Coscienza ed obbedienza, responsabilità ed autorità: una misura degli orrori della fonte potenziale di guai umanoide

È stato detto che la verità ti renderà libero, intendendo che qualunque trappola persiste solo sintantoché contiene falsità, e le falsità comprendono sia le informazioni nascoste che quelle sabotate. Quello che viene generalmente etichettato “Propaganda” lo si potrebbe definire qui come i sistematici studio ed applicazione delle scoperte, ovvero la scienza e la tecnologia, del produrre il nostro consenso sfruttando i nostri difetti. La propaganda è la gestione finalizzata, sistematica di tutte le nostre cantonate, sbandamenti, inconsapevolezza, irrazionalità, vulnerabilità elencati sopra e di più, tramite disinformazione, falsa rappresentazione della realtà, ed un intero arsenale di armi, tanto esistenti, precise, ed usate quanto sono rese invisibili da quegli stessi nostri difetti. E se questa gestione solitamente venga fatta a vantaggio o a danno di noi tutti è facilmente immaginabile, o piuttosto direttamente osservabile. Come risultato di tutti questi difetti e della nostra indisponibilità ad affrontarli, di tutte queste porte sul retro spalancate e sistematicamente sfruttate, quando i pifferai dei media dominanti suonano le ninne−nanne noi li seguiamo come topi ipnotizzati ed arrogantemente ciechi. E così, molto coscienziosamente rispettosi del ruolo di pedine che ci è stato conferito, anneghiamo. E così, altrettanto coscienziosamente, trasciniamo verso il fondo ed anneghiamo con noi anche i nostri simili ed il resto del mondo. Non è uno scherzo, non è una cosa da nulla.

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Se l’opinione di qualcuno dovesse essere che il fardello umanoide su tutti noi non è poi così pesante, dopo tutto, la risposta è che c’è dell’evidenza oggettiva, ed essere incapaci di considerare la differenza fra opinioni e fatti è indiscutibilmente umanoide. L’esperimento Milgram è qualcosa che chiunque dovrebbe conoscere, e andrebbe senz’altro insegnato a scuola in educazione civica. A quanto pare ci vollero la seconda guerra mondiale ed i susseguenti processi ai nazisti per superare il nostro essere quantitativi, squilibrati, emotivi, e spingere alcuni di noi a chiedersi se milioni di persone andassero considerate complici o solo esecutori di ordini come sostenevano. Così, nel 1961, un professore dell’Università di Yale di nome Stanley Milgram condusse una serie di esperimenti filmati al preciso scopo di misurare la disponibilità, di mettere a confronto la tendenza ad obbedire all’autorità comunque sia con la coscienza personale, di fronte alla richiesta di commettere atti palesemente e sempre più immorali, non etici, criminali.

Puoi svolgere facilmente tu delle ricerche sull’esperimento di Milgram; qui è sufficiente dire che la circostanza inscenata era un esperimento “clinico” nel quale ad un volontario nel ruolo di insegnante veniva richiesto di infliggere scosse elettriche crescenti – fino a 450 Volt! – ad un volontario nel ruolo di studente quando quest’ultimo sbagliava certi esercizi, sotto la supervisione di un responsabile dell’esperimento, una figura accreditata come autorità dall’indossare un camice bianco in un ambiente “clinico”, che esigeva che l’insegnante impartisse le scosse qualora questi esitasse o si rifiutasse. Il vero oggetto dell’esperimento era l’insegnante, il quale ignorava che l’esperimento, lo studente e le scosse elettriche erano fasulli.

Sebbene gli “esperti” sondati avessero previsto che solo una percentuale dallo 0 al 3 percento avrebbe inflitto il massimo voltaggio, la cruda statistica risultante lascia a bocca aperta – o forse no: nella prima serie di esperimenti, il 65 percento non disobbedisce mai sino al voltaggio più alto, indipendentemente da quanto male e moralmente ed eticamente indifendibili le cose si mettano: certamente un sacco di disagio, esitazioni, proteste ma, venendo al sodo, acquiescenza invece di indignazione, obbedienza invece di rivolta. Il fatto non è una novità e non è quello il punto; il punto è la cifra, e la cifra raggela.

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E si prepara a diventare ancora più raggelante man mano che le serie di esperimenti seguenti svelano statistiche ulteriori e più dettagliate. Potremmo chiamare il fattore coinvolto qui “prossimità”, “vicinanza” o qualcosa del genere; un fattore che influenza il reale soggetto dell’esperimento su tre lati: la “vicinanza” del soggetto ai suoi pari, alla vittima innocente, all’autorità ordinante.

Sul lato dei pari, quando il soggetto dell’esperimento veniva affiancato da uno o due finti “insegnanti” supplementari, il loro comportamento lo influenzava pesantemente: quando loro rifiutavano di obbedire, l’obbedienza del soggetto ad infliggere le scosse scendeva al 10 percento; quando al contrario loro obbedivano pienamente, l’obbedienza del soggetto raggiungeva il 92,5 percento. E quando il soggetto dell’esperimento vedeva prima un altro soggetto dell’esperimento rifiutarsi di obbedire, questo non alterava le percentuali. Quanto al peso del nostro essere pecoroni, questo è quanto. E non solo siamo disposti a barattare la nostra responsabilità per un po’ d’istinto di branco, ma in più seguiremo anche la pecora più vicina.

Sul lato della vittima, le variazioni di “vicinanza” – qualcuno potrebbe ritenere appropriato chiamarle gradazioni dell’affrontare lo sporcarsi le mani o dell’esserne tenuti al riparo – erano messe in atto in questo modo: quella minore significava che l’insegnante e lo studente si trovavano in stanze separate, praticamente isolati l’uno dall’altro, e quella più alta che l’insegnante doveva al contrario tenere personalmente il braccio dello studente sull’elettrodo della scossa, con gradazioni intermedie dell’insegnante sempre più esposto e vicino alle reazioni ed allo stato dello studente. Che erano sempre più drammatiche e scioccanti man mano che il voltaggio aumentava, sino all’apparente perdita di conoscenza. Nonostante la percentuale dell’obbedienza diminuisse man mano che la vicinanza aumentava, con la vicinanza maggiore un bel 30 percento riusciva comunque a tenere il braccio dello studente sull’elettrodo.

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Ultimo ma non per questo meno importante, e dulcis in fundo, sul lato dell’”autorità” l’obbedienza del soggetto dell’esperimento aumentava e diminuiva proporzionalmente a due fattori: non solo la “vicinanza” dell’autorità, ma anche la sua “legittimità percepita”. Se l’incaricato esigeva per telefono che il soggetto continuasse con le scosse, la percentuale di obbedienza calava al 21 percento, e questo è quanto riguardo alla vicinanza. Ma anche se l’incaricato si toglieva il camice bianco, la percentuale di obbedienza calava. Il che la dice lunga sulla gravità del nostro giudicare il monaco dall’abito.

Infine, le serie di esperimenti nell’insieme portarono alla luce due ulteriori significative sfaccettature: l’uniformità di comportamento nello spazio e nel tempo, e la profondità della soggezione a prescindere all’autorità. Ripetizioni dell’esperimento in posti diversi e circostanze diverse produssero risultati simili; lo stesso per il tempo, dato che ripetizioni successive produssero anche loro risultati simili: questo quanto all’influenza delle culture e delle loro evoluzioni su questo tratto umanoide. Quanto alla soggezione, quel che accadde è che persino coloro che si rifiutavano di infliggere le scosse più alte non ebbero la libertà ed il coraggio di andare oltre: le note degli esperimenti riportano che né insistettero che venisse posta fine all’esperimento stesso, né lasciarono la stanza per controllare lo stato di salute della vittima senza chiedere permesso per uscire… e questo per quanto a ciò che serve realmente per rendersi conto che si è liberi e non da meno dell’”autorità”.

Vale la pena di immergersi un po’ più a fondo in questa sfaccettatura: autorità e responsabilità. Autorità: a chi è riconosciuto il diritto di decidere e comandare? Responsabilità: chi risponde delle decisioni ed azioni conseguenti? Sin qui sembrano essere le due facce della stessa medaglia: si risponde delle proprie decisioni ed azioni. Lasciando da parte per il momento che soppressivi e farabutti sono alla ricerca dell’autorità senza responsabilità, ora affianca due di queste medaglie – quella di qualcun altro e la propria –, ed esse diventano i due piatti della stessa bilancia: più ce n’è di quella di qualcun altro, meno ce n’è della propria – e viceversa. Più autorità assegni a qualcun altro, meno ritieni te stesso responsabile. Più autorità assegni a te stesso, più ritieni responsabile te stesso. E così via in tutte le combinazioni.

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L’autorità non esiste in sè stessa: tutto non è che accordo, e tutta l’autorità che esiste non è che autorità riconosciuta. E che sia per libero arbitrio, con l’inganno o sotto costrizione, rimane comunque accordo sul riconoscimento: se alzi le mani davanti ad un’arma, il rapinatore sfrutta il tuo concordare e riconoscere che la tua vita ha valore. Più valore del tuo portafoglio o del tuo onore.

Sulla base di molti dei difetti umanoidi menzionati prima, possiamo facilmente vedere come la strada sia spianata per coloro che mirano a manipolarci e indurci alla soggezione all’autorità: il nostro lato umanoide non chiede di meglio. Possono infatti esserci una quantità di ragioni per le quali siamo portati a giudicare il monaco dall’abito e ad inchinarci davanti ad un camice bianco insanguinato, ma certamente non ultima è che più ci inchiniamo più sfuggiamo alla nostra propria responsabilità personale.

Da qui lo spaventoso successo dei manipolatori nell’inscenare quella che mira a divenire autorità “percepita” dal bersaglio finale: noi. E il giudicare il monaco dall’abito viene infatti chiamato con maggior precisione “Principio di Autorità”: le cose vengono considerate vere o false, buone o cattive, non in base al loro essere effettivamente tali, ma in base alle autorità percepite di coloro che dicono che sono vere o false, buone o cattive. Poi il coperchio della trappola viene sigillato dalla nostra inclinazione umanoide a far diventare verità le bugie, a furia di ripetercele l’un l’altro finché non diventano un “lo sanno tutti”. Verità, riposa in pace. O piuttosto, rivoltati nella tomba mentre noi facciamo orecchie da mercante con il rumore.

Sicuro, i manipolatori sono abili professionisti nel “confezionamento”: indaffarati a rivestire gente e cose in confezioni progettate per indurci a sentire un abisso gerarchico fra noi e loro. Sicuro, la ricerca del controllo dei media è parte di questa guerra in cui ogni testa di ponte conquistata rende un altro po’ di potere di bombardare noi con tali “confezioni”. Ma di sicuro diamo il benvenuto a braccia spalancate a queste bombe. Quello che chiamano “aggiustamento del pensiero” affonda le radici nella brama umanoide di sfuggire alla responsabilità personale individuale.

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E, a proposito, vale la pena di guardare a quelle bombe in termini di una specifica sfaccettatura portata alla luce da questi esperimenti di Milgram: perché i media sono un’arma così importante nella guerra contro di noi? Prossimità: i media inventano una vicinanza con noi, artificiale ma nondimeno efficace e quindi preziosa, dell’autorità messa in scena. Ogniqualvolta vedi schermi televisivi usurpare la comunicazione nelle famiglie, ogniqualvolta vedi gente che si addormenta sfinita di fronte ad essi, biasimati ma ancora accesi, in aggiunta a tutto quello che già consideravi, tieni anche a mente come le percentuali vengano influenzate dalla “vicinanza percepita” dell’”autorità” ordinante, e come queste menti si sveglieranno plasmate nella direzione voluta da qualcuno.

A discapito di cosa questa prossimità artificiale dei media avanza? Della prossimità del mondo reale: quella con i tuoi cari, i tuoi amici, i tuoi vicini, i tuoi simili, con la società reale ed il mondo reale. Con la conseguenza di sviluppare una visuale dalla quale i media sono sempre più presenti ed importanti, mentre la realtà lo è sempre di meno. Indovina quanto questo faciliterebbe le cose, se ci si dovesse trovare in una situazione da esperimento di Milgram, ma questa volta a sopprimere i propri simili per davvero. E quando estendi questo al mondo di oggi dei cosiddetti “social media”, potresti avere un indizio del perché la gente sia intrappolata nei loro dispositivi mobili di “comunicazione”, mentre al contrario stanno venendo distolti dall’affrontare i loro simili reali ed il mondo reale di persona.

E potresti anche aggiungere un ulteriore addendo alla somma che produce la legittimità percepita dell'autorità: l'educazione ed il suo imbarbarimento. Innanzitutto, l'educazione può essere progettata per educare a comprendere la responsabilità, a mettere in discussione l'"autorità" ed a ritenere sè stessi responsabili e prima autorità legittima, oppure progettata per conseguire il contrario. Ma non è nemmeno necessario tradire l'educazione così apertamente: è sufficiente imbarbarirla, disperderla, svuotarla. Se l'educazione di base non ha luogo, in qualunque modo venga occultato questo tradimento, la catena delle conseguenze è ovvia: meno gente consapevolmente autodisciplinata produce sempre più caos che presto o tardi mette a repentaglio la sopravvivenza, il che alla fine produce una richiesta di ordine calato "naturalmente" dall'alto sui "naturalmente" incapaci di disciplina.

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E ahimè ci sono modi più sinistri di scavalcare persino l'educazione e tradire ed imbarbarire la gente direttamente, che discuterò più avanti. Basti qui dire che esistono e rappresentano un ulteriore spaventoso addendo della somma, e che ci stanno di fronte proprio adesso.

Come ho detto prima, una fonte potenziale di guai è uno che amplifica e ritrasmette la soppressione invece di individuarla e fermarla, sostengo che esserlo è un reato molto più grave persino dell'essere soppressivi a causa di questo preciso fatto e delle sue conseguenze, e tutti i difetti degni dell’aggettivo “umanoide” ci rendono inclini ad essere fonti potenziali di guai. Per dirla con le parole di Milgram: “Persone ordinarie, che fanno semplicemente il proprio lavoro, e senza alcuna particolare ostilità da parte loro, possono divenire agenti in un processo terribilmente distruttivo. Inoltre, persino quando gli effetti distruttivi del loro lavoro diviene chiaro e palese, e viene loro chiesto di eseguire azioni incompatibili con standard fondamentali di moralità, relativamente poche persone possiedono le risorse necessarie per resistere all'autorità.”

Ovviamente sia la sottomissione indotta all’autorità che la barbarie indotta non sono meri fini: esse sono strumenti. Strumenti che verranno usati per sopprimere tutti noi in qualsiasi modo che soppressivi e fonti potenziali di guai riescano ed escogitare. Dato che qui stiamo discutendo di come persone ordinarie possano diventare PTS ed agenti in processi distruttivi, vale la pena di menzionare un caso importante e da manuale di questo: i gruppi e le organizzazioni che nascono per aiutare ma poi finiscono per tradire. Ci viene detto che le cose stiano così e basta, ma adesso sappiamo che questa è la storia di copertura diffusa dai soppressivi che, di persona o tramite la loro influenza, vi si infiltrano, li svuotano e li rivoltano dall’aiuto al tradimento. Adesso sappiamo che il modo in cui lo fanno è rendendo la gente PTS: essi pervertono con successo la lealtà delle persone dalla lealtà ai principi alla lealtà ai leader; così quando i leader violano i principi esse si schierano con i leader contro i principi, invece del contrario. Ed ora abbiamo anche un’infarinatura di come lo realizzino in termini pratici.