La moneta scritturale dei banchieri è uno strumento finanziario, e qui è dove gli strumenti finanziari sono riconosciuti come tali e quindi misurati, in contabilità ed ufficialmente nel bilancio d’esercizio.
Siamo in cerca di definizioni, e così nello IAS 39 troviamo “Definizioni, paragrafo 8”, che richiama lo IAS 32, paragrafo 11: “8. I termini definiti nello IAS 32 sono utilizzati nel presente Principio con i significati specificati nel paragrafo 11 dello IAS 32. Lo IAS 32 definisce i seguenti termini: – strumento finanziario, – attività finanziaria, – passività finanziaria, […] e fornisce indicazioni per l’applicazione di tali definizioni.”

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Lo IAS 32, Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio, tratta un punto successivo nella sequenza: lo IAS 39 indica se qualcosa sia uno strumento finanziario e, se lo è, come vada misurato, e poi lo IAS 32 indica come vada presentato nel bilancio d’esercizio. Lo IAS 32, Appendice, Guida Operativa, paragrafo AG2, lo conferma: “AG2. Il presente Principio non tratta la rilevazione o la valutazione degli strumenti finanziari. Le disposizioni concernenti la rilevazione e la valutazione delle attività e passività finanziarie sono contenute nello IAS 39.”
Quindi, le sue definizioni sono valide nell’ambito dello IAS 39, e per quanto riguarda la nostra indagine sul denaro sono come segue:
“Definizioni (cfr. anche paragrafi da AG3 A AG23) (cfr. significa “vedi anche”, n.d.a.), paragrafo 11. I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:
Uno strumento finanziario è qualsiasi contratto che dia origine a un’attività finanziaria per un’entità e a una passività finanziaria […] per un’altra entità.
Una attività finanziaria è qualsiasi attività che sia: a) disponibilità liquide; […] c) un diritto contrattuale […] a ricevere disponibilità liquide […].
Una passività finanziaria è qualsiasi passività che sia: a) un’obbligazione contrattuale […] a consegnare disponibilità liquide […].”
“Definizioni (paragrafi 11−14), Attività e passività finanziarie
AG3. La moneta (disponibilità liquide) è un’attività finanziaria in quanto rappresenta il mezzo di scambio e per questo è la base sulla quale tutte le operazioni sono misurate e rilevate nel bilancio. Un deposito di disponibilità liquide in una banca o in un analogo istituto finanziario è un’attività finanziaria perché rappresenta il diritto contrattuale del depositante a ottenere disponibilità liquide dall’istituto o a emettere un assegno o uno strumento analogo in favore di un creditore attingendo al deposito per il pagamento di una passività finanziaria.
AG4. Esempi comuni di attività finanziarie che rappresentano un diritto contrattuale a ricevere in futuro disponibilità liquide e di corrispondenti passività finanziarie che rappresentano un’obbligazione contrattuale a consegnare in futuro disponibilità liquide sono: […] c) crediti e debiti per prestiti […]. In ciascun caso, il diritto contrattuale di una parte a ricevere (o l’obbligazione a pagare) disponibilità liquide corrisponde all’obbligazione a pagare (o al diritto a ricevere) dell’altra parte.”

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Così come lo IAS 32, anche lo IAS 7, Rendiconto finanziario, trattando l’aspetto specifico del flussi di cassa, segue il precedente IAS 39 in sequenza logica; perciò, possiamo ragionevolmente assumere che un paio di definizioni nel suo paragrafo 6 ed una richiesta nel suo paragrafo 24 siano valide in generale:
“Definizioni, 6. I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati:
Disponibilità liquide comprendono la cassa e i depositi a vista.
Disponibilità liquide equivalenti rappresentano investimenti finanziari a breve termine e ad alta liquidità che sono prontamente convertibili in valori di cassa noti e che sono soggetti a un irrilevante rischio di variazione del loro valore.
Flussi finanziari sono le entrate e le uscite di disponibilità liquide e mezzi equivalenti. […]
24. I flussi finanziari derivanti da ciascuna delle seguenti attività degli istituti finanziari possono essere presentati al netto:
(a) incassi e pagamenti per l’accettazione e il rimborso di depositi con una data di scadenza determinata; […]”

Prima che traiamo qualche conclusione, giusto per essere doppiamente sicuri, controlliamo se altri IAS/IFRS si applichino:
IAS 39, paragrafo 2: “Ambito di applicazione, 2. Il presente Principio deve essere applicato da tutte le entità a tutti i tipi di strumenti finanziari fatta eccezione per: […]”, dopodichè nessun elemento nella lista che segue sembra mostrare alcuna pertinenza con il denaro. Una prima conferma dello IAS 39.
IAS 37, Accantonamenti, passività e attività potenziali. Che cosa c’entra lo IAS 37 con il denaro? Beh, dal momento che stiamo indagando su una creazione di potere d’acquisto dal nulla, potremmo considerare di essere nelle vicinanze dell’attività potenziale, e lo IAS 37 la definisce al paragrafo 10: “Definizioni, 10. Un’attività potenziale è una attività possibile che deriva da fatti passati e la cui esistenza sarà confermata solamente dal verificarsi o dal non verificarsi di uno o più fatti futuri incerti non totalmente sotto il controllo dell’entità.” Quindi vediamo il suo paragrafo 2: “Ambito di applicazione, 2. Il presente Principio non si applica agli strumenti finanziari (incluse le garanzie) che rientrano nell’ambito di applicazione dello IAS 39 Strumenti finanziari: rilevazione e valutazione.” Una seconda conferma dello IAS 39.

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IAS 38, Attività immateriali. Che cosa c’entra lo IAS 38 con il denaro? Beh, dal momento che il potere d’acquisto creato dal nulla su cui stiamo investigando è nella forma immateriale del denaro scritturale, potremmo considerare di essere nelle vicinanze dell’attività immateriale, e lo IAS 38 definisce sia “attività materiale” che “attività” al paragrafo 8: “I seguenti termini sono usati nel presente Principio con i significati indicati: […] Un’attività immateriale è un’attività non monetaria identificabile priva di consistenza fisica. […] L’attività è una risorsa: a) controllata dall’entità in conseguenza di eventi passati; e b) dalla quale sono attesi benefici economici futuri per l’entità.” Quindi vediamo il suo paragrafo 2: “Ambito di applicazione, 2. Il presente Principio deve essere applicato per la contabilizzazione di attività immateriali, eccetto che per: […] (b) le attività finanziarie, come definite dallo IAS 32 Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio; […]” Una terza conferma dello IAS 39.
IFRS 9, Strumenti Finanziari. Che cosa c’entra lo IFRS 9? Grazie a quanto avidamente i legislatori sovranazionali e nazionali hanno adottato gli IAS/IFRS a scatola chiusa, la parola dell’International Accounting Standards Board, Consiglio per gli standard contabili internazionali, è legge: e così quando hanno detto che lo IFRS 9 sostituiva lo IAS 39, lo IFRS 9 ha sostituito lo IAS 39. Con forza di legge. E quindi? Nessuna modifica rilevante: alcune definizioni, fra cui quelle che ci interessano qui, strumento finanziario, attività finanziaria e passività finanziaria, sono state prese dallo IAS 32, paragrafo 11, ed inserite nello IFRS 9; anche se ci sono stati alcuni cambiamenti in esse, le loro parti rilevanti ai fini della nostra indagine non sono cambiate. Paragrafo 2: “2. Definizioni ed ambito di applicazione, 2.1. Definizioni, Uno strumento finanziario è qualsiasi contratto che dia origine a un’attività finanziaria per un’entità, e a una passività finanziaria […] per un’altra entità. […] Una attività finanziaria è definita come qualsiasi attività che sia: […] disponibilità liquide, […] un diritto contrattuale […] a ricevere disponibilità liquide […]. Una passività finanziaria è definita come qualsiasi passività che sia: […] un’obbligazione contrattuale […] a consegnare disponibilità liquide […].” E così, questo è tutto riguardo all’IFRS 9.

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Infine, un’osservazione marginale: gli IAS/IFRS abbracciano qualunque tipo di attività, ma le banche sono differenti. Fortunatamente, è marginale perché non influenza la nostra analisi, e la cito solo per amore di completezza e per prevenire una potenziale fonte di confusione. Lo IAS 7, nel paragrafo 6, definisce tre tipi di attività (qui attività significa, come già accennato, “insieme continuativo di azioni rispondenti ad uno scopo comune”, e non “risorse di cui dispone l’entità economica”):
“Attività operativa rappresenta le principali attività generatrici di ricavi dell’entità e le altre attività di gestione che non sono di investimento o di finanziamento.
Attività di investimento comprende l’acquisto e la cessione di attività immobilizzate e gli altri investimenti finanziari non rientranti nelle disponibilità liquide equivalenti.
Attività di finanziamento rappresenta l’attività che comporta la modifica della dimensione e della composizione del capitale proprio versato e dei finanziamenti ottenuti dall’entità.”
Quindi, se coltivo patate, coltivare e vendere patate è la mia attività operativa, usare i miei risparmi per comprare macchinari o una quota nell’attività del mio amico è la mia attività d’investimento, e vendere quote della mia attività o farmi prestare fondi, diciamo, da un banchiere, per comprare le sementi è la mia attività di finanziamento.
Viceversa, gli stessi “fondi” che ho preso in prestito, per il banchiere che me li ha prestati, sono la sua attività operativa. Vale a dire, la differenza fra gli altri tipi di attività ed il banchiere è che i prestiti sono attività finanziarie per le altre entità ed attività operative per il banchiere. Tuttavia, come ho detto, questa differenza non influenza la nostra analisi.

È stato detto che repetita iuvant, le ripetizioni giovano: che la comprensione di un argomento è proporzionale al numero di volte che lo si studia, e questo è un motivo per cui, ora che abbiamo messo le papere in fila, facciamo un passo indietro, diamo loro un nuovo sguardo d’insieme, ed iniziamo ad unire i puntini.

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Un banchiere fa un prestito ad un mutuatario. Essi firmano un contratto di prestito. Il contratto è un diritto contrattuale del mutuatario a ricevere il prestito adesso ed un’obbligazione contrattuale del banchiere a consegnare il prestito adesso, ed un diritto contrattuale del banchiere al rimborso del prestito in futuro ed un’obbligazione contrattuale del mutuatario a rimborsare il prestito in futuro.
Come viene erogato il prestito? Il mutuatario deve aprire un conto corrente, ed il banchiere eroga il prestito accreditandolo su quel conto.
Per definizione, le disponibilità liquide comprendono la cassa ed i depositi a vista. I depositi a vista includono i conti correnti, se addirittura non sono sinonimi. Quindi, l’oggetto del contratto, il prestito erogato accreditando quel conto, sono disponibilità liquide.
Per definizione, un’attività finanziaria è disponibilità liquide o un diritto contrattuale a ricevere disponibilità liquide, ed una passività finanziaria è un’obbligazione contrattuale a consegnare disponibilità liquide. Quindi, le disponibilità liquide ed i diritti contrattuali a ricevere disponibilità liquide del contratto sono attività finanziarie, e le obbligazioni contrattuali a consegnare disponibilità liquide del contratto sono passività finanziarie.
Per definizione, un contratto che dia origine ad un’attività finanziaria per un’entità, e ad una passività finanziaria per un’altra entità è uno strumento finanziario. Quindi, per definizione, quel contratto di prestito è uno strumento finanziario.
E, sempre per definizione, uno strumento finanziario è un contratto che DÀ ORIGINE ad un’attività finanziaria per un’entità, e ad una passività finanziaria per un’altra entità…

Per definizione da dizionario, dare origine, sinonimo di originare, significa: “far nascere, far derivare.” Ancora più chiara è la definizione dell’equivalente inglese, “to give rise”: “essere la causa o la fonte di; produrre.”

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Dove ha preso il banchiere il denaro che ha prestato al mutuatario, questo è il dilemma. Secondo il vangelo bancario tradizionale, il banchiere è un mero intermediario: presta il denaro ricevuto e nessun altro. Ma ahimè, i dogmi sono destinati a svelare la loro vera natura sotto l’azione erosiva dei ricercatori che sbattono fatti e prove sotto i nasi recalcitranti della gente nonostante il fuoco di sbarramento dei cani poliziotto.
Abbiamo sentito della bolla finanziaria mondiale: la quantità di potere d’acquisto finanziario esistente sul pianeta è attualmente circa decine e decine di volte la quantità di prodotti e servizi esistenti. Conseguenze a parte, ciò implica necessariamente che qualcuno crea quelle quantità inenarrabili di potere d’acquisto in forma monetaria e similari, giusto? E se i banchieri fossero solo quei meri intermediari del credito di cui ci parla il loro vangelo tradizionale, allora chi sarebbe a farlo? Forse i banchieri centrali, il cuo vangelo tradizionale è a loro volta “combattere l’inflazione”, che si potrebbe riformulare anche come “limitare l’ammontare di denaro esistente”? Data la posizione dei banchieri centrali nella società, persino noi poveri sudditi dei media dominanti verremmo a sapere di un simile caso flagrante mondiale di dire una cosa e fare il contrario.

Diamo un’altra occhiata alle nostre papere in fila, e riesaminiamo come i puntini ora si uniscano fra loro:
Dare origine, originare, significa: “far nascere, far derivare; essere la causa o la fonte di; produrre.”
Il Verbo degli IAS/IFRS è legge, e dice:
Il contratto di prestito è uno strumento finanziario.
Uno strumento finanziario dà origine ad attività finanziarie e passività finanziarie.
un’attività finanziaria è disponibilità liquide o un diritto contrattuale a ricevere disponibilità liquide.
Le disponibilità liquide sono cassa o depositi a vista.

E adesso colleghiamo il primo e l’ultimo puntino, direttamente:
Il contratto di prestito dà origine al deposito a vista. Il quale è disponibilità liquide.
Benvenuto al tabernacolo del Sacro Gaap.
Che ne dici di sostare qualche minuto in meditazione, per affrontare lui, la sua portata, i suoi perpetratori e le sue vittime?
Se c’è qualcosa che ti chiedo, è la capacità di di affrontare. Un’illimitata capacità di affrontare senza tirarti indietro od evitare. E se c’è un singolo punto in cui ti chiedo tutto ciò, è questo.

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E già che parliamo di affrontare il Sacro Gaap, non dimentichiamo di affrontare anche la sua capacità di proiettarsi nell’eternità, fondata sulle camere di compensazione ed il reflusso bancario che abbiamo visto prima. Nel farlo, aiutiamoci mettendo qualche altra papera in fila; per quanto ovvie possano essere, è la loro esistenza ad essere rilevante.
Queste papere sono alcune definizioni nello IAS 7, che una volta messe in fila ci dicono alcune cose: Per un’istituzione finanziaria, i flussi finanziari derivanti da incassi e pagamenti per l’accettazione e il rimborso di depositi potrebbero venire presentati in un certo modo, e non è tanto il come siano presentati che ci interessa, quanto piuttosto ci interessa l’affermazione implicita che incassi e pagamenti per l’accettazione e il rimborso di depositi SONO flussi finanziari. Ed i flussi finanziari sono le entrate e le uscite di disponibilità liquide e mezzi equivalenti, dove con mezzi equivalenti si intendono quei modi di investire le disponibilità liquide dai quali le disponibilità liquide sono recuperabili immediatamente ed interamente, e dove – cosa questa più importante – con entrate ed uscite si intendono quei flussi finanziari che entrano come tali nel bilancio d’esercizio.
E quindi? Se uniamo ancora una volta il primo e l’ultimo puntino, abbiamo che le disponibilità liquide dai rimborsi sono flussi finanziari che entrano nel bilancio d’esercizio. Per quanto ovvio possa essere, stiamo qui guardando al reflusso bancario: il denaro scritturale delle banche commerciali, la promessa della cosa che finge di essere la cosa promessa, non cessa affatto di esistere quando rimborsata dal primo mutuatario, ma decisamente all’opposto continua ad esistere indefinitamente, come provato dal suo viaggio infinito attraverso i bilanci d’esercizio.
Funziona così: il banchiere ha prestato dei quattrini, ed il relativo credito è stato iscritto negli attivi del suo bilancio alla voce crediti; quando il mutuatario restituisce dei quattrini, quel credito nel bilancio è ovviamente decurtato di quei quattrini, e se quel denaro scritturale venisse distrutto questo sarebbe tutto; invece, ed alquanto diversamente, ha luogo anche UN’ALTRA scrittura contabile: in parallelo al decurtare quel credito di quei quattrini, il banchiere incrementa gli attivi del suo bilancio di quegli stessi quattrini alla voce cassa. In breve: quei quattrini restituiti tolti dai crediti non vengono distrutti, ma trasferiti alla cassa. Reflusso bancario.

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Per aiutarti ad espandere ulteriormente la tua capacità di affrontare, è stato detto che, per valutare un dato, devi avere almeno un altro dato al quale paragonarlo. Difficile valutare un apriscatole, se fosse l’unica cosa esistente nell’intero universo.
E allora paragoniamo quanto sopra con quanto segue:

Cosa piuttosto interessante, queste definizioni sopracitate non si applicano alle attività finanziarie:
Un’attività è una risorsa controllata in conseguenza di eventi passati.
Un’attività potenziale è una attività possibile che deriva da fatti passati e la cui esistenza sarà confermata solamente dal verificarsi o dal non verificarsi di uno o più fatti futuri incerti non totalmente sotto il controllo dell’entità.

Gli eventi e le loro registrazioni sono due sfere distinte e separate. La registrazione di un suono non è il suono, il ricordo di un fatto non è il fatto, e la registrazione contabile di un fatto economico non è il fatto economico. Gli eventi accadono, le registrazioni registrano il loro accadere. Le registrazioni dei fatti, siano esse in registratori, menti o libri contabili, non sono i fatti, e non li sostituiscono. Anzi, al contrario, il fatto è il requisito della registrazione: niente fatto, niente registrazione, dato che non c’è nulla da registrare in primo luogo.

La contabilità, bilancio d’esercizio compreso, è uno strumento di registrazione. Essa registra i fatti economici significativi per un’entità, quantificandoli in termini di denaro in quanto unità di conto. C’è una causa, il fatto economico, e c’è il suo effetto, la relativa scrittura contabile.
Le summenzionate definizioni di attività ed attività potenziale sono fedeli alla natura della contabilità, in quanto dichiarano che se un’entità controlla un’attività ciò è il risultato di eventi passati: qualcosa si è effettivamente verificato nel mondo reale là fuori, che ha portato quella risorsa sotto il controllo dell’entità, e successivamente la relativa scrittura contabile si limita a registrarlo e documentarlo. Se l’entità acquisisce un’attività, questo è un fatto. Come tale, la sua acquisizione può avere rilevanza legale, come un atto d’acquisto. Nessuno dei due ha alcunchè a che fare con la contabilità; la contabilità viene dopo il fatto e lo registra come fatto economico.

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Quindi, la contabilità documenta i fatti. Non si sostituisce ad essi. Ma sembra che alcuni animali siano più uguali degli altri, dato che il Verbo del Consiglio per gli standard contabili internazionali, e dei legislatori che lo adottano come legge, sembra stabilire diversamente, quando si tratta di denaro e finanza. Dopo avere sostato prima in meditazione su meccanismo, portata, perpetratori e vittime, uno adesso è portato facilmente a sostare in meditazione di nuovo, stavolta per affrontare il dilemma: queste persone, a chi rispondono?

Secondo gli IAS/IFRS, quando un banchiere fa un prestito, nel farlo dà origine a ciò che presta. Secondo gli IAS/IFRS, quando un banchiere fa un prestito, nel farlo lo strumento contabile diviene il bene da contabilizzare: la registrazione contabile di un bene, la cui esistenza e proprietà dovrebbero essere fatti materiali e giuridici, da descrizione del bene diviene il bene stesso.

E sempre secondo gli IAS/IFRS, c’è persino più di quanto già non sembri…

Dal momento che il contratto di prestito, in quanto strumento finanziario, dà origine ad attività finanziarie, vale a dire disponibilità liquide, e le disponibilità liquide comprendono la cassa e i depositi a vista, potrei sbagliarmi ma, a mio modesto parere, gli IAS/IFRS conferiscono al banchiere l’inaudito privilegio di produrre quel che crea dal nulla anche fisicamente: come contante tanto quanto come depositi a vista.

E dal momento che gli IAS/IFRS sembrano discutere tutto quanto sopra in termini di finanza piuttosto che in termini di moneta, di nuovo potrei sbagliarmi ma, a mio modesto parere, gli IAS/IFRS conferiscono tutto quanti i privilegi qui sopra non soltanto a coloro che prestano disponibilità liquide, ma potenzialmente anche a tutti coloro che trattano finanza, espandendo drasticamente tale privilegiato settore del credito. Nel riesaminare la definizione di strumento finanziario da questo punto di vista, possiamo vedere che probabilmente non c’è limite ai tipi di contratto che possono dare origine ad attività finanziarie e passività finanziarie, come pure ai tipi di diritti contrattuali di ricevere disponibilità liquide e di obbligazioni contrattuali a consegnarle. Prodotti finanziari, polizze assicurative, fondi pensione sono solo i primi esempi a venire in mente.

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Prima che sostiamo una terza volta in meditazione (sta diventando un’abitudine, vero?), questa volta per affrontare la sopracitata bolla finanziaria mondiale, e come questi IAS/IFRS potrebbero essere essenziali per essa, ti vorrei richiamare la mia personale bozza di definizione di ciò di cui stiamo parlando qui, quello che ho prima etichettato “signoraggio terziario”: potere d’acquisto creato dal nulla in qualsiasi forma, fisica o dematerializzata, che non si preoccupa nemmeno più di fingere di essere denaro portandone il nome. Immagino che la facilità e velocità con le quali la catena di Sant’Antonio della finanza globale va in orbita sino a ben oltre il sistema solare dimostri in qualche modo che qualcosa – o, in ultima analisi, qualcuno – le spiana la strada.

Parlando di come i legislatori spianino la strada al banchiere, torna utile un esempio. Lo IAS 32, paragrafo AG3, ci dice che un deposito di disponibilità liquide in una banca o in un analogo istituto finanziario è un’attività finanziaria. Un’attività appartenente al suo depositante, giusto? Beh, in un certo senso… non esattamente. Ricordi quando abbiamo visto come il banchiere non sia un consegnatario ma un debitore del denaro che hai depositato presso di lui? Nel momento in cui gli consegni i tuoi quattrini, non sono più tuoi, sono suoi; e lui ti deve semplicemente lo stesso ammontare, si spera. Non è cosa da poco, no? Ma non è solo che, se dovesse andare in fallimento, quei quattrini rientrerebbero nel fallimento come attività del banchiere, e così tutto quel che potresti fare sarebbe solo metterti speranzosamente in coda con i suoi creditori insoddisfatti; questa ne è solo una sfaccettatura. Lo scopo principale del trucco è che, se è lui il proprietario del tuo denaro, quel denaro verrà conteggiato come parte delle sue riserve, sulle quali può fare leva finanziaria con la sua riserva frazionaria. Dal nulla, ma ahimè ancora non completamente, e così ha bisogno che il tuo denaro sia formalmente suo.
E così ecco venire in soccorso del banchiere, nella legge italiana presa ad esempio, l’articolo 1834 del Codice Civile: “Nei depositi di una somma di denaro presso una banca, questa ne acquista la proprietà […]”. Ecco, il signore è servito.

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Abbiamo fatto un gran parlare di questi due tipi di denaro, la moneta “legale” emessa dalla banca centrale, e la moneta “bancaria”, “scritturale” emessa dalle banche commerciali; per i nostri scopi qui, abbiamo messo da parte le questioni relative alla moneta “legale” ed abbiamo presunto che quella fosse la moneta reale, emessa legittimamente dal detentore legittimo della sovranità monetaria, per poterci concentrare, ed indagare, sulla moneta delle banche commerciali. Ora penso che sia venuto il momento di rendere esplicita un’ambiguità la cui presenza è implicita nella moneta scritturale delle banche commerciali dalla prima papera che abbiamo messo in fila: denaro effettivo o promessa di denaro?

Iniziamo dallo IAS 32, Appendice, Guida Operativa, dal suo paragrafo AG3 citato prima.
Una prima osservazione è che esso dice che la ragione per cui le disponibilità liquide sono un’attività finanziaria è perché rappresentano il mezzo di scambio. Un mezzo di scambio non ha necessariamente valore intrinseco, e “rappresentare” non significa necessariamente “essere”, quindi qui ad entrare come attività finanziaria nel bilancio d’esercizio è qualcosa che potrebbe non essere nemmeno il mezzo di scambio, il quale a sua volta potrebbe non avere valore intrinseco. Un po’ confuso, ma forse propedeutico per qualcos’altro.
Una seconda osservazione è che esso dice che la ragione per cui un deposito di disponibilità liquide è un’attività finanziaria è perché rappresenta il diritto del depositante alle disponibilità liquide od a trasferire quel diritto ad altri. E qui il punto è questo: quando il denaro non è fisicamente nelle nostre mani ma “depositato”, è ancora denaro, o è una promessa di denaro? Dopo tutto, lo IAS 7 nelle definizioni, paragrafo 6, ci dice che sia la cassa che i depositi a vista sono disponibilità liquide, e questo non ci aiuta a riordinare le idee circa denaro e disponibilità liquide.

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Il denaro scritturale delle banche commerciali ha una natura deliberatamente ambigua: quando fa comodo ai banchieri, è denaro; quando fa comodo ai banchieri, non è denaro ma una promessa di denaro. Quando deve essere denaro per produrre potere d’acquisto per il banchiere, lo è; quando non deve essere denaro per evitare di essere contabilizzato dal banchiere come attività, non lo è. Tutta la sua esistenza è all’insegna di questa ambiguità: dalla sua introduzione sino alla fine dei tempi, è una promessa di denaro che circola e viene accettata come denaro, e quindi ha potere d’acquisto come denaro, sintantochè nessuno chieda mai che quella promessa sia mantenuta. E quanto a questo, è stato osservato che tutti i banchieri del mondo si trovano in stato di insolvenza permanente, e si può osservare come si trovino in uno stato di guerra permanente contro il contante – intendo il contante fisico, quello non direttamente sotto il loro controllo.

Come hai visto, il lungo e il largo del privilegio legalizzato dei banchieri, la profondità delle tasche dei loro vecchi pantaloni, sono considerevoli. Rasentano l’infinito. Ma, anche se ben avviati verso di esso, pensi che la velocità sia sufficiente per la loro cupidigia? E se quei vecchi pantaloni gli andassero stretti? E se il bilancio d’esercizio stesso gli andasse stretto?
Ovviamente hanno pensato anche a questo… Basta liberarsene!

“Ed ora qualcosa di completamente diverso”; l’”Uomo del C’è” del circo volante dice: “C’è…”
Le operazioni fuori bilancio.
Per gli amici, “sistema bancario ombra”.

In vista di quanto segue, ci ritroviamo nella necessità di etichettare come attività bancaria “convenzionale” o “tradizionale” ciò che sino ad ora chiamavamo semplicemente “attività bancaria”, la quale è caratterizzata da un modello chiamato “Crea per detenere” (Originate−to−Hold). Questo è tutto ciò che fanno i banchieri, noi pensavamo: creano i prestiti, e detengono i relativi crediti mentre i mutuatari li restituiscono. Lasciando perdere per un momento il trascurabile dettaglio che quella creazione è dal nulla, dal momento che colui che presta è il banchiere, il prestito è inserito come passività, ed il credito corrispondente come attività, nel bilancio del banchiere, e questo è tutto in proposito: il banchiere origina il prestito, il banchiere lo detiene; e lo detiene anche il suo bilancio.

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Al che, quanto segue è un impavida nuova forma di attività bancaria che hanno ritenuto adatto etichettare, sempre più suggestivamente, come “impegni contingenti”, “attività bancaria senza movimento di denaro”, “attività bancaria sotto la linea” , “operazioni invisibili” o “sistema bancario ombra” (in inglese “shadow banking”), la quale è caratterizzata da un modello leggermente diverso – in realtà antitetico, come vedremo – chiamato “Crea per distribuire” (Originate−to−Distribute). Il banchiere crea il prestito, e poi lo vende; lui incassa il corrispettivo, e l’acquirente diviene il detentore del credito corrispondente che il mutuatario rifonderà. Il credito corrispondente è inserito come attività nel bilancio dell’acquirente, non in quello del banchiere, dove rimane solo l’incasso della vendita.

La ragione di questo spostamento da “Crea per detenere” a “Crea per distribuire” si potrebbe a sua volta etichettare: “gettare il sasso e nascondere la mano”.
Sempre lasciando da parte quel trascurabile dettaglio per cui ciò che viene prestato è creato dal nulla e la sua esistenza stessa è alquanto ambigua, come pure le considerevoli implicazioni, quando uno presta qualcosa si espone al rischio di perdere quel qualcosa, se chi lo ha ricevuto in prestito dovesse mancare di restituirlo, in tutto o in parte. Da cui, la dovuta diligenza nel concedere prestiti. Una dovuta diligenza duplice: autoimposta ed obbligatoria.
La dovuta diligenza autoimposta è dettata semplicemente dalla consapevolezza del rischio: in misura del rischio di cui si è consapevoli, ci si impegna a minimizzarlo.
La dovuta diligenza obbligatoria è dettata dalla legge ed è intesa ad impedire che si diventi un rischio troppo grosso per gli altri. Per natura, la comunità e lo stato come sua espressione sono destinati a raccogliere i cocci ed a sistemare le cose quando il comportamento fuori etica di quacuno produce più danno che beneficio, perciò su questa base tendono a tutelarsi preventivamente da tali comportamenti. Nel caso delle banche, il termine “azzardo morale” lo spiega bene: il giornale “The Economist” del 18 dicembre 1987, a pagina 92, è stato citato dichiarare che “le banche si limitano ad intascare le commissioni dimenticando il rischio”, contando sul presupposto che i clienti siano protetti con forme assicurative esplicite o implicite… proprio dai vari enti ufficiali di controllo stessi. Perciò, la dovuta diligenza obbligatoria in ambito bancario prende la forma dei requisiti di capitalizzazione.

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Quando la banca concede un prestito, il credito relativo è contabilizzato nel suo stato patrimoniale come attività. Se il mutuatario non lo restituisce, in parte o del tutto, la perdita viene contabilizzata come svalutazione o cancellazione di quell’attività. Ma… chi sarà a subire la perdita?
Come detto, la banca deve le sue risorse sul lato delle attività del suo stato patrimoniale ai fornitori di quelle risorse sul suo lato delle passività, e vi sono due tipi di fornitori di risorse: proprietari e prestatori. Le risorse fornite dai suoi proprietari costituiscono quel che viene chiamato capitale sociale, o patrimonio netto. Il patrimonio netto è il capitale proprio della banca, la banca appartiene ai suoi proprietari che lo hanno conferito e questi, insieme con la proprietà, si sono assunti anche il rischio d’impresa.
E così quando un mutuatario non restituisce un prestito, è il patrimonio netto della banca a subire la perdita, ed attraverso di esso i proprietari della banca.

Poi c’è il concetto di coefficiente di leva finanziaria: in finanza proprio come in meccanica, una leva è un servomeccanismo che mette in grado di aggiungere altra forza alla propria. Nel lato delle passività dello stato patrimoniale della banca, le risorse fornite dal prestatori sono la forza supplementare aggiunta a quella dei proprietari; il rapporto fra risorse totali e capitale proprio è detto coefficiente di leva finanziaria: per ogni 100 quattrini che la banca presta, quanti appartengono ai suoi proprietari? Più la banca lavora con i soldi degli altri, più alto è il coefficiente di leva finanziaria.

Da un lato, il capitale proprio della banca è una garanzia per i suoi prestatori e clienti: in caso di crediti deteriorati le perdite vengono assorbite dai proprietari attraverso di esso prima di venire scaricate su di loro. Dall’altro lato, proprio come con la riserva frazionaria, più è alto il coefficiente di leva finanziaria e più piccola è la garanzia: data una banca con un capitale proprio di 1, se presta 10 c’è una leva di 10 ad 1, quindi il 10 percento di crediti deteriorati spazzerà via il suo capitale proprio; se invece presta 100, c’è una leva di 100 ad 1, quindi a spazzarlo via basterà l’1 percento di crediti deteriorati.

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Di conseguenza, la dovuta diligenza obbligatoria sotto forma di requisiti di capitalizzazione significa che le banche sono obbligate dalle autorità competenti a llimitare i rischi restando al di sotto di un dato coefficiente di leva finanziaria. Se vogliono aumentare i loro prestiti, giro d’affari, ed introiti, devono aumentare il proprio capitale sociale.
Il che allo stesso tempo aumenta i costi e limita la redditività. E sappiamo che la redditività è proporzionale al rischio. Si dice che il capostipite della famiglia Rothschild abbia detto che il momento di darci dentro è quando il sangue inizia a scorrere per le strade.

Lo spostamento dal modello “Crea per detenere” a quello “Crea per distribuire” è la contromossa del banchiere per sottrarsi a tutti i requisiti di capitalizzazione, sistemi di assicurazione dei depositi, restrizioni normative ed organi di vigilanza intesi a mantenere sotto controllo l’esposizione al rischio delle banche, e continuare ad incrementare rischio di credito e coefficiente di leva finanziaria, e continuare così ad incrementare lo sfruttamento del suo privilegio senz’alcun vincolo di sorta. E per continuare a diffondere il contagio dell’avidità speculativa.

I requisiti di capitalizzazione prendono di mira il rischio di credito, ed il rischio di credito segue il credito; se il banchiere si libera del credito, si è liberato anche del rischio di credito. Quando il banchiere vende il credito, non solo trasforma l’illiquidità in liquidità, ma anche, e soprattutto, svincola la fetta di requisiti di capitalizzazione vincolata da esso.

Se qualcuno deve vendere, qualcuno deve comprare. Ed il compratore può essere qualunque forma di investitore terzo: fondi pensione, gestori patrimoniali, fondi speculativi, nonni coi salvadanai dei nipoti, qualsiasi cosa.
Oppure Dottor Frankenstein, il banchiere stesso, può dar vita ad una “creatura” plasmata a quello scopo, nota come SIV, Structured Investment Vehicle, veicolo di investimento strutturato. Qualunque cosa intendano con tale pomposa etichetta, un SIV è intrinsecamente una sorta di discarica che per produrre reddito o anche solo per autosostentarsi deve indurre investitori terzi a comprare la sua mercanzia.

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E gli investitori terzi devono essere indotti comunque a comprare i prestiti dei quali il banchiere si deve sbarazzare, SIV o non SIV. Questo implica due strategie: divario informativo e dividendi allettanti; gli investitori terzi saranno meno informati del banchiere sul grado di rischio di credito dei crediti che sta vendendo loro, e sul fatto che i loro allettanti dividendi siano artificialmente alti. Ed entrambi gli aspetti ovviamente predispongono la carica esplosiva e la miccia di uno schema piramidale e della sua deflagrazione.
Notavo in precedenza come le definizioni negli IAS/IFRS, a partire da quella di strumento finanziario, potrebbero potenzialmente spianare la strada alla condivisione del “privilegio” del banchiere di creare potere d’acquisto dal nulla con ogni genere di entità finanziaria, e qui vediamo il modello “Crea per Distribuire” dare origine (nelle loro stesse parole…) insieme al contagio dell’avidità speculativa, ad una diffusione dell’attività bancaria stessa ad ogni genere di entità finanziaria priva di licenze bancarie e pertanto al di fuori del perimetro delle regolamentazioni associate. Non che tali regolamentazioni, date le loro premesse, vadano considerate più che una foglia di fico, ma ora cade persino quella. Tutto considerato, direi che quello cui stiamo assistendo qui non è nulla di meno che benzina che fuoriesce da innumerevoli crepe in un immenso deposito di carburanti. Quaggiù fra un po’ farà molto caldo.

Ad esempio, l’epitome di questo contagio speculativo piramidale è il fondo speculativo: una creatura intrinsecamente speculativa, fatta per giocare col fuoco, camminare sul filo, eludere sorveglianza e requisiti regolamentari in modo da giocare giochi di prestigio proprio dove il rischio è maggiore. In breve, non solo il nocciolo intrinsicamente fuori etica della finanza, appropriarsi di denaro dal denaro invece che da produzione etica consegnata, ma ancora peggio fare dell’esacerbarlo senza limite il proprio modus operandi.

Il banchiere stesso è naturalmente alla testa di questa deriva speculativa: i prestiti concessi sono sbolognati, i margini dei requisiti di capitalizzazione ed i “fondi” sono ricostituiti e pronti per nuove avventure in men che non si dica, e quindi avanti tutta! E nuove avventure significa che, dal momento che il rischio di credito non è più un problema del banchiere, dal momento che concedere prestiti più rischiosi porta più prestiti, e con commissioni e profitti superiori, e dal momento che la sua “creatura” da Dottor Frankenstein, l’avidità degli investitori terzi, cresce, il banchiere ha tutte le ragioni di cedere alle lusinghe della, eufemisticamente parlando, “quantità a scapito della qualità”.

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E poi gli investitori terzi seguono a ruota con la loro crescente domanda di più attività e di rendite artificialmente alte. Non è solo che l’occasione fa l’uomo ladro, è piuttosto che il contagio prende la forma del troncare le linee di comunicazione fra l’investitore ed il produttore, e di un’accecante diseducazione, permeante, continua, non rilevata ed incontrastata, ma piuttosto accolta a braccia aperte, secondo la quale lo scopo più elevato nella vita è andare fuori scambio, saccheggiando per un miope bottino immediato la linfa vitale senza la quale l’investimento è condannato. Non è che il banchiere abbia molto a cuore la sopravvivenza dei suoi mutuatari, non più di quanto abbia a cuore l’impadronirsi di loro; è che la cura vitale per l’investimento è tagliata fuori persino di più con tali entità finanziarie non bancarie, ancora più estranee al mutuatario sottostante.

Un anello per antonomasia nella catena di trasmissione dal fuori bilancio alla bolla finanziaria si chiama cartolarizzazione. Quando vedi polpette nel menu di un ristorante scadente, ti domandi cosa mai saranno stati una volta i loro ingredienti, prima di venire cartolarizzati in quelle polpette. Lo sai come vanno le cose, quando il cuoco non è la tua amorevole nonna: tutto viene macinato assieme e, chissà… Più ricco e piccante l’impasto, meno percepibili i rimasugli avariati che ci sono finiti dentro.
La ricetta della cartolarizzazione è alquanto semplice: Hai bisogno di mettere in piedi un recipiente chiamato società di progetto, o SIV, Structured Investment Vehicle, veicolo di investimento strutturato, ma anche SPV, Special−Purpose Vehicle, veicolo per scopi speciali, o SPE, Special−Purpose Entity, entità per scopi speciali. Gli vendi i tuoi prestiti estremamente assortiti – pardòn, ci metti tutti i tuoi variegati ingredienti, e li impasti accuratamente sino ad ottenere un impasto liscio, omogeneo, indiscernibile. (La chiamano “granularità”, intendendo “ripartizione del rischio”: il concetto ha origine dalle parti del buon senso, dove significa minimizzare altruisticamente il potenziale distruttivo di rischi inevitabili inerenti mete costruttive; dalle parti della cartolarizzazione, però, significa minimizzare egoisticamente il potenziale distruttivo di rischi perseguiti deliberatamente inerenti mete distruttive.) Il tuo SIV, SPV, SPE, poi, rivende i tuoi prestiti così “cartolarizzati” agli investitori terzi – pardòn di nuovo, con l’impasto formi un sacco di palline, tutte uguali, e le friggi sinchè non sono croccanti, dorate ed appetitose. (Lo chiamano “riconfezionamento”, ma nel far questo si prendono qualche licenza poetica: in realtà, non si limitano a mettere la stessa paccottiglia in una scatola nuova; prima di mettere la paccottiglia nella scatola nuova la mischiano.)

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Si può mettere assieme qualche dato per confermare quello che tali premesse suggerirebbero: le operazioni fuori bilancio dei banchieri e dei loro amici sono una marea montante accanto, ed in aggiunta, al già di per sé incredibile privilegio concesso loro all’interno del bilancio dalla copertura legale esaminata qui. Vediamone qualcuno:
Nel periodo dal 1980 al primo trimestre del 1987, mentre gli impegni all’erogazione di prestiti delle banche degli Stati Uniti rimanevano piuttosto stabili appena al di sopra del 300 percento del loro capitale, le loro operazioni fuori bilancio sono passate dal 225 percento del loro capitale a più del 1100 percento di esso.
Nel 1987, il valore lordo delle attività fuori bilancio delle banche australiane è il triplo del totale dei loro bilanci.
Sino al 2003, il mercato per la cartolarizzazione dei prestiti negli Stati Uniti raramente sorpassava i 20 miliardi di dollari; nel 2007, ha superato i 180 miliardi di dollari.
E secondo lo Shared National Credit program, un programma condotto dalla Federal Deposit Insurance Corporation, dalla Federal Reserve, e dall’Office of the Comptroller of the Currency, come riferito da un funzionario del New York Federal Reserve Research and Statistics Group, “nel 1988, le banche principali – comprendendo banche commerciali, gruppi bancari, casse di risparmio e società di partecipazione finanziaria, cooperative di credito ed organizzazioni bancarie estere – ritenevano nell’aggregato il 18 percento delle linee di credito ed il 21 percento dei finanziamenti a termine originati in quell’anno. nel 2006, l’ultimo anno prima che i dati riflettessero gli effetti della crisi finanziaria più recente, le banche principali avevano abbassato la loro quota di mercato al 14 percento delle linee di credito da loro originate, e diminuito la loro quota di mercato dei finanziamenti a termine da loro originati al 9 percento. […]

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In altre parole, la fornitura di linee di credito continua ad essere in essenza un “mestiere bancario.” Nel caso dei finanziamenti a termine, tuttavia, il declino della quota aggregata ritenuta dalle banche principali è stato accompagnato da un declino persino più grande della quota dei finanziamenti a termine acquisita da altre banche. Dei 47 miliardi di dollari di finanziamenti a termine originati nel 1988 coperti dallo Shared National Credit program, le banche principali e le partecipanti assieme hanno ritenuto nei loro bilanci l’89 percento dell’ammontare del credito. Dei 315 miliardi di dollari di finanziamenti a termine originati nel 2007, le banche hanno ritenuto nei loro bilanci solo il 44 percento. […] Nel 1993, dei 22,7 miliardi di dollari di finanziamenti a termine che le banche hanno originato, ne vendettero 2,2 miliardi a CLO (presumibilmente, investitori in Collateralised Loan Obligations, obbligazioni su prestiti cartolarizzati, n.d.a.), intermediari e banche d’investimento, gestori di investimenti, società di capitali private, gruppi finanziari, ed istituzioni non bancarie estere – il cosiddetto “sistema bancario ombra”. Nel 2007, dei 315 miliardi di dollari di finanziamenti a termine che le banche hanno originato, ne vendettero 125 miliardi di dollari a queste stesse istituzioni non bancarie. Perciò, nel corso di un periodo di approssimativamente quindici anni, il volume annuale di finanziamenti a termine e del corrispondente rischio di credito che le banche hanno trasferito fuori dal sistema bancario è aumentato di più di 120 miliardi di dollari. Mentre l’impatto che questo trasferimento potrebbe avere sulla stabilità dell’intero sistema finanziario e sulla disponibilità del credito alle aziende non è ancora chiaro, il suo contributo alla crescita degli intermediari finanziari non bancari, compresi quelli del sistema bancario ombra privo di regolamentazione, è evidente.”

Penso che questo dia un’idea del ruolo delle operazioni fuori bilancio nel contesto del Sacro GAAP.

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Prima di tirare le mie conclusioni personali sulla copertura legale della manipolazione monetaria e dei manipolatori monetari, ritengo sia il caso di puntualizzare anche la relazione fra la moneta scritturale bancaria e le operazioni fuori bilancio in generale. Gli studi di Mervyn K. Lewis e Daniele Pace, fra i tanti importanti dettagli sui quali fanno luce, evidenziano anche lo spazio di manovra fuori bilancio per la moneta bancaria.
Ricordandoci che quel “denaro” è un'entità virtuale, immaginata, non fisica, ci rendiamo conto che come tale può esistere, operare, e produrre trasferimento di ricchezza verso il suo creatore, ovunque siano presenti non uno ma due requisiti: non solo il riconoscimento ed accettazione del suo potere d'acquisto, ma anche la presenza dell'infrastruttura fisica che gli permetta di esistere e circolare.
Il vasto ambito delle operazioni fuori bilancio fornisce entrambi tali requisiti, in quanto offre al di fuori dei confini del bilancio ulteriori ampi spazi nei quali la moneta scritturale è riconosciuta, accettata e supportata, e dove può quindi essere sguinzagliata e scatenarsi ancora di più. Infatti, esistono decine di tipi di attività fuori bilancio, e fra di esse almeno una dozzina buona pare collegata direttamente alla creazione, circolazione e persistenza della “promessa di pagamento che volle farsi pagamento”: impegni quali scoperti di conto, linee di credito, linee di credito a sostegno dell’emissione di carta commerciale, linee di credito “standby”, linee di credito rotativo ed accordi di riacquisto; servizi collegati a prestiti quali avvio del prestito, servizio del prestito, trasferimento del prestito, vendita di attività senza diritto di rivalsa, vendita di partecipazioni a prestiti, attività di agente per prestiti consorziali…
Aspetta un attimo! Non vorrai che ci smarriamo in questo campo minato terminologico, vero? Non preoccuparti.
Prima ti avevo avvisato che qui entriamo in un campo minato, un territorio ostile in cui i manipolatori monetari potrebbero fare del “bislinguaggio” (Doublespeak) di 1984 un’arte per nascondere il loro gioco delle tre carte e darci dentro, mentre ci convincono che non c’è alcun gioco delle tre carte, e noi come osiamo anche solo pensarlo. Di conseguenza non c’è bisogno di dire che possono esserci innumerevoli controversie circa cosa sia cosa, cosa si applichi a cosa, e di cosa stiamo parlando in primo luogo, e noi non abbiamo intenzione di abboccare a quest’esca, giusto? Studieremo la semantica e la grammatica legalesi solo sino al punto in cui questo ci porta fuori dal girare in tondo, non oltre quel punto dove ci riporta a farlo.

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Nel suo studio, Lewis osserva: “Da questo confronto appare evidente come pressochè le stesse funzioni bancarie tradizionali vengano attuate fuori bilancio e, per di più, per ragioni essenzialmente analoghe a quelle che ispirano la tradizionale attività d'intermediazione bancaria.” Quella è la sostanza, e quello è ciò che volevamo sapere. Un altro pezzo del mosaico, vicino fra l’altro ad altri pezzi che ci dicono che cosa sia in realtà quella che lui (candidamente?) chiama “intermediazione” bancaria.

Parlando in generale di campi minati semantici, interpretazioni, parole malintese e dell’integrità personale della gente e dei pubblici ufficiali quali politici e giudici, qualunque cosa non è che accordo di maggioranza, semantica e grammatica comprese. E se la maggioranza concorda che due più due fa cinque, beh, nemmeno qualunque disastro naturale risultante servirà.
La maggioranza, in realtà, è maggioranza ponderata, dove ponderata significa che ciascuna persona ha un grado specifico di influenza sugli altri, e quello è il “peso” del suo “voto” nell’accordo di “maggioranza”. Qualunque tipo di potere, che derivi da forza bruta, potere d’acquisto o qualunque autorità, ricade in quel “peso”.
Perciò, qualunque cosa non è che accordo di maggioranza ponderata. E la semantica e la grammatica, le definizioni delle parole e le parole malintese ricadono all’interno di quel “qualunque cosa”, come prodotto di quella maggioranza ponderata.
Abbiamo basato la nostra analisi sulle definizioni, e tale maggioranza ponderata detta le definizioni ed i malintesi delle parole. Quindi, coloro il cui “peso” è maggioranza, che siano i pochi ma potenti o i potenti perché molti, non solo controllano le interpretazioni, le definizioni nel linguaggio ed i malintesi dominanti, ma controllano anche se ad avere la precedenza siano la sostanza oppure i cavilli.

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Signore e Signori, date il benvenuto a 1984 di Orwell. Sii molto ben consapevole che è questo il campo minato in cui ci muoviamo qui. Quindi sii molto ben consapevole anche del punto di vista che devi assumere su definizioni e malintesi: una cosa sono gli accordi di maggioranza, una cosa è l’integrità personale. È stato detto che quello che è vero per te è quello che hai osservato tu stesso, ed è vero sulla base della tua osservazione, della tua osservazione effettiva, e della tua osservazione effettiva soltanto, e quella è l’integrità personale, indipendentemente da quanti giudici possano disporre altrimenti sulla base di interpretazioni, cavilli scappatoia e parole malintese su cui qualsivoglia maggioranza concordi.
Io sostengo il punto di vista che la giustizia è nella sostanza, piuttosto che nei cavilli. La lettera della legge è allo stesso tempo incontrovertibile e suscettibile ad infinite parole malintese, interpretazioni, cavilli e scappatoie, e qualsiasi legge può venire rivoltata in qualsiasi momento da chiunque controlli abbastanza accordo per farlo, e questo è un’altra ragione per la quale prediligo la sostanza rispetto alla forma, in aggiunta ad integrità personale, senso della giustizia e, ultimo ma non per importanza, buon senso. Il mondo è una nave e la gente è il suo equipaggio; una navigazione sicura e con successo è il prodotto di tutte le decisioni giuste prese nei posti giusti nei momenti giusti da coloro che si trovano sul posto, ed il requisito per questo è che ciascuna persona individualmente deve valutare correttamente, e questa è una questione fra quella persona e la realtà, direttamente e senza intermediari che ne scavalchino il giudizio.
Dico questo perché ho raccolto qui tutto quanto sopra in questo spirito, e ti invito a prestare più attenzione ad integrità personale, definizioni, parole malintese e sostanza piuttosto che ad interpretazioni, cavilli e scappatoie concordate da maggioranze ponderate, che sono parte del problema, piuttosto che parte della soluzione.

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Infatti, il modo di venire a capo di ogni possibile confusione circa potere d’acquisto, denaro, le loro nascite e persistenze, circa che cosa conti e se e come la legge si occupi di quello che conta, è distinguere la sostanza dal resto: il potere d’acquisto è una cosa, la sua forma, monetaria o non monetaria, fisica o dematerializzata, è un’altra cosa, ed è il potere d’acquisto che conta, come ben esemplificato dall’attività del falsario.
Dopo tutto, la sostanza dietro i cavilli, i due fatti nudi e crudi alla base del castello di carte del banchiere, sono lì per tutti da vedere, toccare ed esaminare nel suo bilancio: fatto uno, quando il banchiere crea la sua moneta scritturale dal nulla e contestualmente la presta, contabilizza solo il prestito, non la creazione; fatto due, quando la moneta scritturale dal nulla prestata viene restituita al banchiere, non la elimina ma la trasferisce alla cassa e non la elimina mai da lì in avanti. Questo è quanto.

Comunque sia, quali che siano le acrobazie legali e le controversie circa le loro interpretazioni, il punto è il denominatore comune di tutti gli spazi di manovra a disposizione dei banchieri e dei loro amici, sia dentro che fuori del bilancio: sono tutti fatti per rendere possibile e per sfruttare l’elemento di base, l’incredibile privilegio della creazione di potere d’acquisto dal nulla, attraverso ogni suo possibile impiego, ed attraverso ogni possibile vantaggio competitivo derivante da esso. L’intero processo del Sacro GAAP è una messinscena per coprire la creazione e sfruttamento di potere d’acquisto dal nulla e le sue conseguenze e ricadute sino alla trappola del debito infinito. Ed il suo prodotto finale viene conseguito persino prima che il reflusso bancario completi il suo ciclo svincolandolo dal prestito concesso alla sua creazione, dato che quel potere d’acquisto è immediatamente disponibile al banchiere sin dalla creazione stessa del suo “denaro”; doverlo prestare ed attendere sinchè il mutuatario non lo restituisca o non possa essere espropriato non è che un piccolo ma redditizio sacrificio.

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Ed ora vorrei introdurre le mie conclusioni osservando che il come la moneta bancaria venga in “esistenza” è un dogma paragonabile a quello della concezione di Gesù e della verginità della Vergine. Quello che è blasfemo non è il paragonarli, ma quanto il paragone calzi. E non è la verginità della Vergine ad essere discutibile, in valore o in plausibilità; è quella del banchiere che va senz’altro messa in discussione – sia in valore che in plausibilità.
La moneta bancaria c’è, il che contrariamente al dogma dei manipolatori monetari significa che è stata data alla luce, ma il banchiere è estraneo a ciò: la moneta bancaria è nata, ma il banchiere è vergine; vergine di qualunque colpa, vergine di qualunque atto.

A mio parere, la strategia dei banchieri, manipolatori monetari, manipolatori di potere d’acquisto, e dei loro amici che producono le basi legali delle loro operazioni, che emerge dall’analisi dei dati, è una strategia di occultamento ed invisibilità tramite omissione ed omertà, con anche i cavilli scappatoia ridotti al minimo, meno appariscenti e meglio dissimulati possibile.

Oggetto del “dogma”, e della strategia di occultamento ed invisibilità, sono i tre fondamenti chiave dell’intero castello di carte: la natura, la nascita e la persistenza della “moneta” bancaria.

La NATURA della “moneta” scritturale, bancaria è ambigua: è denaro o non è denaro?
Se è denaro, perché i banchieri non sono perseguiti per contraffazione? Oppure, se come sembra non lo sono, dov’è la legge che dichiari esplicitamente che, contrariamente al principio per cui la legge è uguale per tutti, alcuni cittadini sono più uguali degli altri ed è loro concesso come privilegio il diritto di esercitare la sovranità monetaria, mentre il resto dei cittadini è privato di questo stesso diritto da quello stesso stato che poi fa quel buon uso della sovranità monetaria che abbiamo visto?
Se non è denaro, perché viene trattato come se lo fosse? Perché la legge dà man forte al banchiere in tutti i modi possibili nel tenere in piedi la messinscena di una promessa di pagamento spacciata per pagamento?
Se non è denaro, la si potrebbe in qualche modo assimilare alla cambiale? Beh, forse… se non fosse per i trascurabili dettagli che le cambiali dei comuni mortali non fanno finta di essere denaro, e non durano per sempre perché devono avere una data di scadenza. Se è denaro, sotto una giurisdizione che non concede esplicitamente la sovranità monetaria a qualche cittadino più uguale degli altri, non è contraffazione?

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Ma c’è una domanda persino più basilare di quelle precedenti: perché? Qual è il motivo per il banchiere, esattamente, di spacciare una promessa di denaro come se fosse denaro? Voglio dire, non che non lo abbiamo afferrato; penso solo che ora sia il momento di indicarlo esplicitamente.
Per prima cosa, distinguiamo il potere d’acquisto dalla sua forma: il potere d’acquisto viene riconosciuto dalla gente, liberamente o forzatamente, ad una data forma, e nel caso in esame la gente è indotta a riconoscere alla forma “non moneta” lo stesso potere d’acquisto riconosciuto alla forma “moneta”.
Una promessa di denaro, un “non denaro”, spacciato come se fosse denaro, sintanto che nessuno ne richiede il mantenimento, il suo riscatto in denaro “vero”, non solo è potere d’acquisto dal nulla a costo zero, ma in aggiunta a ciò ha “tutti i vantaggi del denaro senza averne gli svantaggi”. Quali “svantaggi”?
Il primo svantaggio del denaro “vero” è che non lo si può creare dal nulla altrettanto facilmente del “non denaro”, e quindi il banchiere prima di poterlo prestare se lo deve procurare; un modo è onestamente consegnando un prodotto apprezzato in cambio di esso, un modo è disonestamente rubandolo in un modo o nell’altro, un modo è disonestamente falsificandolo nella sua forma di denaro “vero”. Il suo secondo svantaggio è che il denaro “vero” è un’attività “vera”, e conseguentemente deve contabilizzare la sua acquisizione nel proprio bilancio, giusto dove l’esattore delle tasse la può avvistare, chiedergliene conto, e tassarla.
Incidentalmente, che ne dici di considerare per un momento l’aspetto fiscale? Se stai affrontando l’ordine di grandezza dell’intera faccenda, comprenderai perché mi riferisco alla tassazione “incidentalmente”, vero? Non sarà il filone principale dei manipolatori monetari, ma per essi è pur sempre un ulteriore filone redditizio…
Tali “svantaggi” sono ancor più evidenti quando paragonati ai corrispondenti “vantaggi” del “non denaro”: se il banchiere presta una promessa di denaro, non ha bisogno di avere ciò che presta; e la cosa va avanti così fintantochè non gli viene chiesto di mantenerla, grazie all’associazione a delinquere delle camere di compensazione. E dato che una promessa di denaro è “non denaro” e non denaro “vero”, il banchiere può crearla facilmente dal nulla e, inoltre, non è tenuto a contabilizzarne l’acquisizione nel suo bilancio.

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Ecco cosa significa “tutti i vantaggi del denaro senza averne gli svantaggi”: lo chiamano “la botte piena e la moglie ubriaca”. Ecco dove l’ambiguità del “non denaro” è determinante, e dove la sostanza ed i cavilli sono faccia a faccia: da un lato, la sostanza dell’effettivo potere d’acquisto della promessa di denaro del banchiere, dall’altro la scappatoia che, non essendo denaro, non “esiste” come tale e quindi il banchiere non deve rendere conto della sua nascita e della sua persistenza nelle sue mani.

La NASCITA della “moneta” scritturale, bancaria, viene occultata ed elusa: la copertura legale del Sacro GAAP e la sua creazione contestuale alla sua prima erogazione in prestito sono progettate espressamente per consentire ed occultare la simultaneità della sua acquisizione e del suo primo impiego, così che la contabilizzazione del suo primo impiego nasconda il fatto che la sua acquisizione dal nulla nelle mani del banchiere NON viene contabilizzata.
Tuttavia, l’ambiguità della sua natura e l’occultamento tramite tale simultaneità della sua nascita non si intrecciano molto. Nel senso che sostenere che non è denaro non può allontanare l’accusa di falso in bilancio. Il potere d’acquisto è una risorsa, un’attività, e come tale dev’essere contabilizzato, indipendentemente dal fatto che sia in forma monetaria o no. Il colonialista non si faceva problemi a contabilizzare il suo oro rubato macchiato di sangue solo perché non era in forma monetaria. Se, mentre cammina, il banchiere inciampa in una pepita d’oro, in una tanica di benzina, in un’ipotetica cambiale al portatore ed in una banconota, beh, è tenuto a contabilizzarle tutte come sopravvenienze attive, non solo la banconota. La sua “moneta” scritturale ha comunque lo stesso potere d’acquisto, indipendentemente che al banchiere ed ai suoi amici faccia comodo chiamarla moneta un minuto, o non moneta un minuto dopo.
Vale la pena sottolineare che occultamento ed omertà sono la principale strategia usata ovunque nel campo delle manipolazioni monetarie, e che le conseguenze sono due: questa è la prima e principale strategia nemica da conoscere ed individuare ovunque sia impiegata, e non dovremmo mai farci cogliere di sorpresa da quanto essa si spinga in profondità.

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Inoltre, nella tecnologia di investigazioni che cito nelle letture caldamente consigliate si fa notare come, fra le cose storte, le più difficili da notare sono quelle che sono storte perché sono assenti. Se togli il copriruota e noti che uno dei dadi ruota manca, è perché ci sono un foro nel cerchione ed una colonnina nel mozzo ad aiutarti a notare la sua assenza, ma le lacune non sono sempre così chiaramente visibili. Anzi. Se qualcuno ha l’intenzione di occultare un’assenza, farà tutto il possibile per fare in modo che lo stato delle cose presenti sulla scena non lo dia a vedere, ma al contrario lo dissimuli: perciò non solo è intrinsecamente più difficile notare l’assenza che la presenza, ma viene reso ancora più difficile dal doversene accorgere nonostante l’intenzione di qualcuno di nasconderla.
Ciò detto, non solo negli IAS/IFRS, sia nelle definizioni che nella trattazione, non c’è alcun riferimento esplicito alla concessione al banchiere del privilegio di creare moneta scritturale dal nulla, una promessa di pagamento che volle farsi pagamento, dotata di potere d'acquisto proporzionale alla sua accettazione come surrogato della moneta legale, che nasce nelle sue mani alla sua creazione, e che sopravvive indefinitamente da quel momento in poi attraverso qualsiasi circostanza, nel tempo e nello spazio, ovunque venga accettata senza chiederne il riscatto. Non solo negli IAS/IFRS non è presente nessun punto in cui sia affermato esplicitamente che il banchiere è un cittadino più uguale degli altri. Ben oltre questo, la strategia dell’occultamento e dell’omertà prosegue ben più in profondità, giù sino al livello della terminologia contabile di base.
La legge si basa sul concetto di fattispecie: per legiferare su qualcosa, prima lo deve identificare e definire come fattispecie specifica ed indicarlo con un termine specifico. E sin da 1984 di Orwell come minimo conosciamo benissimo il potere della “Neolingua”: come il vocabolario sia uno strumento di manipolazione, di condizionamento, tanto malvagio quanto potente ed impercettibile. Niente parola, niente fatto: nella legge ed in contabilità, se i relativi termine e fattispecie non esistono, non esiste nemmeno il fatto.

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Sinora mi hai sentito usare il termine “sopravvenienza attiva” o “attività potenziale”, ma ora devo confessare che era una licenza poetica. Prova e misura di quanto in profondità arrivi la strategia è l’assenza addirittura di un termine legale, contabile per il nodo che è venuto al pettine. Gli IAS/IFRS sembrano in qualche modo contare su uno strato inferiore di fondamenti contabili che danno per scontati, e né negli uni né negli altri c’è alcun termine e fattispecie per la creazione del banchiere di potere d’acquisto dal nulla in forma di denaro scritturale. Niente parola, niente fatto.
Parlando di termini impropri, persino “dare origine” in contrapposizione a “evento passato” si potrebbero sostituire con “evento contabile SENZA evento reale corrispondente” in contrapposizione ad “evento contabile CON evento reale corrispondente”.
Il termine “sopravvenienza attiva” o “attività potenziale” è solamente il termine esistente che più si avvicina, ed è rivelatore considerare i punti di differenziazione, le cui radici affondano nelle definizioni di “sopravvenienza” e “potenziale”, e nella definizione di attività potenziale dello IAS/IFRS vista prima.
Sopravvenienza significa: in contabilità, ogni fatto imprevisto e fortuito, estraneo alla gestione, che modifica il patrimonio aziendale. (Il suo termine inglese corrispondente, occurrence, avvenimento, significa semplicemente: qualcosa che avviene o il suo avvenimento.)
Potenziale significa: che può tradursi in atto. (Il suo termine inglese corrispondente, contingent, possibile, imprevedibile, fortuito, significa: che accade per cause fortuite o impreviste.)
Ed un’attività potenziale – anche se secondo gli IAS/IFRS questa definizione non si applica agli strumenti finanziari… – è una la cui esistenza richiede sia eventi passati che eventi futuri, questi ultimi non totalmente sotto il controllo dell’entità.

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Adesso possiamo operare una differenziazione fra la fattispecie della sopravvenienza attiva o attività potenziale ed il fatto della creazione di potere d’acquisto dal nulla nelle mani del banchiere sotto forma di denaro scritturale creato contestualmente alla sua prima erogazione in prestito: uno è imprevedibile, l’altro è premeditato; le cause dell’uno sono impreviste, quelle dell’altro sono pianificate; la causa principale dell’uno è esterna, quella dell’altro è interna; uno è occasionale, l’altro è sistematico; uno è sporadico, l’altro è continuo; uno è collaterale, l’altro è intrinseco; uno è estraneo alla gestione, l’altro è il nocciolo dell’attività.
C’è forse un altro termine per la fattispecie nella legge ed in contabilità? Donazione, atto di liberalità, usucapione implicano tutti un bene preesistente.
Forse, reddito? Il reddito è definito come l’utile che viene da un lavoro o da un impiego di capitale, ed anche come il denaro, beni, servizi ricevuti. È vero che il banchiere il denaro se lo crea, ma poi in cambio di quello riceve il resto; se consideriamo questa creazione come parte del suo “lavoro”, allora direi che un reddito c’è senz’altro.
Da questo punto in avanti, a mio modesto parere, se ci sono altri termini per la fattispecie, devono trovarsi nell’ambito della legge penale.

La PERSISTENZA della “moneta” scritturale, bancaria gode della stessa copertura legale del Sacro GAAP della sua nascita, proiettata dal principio nell’eternità: una volta avviato il meccanismo, è solo questione di tenerlo in moto sostenendo legalmente reflusso bancario, camere di compensazione, e l’incantesimo della promessa di pagamento che finge di essere pagamento per sempre.

Anche se ricapitolata rapidamente, la questione della persistenza ci offre un buono spunto per mettere in prospettiva l’intero argomento della copertura legale. Se la nascita è un crimine, allora la persistenza è un’associazione a delinquere, messa in atto per mezzo di camere e sistemi di compensazione, ed usare la legge per sostenere tutto questo è altrettanto un crimine ed anche un’associazione a delinquere – oltre ad essere un tradimento del proprio mandato, missione, e popolo… come al solito.

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E per meglio completare il mosaico, un’altra tessera importante: prima abbiamo messo da parte per semplicità la moneta “legale” emessa dalle banche centrali, come se fosse moneta reale, emessa onestamente a pieno diritto dal legittimo detentore della sovranità monetaria, laddove onestamente significherebbe un sacco di requisiti, nessuno dei quali trova riscontro nella realtà. Sappiamo già che cos’è una banca centrale; ecco perché scriviamo moneta “legale” fra virgolette, vero?
Bene, ora che abbiamo messo tutte le nostre papere in fila, possiamo aggiungere anche questa papera alla fila, fare un passo indietro e dargli un’altra occhiata. Tutto ciò che abbiamo visto qui a proposito della moneta scritturale “bancaria” vale altrettanto anche per la moneta “legale” della banca centrale; grosso modo gli stessi meccanismi si ripetono in una sorta di effetto a cascata a rovescio. Sappiamo già che cos’è una banca centrale, e sappiamo già tutto della moneta “legale” della banca centrale, vero? In realtà, tutti questi meccanismi fraudolenti sono applicabili a qualsiasi potere d’acquisto creato fraudolentemente dal nulla da qualsiasi usurpatore della sovranità monetaria.

In una guerra fra bande fra manipolatori monetari, la legge non è che un’arma: proprio come una pistola carica in un combattimento fra criminali, prima o poi i peggiori alla fine se ne impadroniscono e la usano prima contro gli altri criminali, e poi contro tutta la gente. Falsario, chi era costui? Niente di più che il manipolatore monetario che ha perso la guerra per bande e quindi è stato messo fuori legge dal manipolatore monetario che l’ha vinta e si è autoincoronato Signore del Denaro e della Legge.
Lacune legislative comprese, attraverso le quali un denaro fluido, senza soluzione di continuità filtra come attraverso un colabrodo, come laddove la creazione di potere d’acquisto dal nulla è fuori legge quando in forma fisica, ma non quando in forma dematerializzata.

Crimine contro l’Umanità: il Sacro GAAP, 45

Ma ancora una volta il meglio deve ancora venire. L’associazione a delinquere dei banchieri, come una spinta magmatica sotto la crosta terrestre, produce una tendenza costante dei loro sistemi di camere di compensazione ad espandersi ed integrarsi progressivamente. Abbiamo visto come l’infrastruttura necessaria alla moneta scritturale è una rete stagna entro la quale essa possa circolare indefinitamente senza rischi di richeste di riscatto, ed abbiamo visto che più vasta è la rete, più grosso è il bottino; da cui la spinta magmatica verso l’espansione e l’integrazione. È ovvio che la meta è una rete stagna unica mondiale, e considerando le prove del supporto ai banchieri dai loro amici nel legislativo, giudiziario, accademico e nei media, è altrettanto ovvio che tale rete stagna unica mondiale sarà molto al di sopra di qualsiasi giurisdizione, legge e controllo pubblico. I paradisi fiscali ed i sistemi di compensazione di oggi sono solo un barlume del “brave new world” (“mondo nuovo e migliore”) futuro in cui il banchiere sarà il solo ed inappellabile sacerdote del potere d’acquisto di tutti noi, che decreta insindacabilmente dove esso insondabilmente appaia (indovina in quali tasche) e scompaia (indovina da quali tasche). Dubbi? Beh, dai una bella occhiata in giro per accertarti di quanto bene avviati verso quella meta siamo già.

Ho osservato in precedenza come, diversamente da quello del colonialista, il bottino del banchiere non ha nemmeno bisogno di essere sporco di sangue; ma stiamo iniziando a vedere come l’ostilità nascosta sia molto più pericolosa dell’ostilità palese, e come quest’ultima porterà molta più soppressione. Il potere d’acquisto usurpato dal banchiere non ha bisogno di nascere sporco di sangue, ma nel corso della sua esistenza ininterrotta si sporcherà di sangue molto più di qualsiasi potere d’acquisto usurpato nato sporco di sangue.
Quindi, se il crimine dell’usurpare la sovranità monetaria al suo legittimo proprietario, l’individuo produttore, i crimini di manipolazione monetaria, ed i crimini basati su di essi sono crimini contro l’umanità, allora il supportarli, ed il supportarne la monopolizzazione, nei settori legislativo, giudiziario, accademico e dei media è anch’esso un tradimento ed un crimine contro l’umanità. E di grandezza paragonabile.

Crimine contro l’Umanità: il Sacro GAAP, 46

Infine, indulgendo nei giochi di parole per un momento, GAAP sta per Generally Accepted Accounting Standard, standard contabili generalmente accettati, e come tale, in linea di massima ed onnicomprensivamente, si riferisce a tutti quelli ufficialmente riconosciuti ed adottati sotto tutte le giurisdizioni; ebbene, se gli togliamo una A, diventa quello che è, una lacuna (in inglese: GAP), ed ecco perché è Sacro per i manipolatori monetari, ed un crimine contro l’umanità per il resto di noi.
Per inciso, questo gioco di parole probabilmente è reso possibile dal debole che i soppressivi hanno per i simbolismi; vanno matti per l’impacchettare i loro crimini in una carta regalo che sia abbastanza arcana, esoterica ed astrusa da placare la loro brama di sminuire il valore delle loro vittime – il resto di noi – ed al contempo scaricare le proprie responsabilità su presunte volontà superiori – le proiezioni dei loro demoni –. In fin dei conti, tali simbolismi sono totalmente arbitrari e stupidi, e la loro sola utilità è indicare a noi la loro presenza dietro le quinte e la loro follia. Una follia soppressiva.