“Vincente” e “perdente”, la faida per contagio della miseria umana, 3

Anche l’incolpare regolarmente gli altri per il ritardo fra il dire ed il fare potrebbe aiutare come un indicatore. Le idee sono istantanee, ma il realizzarle no, perché l’universo fisico ha dimensioni, massa, peso, inerzia, ecc., ed i tempi, requisiti e problemi conseguenti sono alquanto frustranti. Tanto che, oppressi da questo scarto, possiamo tendere allo scaricabarile; le gerarchie in modo particolare vengono spesso sfruttate per scaricare tali frustrazioni sui propri subordinati. Se un’idea deve essere realizzata, tollerare ed occuparsi dei vincoli dell’universo fisico è inevitabile, indipendentemente da chi dovrà farlo. Quindi, incolpare l’incaricato per non averla ancora realizzata senza fornire le risorse necessarie, a cominciare dal tempo necessario, è irrazionale. E la personalita “vincente” potrebbe indulgere proprio in questo in modo particolare, mentre una persona razionale, una volta sfogata la frustrazione, si tirerà pazientemente su le maniche.

E non cedere all’impulso di sminuire gli abusi del “vincente” considerandoli meri “effetti collaterali” ai margini di qualcos’altro più grande e migliore, perché è il contrario: essi sono il nucleo piuttosto che i margini. Quegli abusi sono lo scopo fondamentale dell’azione del “vincente”; come un ciclista legato alla bicicletta deve continuare a pedalare per evitare di fermarsi e cadere, deve commetterli come sacrifici umani per restare “vincente” davanti ai suoi personali demoni “perdenti”.

Di conseguenza, la legittima relazione fra causa ed effetto viene rovesciata: nonostante le apparenze, la personalità “vincente” non si dà delle arie perché passa avanti agli altri… è il contrario: passa avanti agli altri perché si dà delle arie. E la sola causa è la remissività e sudditanza della personalità “perdente”. Chi si inchina a chi? Chi scodinzola a chi, e chi carezza il muso a chi? Chi lancia il bastone, e chi lo riporta?