Debito, credito, interesse

Da quella funzione di ammortizzazione della società scaturisce quella cosa chiamata debito o credito, a seconda da quale parte la si guardi: oggi ho mangiato le tue uova, quindi io ho un debito con te e tu hai il corrispondente credito nei miei confronti, fino a domani quando mangerai i miei pesci.

E dal debito/credito scaturisce l’interesse. Oggi tu hai uova ed io non ho pesci, e così per le tue uova oggi mi chiedi una manciata di pesce in più domani; domani io avrò pesce e tu non avrai uova, e così per il mio pesce domani ti chiederò un uovo in più dopodomani. Oppure, oggi tu hai chicchi di grano ed io no, e così per un po’ dei tuoi chicchi oggi mi chiedi qualche chicco in più domani.

Sia fare debito/credito che guadagnare dall’interesse sono temi controversi, quindi degli esempi potrebbero aiutare a valutare quando siano etici e quando siano soppressivi.

È giusto chiedere/dare in prestito? Se mi dai un po’ delle tue uova, o dei tuoi chicchi di grano, da un parte hai apparentemente abbassato il benessere del tuo gruppo piccolo, la tua famiglia, ma dall’altra hai incrementato quello del tuo gruppo grande, i tuoi simili, ed un più forte gruppo grande renderà anche il tuo gruppo piccolo più forte. Purchè io mi tiri su le maniche e faccia crescere altro grano.

Il credito può anche avere un effetto leva: supponi che una data risorsa produca una data quantità di fattori di sopravvivenza, ed abbia in certo costo. Per acquistarla si dovrebbe mettere da parte il potere d’acquisto corrispondente risparmiando le proprie eccedenze, accumulandolo poco a poco, il che richiederebbe un certo tempo. se si prende in prestito quel potere d’acquisto si può acquistare quella risorsa prima, così essa inizia prima a produrre fattori di sopravvivenza. È solo etica come al solito: la cosa è di beneficio – reale beneficio – per tutti? Da un lato, si dovrebbero soppesare i pro ed i contro dell’ottenere la produzione in anticipo a fronte del costo e dell’indebitamento per il prendere in prestito i mezzi per acquisire quella risorsa in anticipo. Ma d’altro canto, al di là del caso specifico, si deve prendere in considerazione anche l’eticità del suo lato filosofico, in quanto su questa base si sviluppa un intero concetto del condurre i propri affari a debito, la cui etica è senz’altro discutibile.

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È giusto chiedere un interesse? Grazie a te io non solo non ho patito la fame, ma ho anche prodotto più grano, che ha incrementato le riserve di cibo della comunità, quindi potrebbe essere giusto condividere un po’ di questo con te, la cui disponibilità ad aiutare lo ha reso possibile. Finchè tutti ricevono in proporzione allo sforzo che ci hanno messo.

Perché l’interesse ha anche un lato molto oscuro, e conseguentemente richiede uno scrutinio etico molto attento. Dato che qualsiasi ricerca di sopravvivenza comporta sempre qualche rischio, il punto è: rischio per chi? Addebitare un qualsiasi interesse è stato ripetutamente scomunicato, e per buone ragioni. Potrebbe aprire la porta alla separazione di chi presta dallo sforzo, ed infatti esso viene scomunicato in favore dell’impresa collettiva, la quale per contro significa condividere il rischio insieme con il frutto per intero.
Questa separazione ha due stadi. Il primo diseduca a separare la resa dall’investimento e dal rischio, la produzione dal duro lavoro, l’effetto dalla causa. Dato che il rischio non cessa di esistere per il semplice fatto di venire respinto dal creditore, più rischio il creditore respinge, più rischio ricade sul debitore, e può oltrepassare il limite della sostenibilità. Ed il secondo stadio della separazione è quello dell’intento doloso: chi presta può spingere questo oltre quel limite intenzionalmente, così da mandare in bancarotta chi chiede il prestito e pignorarlo.

Ad ogni modo, sino ad un dato punto ci stiamo aiutando l’un l’altro. E allora quand’è che le cose cambiano e l’aiuto diventa tradimento? Debito/credito ed interesse vengono usati per sopprimere quando, e nella misura in cui, lo scambio diventa non equo e produce più danno che beneficio per il complesso della gente coinvolta. Quando si deve chiedere in prestito si è in uno stato di necessità, e per questo facile preda di ricatto ed estorsione. C’è una parola per questo: usura.

E per rapinare il più possibile, certa gente soppressiva non si limita a sfruttare il bisogno esistente, no; arrivano al punto di creare artificialmente il bisogno. È lo stessissimo raggiro di quello perpetrato con la protezione criminale e la dipendenza da nicotina: danneggi la gente e la costringi in uno stato inferiore e degradato, poi sfrutti il loro impulso a riconquistare lo stato originale, vendendogli la causa della malattia come se ne fosse la cura, vendendogli a caro prezzo un briciolo di quello che era di loro proprietà nella sua interezza in primo luogo, mentre ti assicuri che non si accorgano mai della verità ma al contrario rimangano schierati dalla parte dei loro aguzzini ed a combattere i loro soccorritori. E, sia come lubrificante che come l’ironia del danno oltre la beffa, l’intera macchinazione verrà guarnita dall’aguzzino che si atteggia ad autorità, a benefattore, occasionalmente persino a vittima dei “beneficiari” ingrati che osano mordere la mano che li “aiuta”, dovesse mai la vittima azzardarsi ad obbiettare alla soppressione pura. Esiste un esempio peggiore di tradimento camuffato da aiuto?

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Ed infine dal debito/credito proviene anche il rischio: la possibilità che le cose vadano male ed il debitore non possa restituire il prestito o addirittura lo rubi. Che dire quindi dell’etica delle leggi fallimentari? Da una parte, il fallito deve rendere conto dei suoi errori, e la comunità vorrebbe proteggersi dal rischio di recidiva. Ma d’altra parte conseguenze troppo pesanti e permanenti dopo un fallimento priverebbero la comunità del potenziale di successo rimasto nel fallito. I tentativi sono una forma di investimento, e molti grandi passi avanti hanno richiesto molti tentativi e persistenza. Che dire dell’etica del privilegio della responsabilità limitata concesso alle persone giuridiche, che può costituire un’infrazione all’uguaglianza di diritti rispetto alla sua negazione alle persone fisiche? Da un lato, la responsabilità limitata è un incentivo a condurre una persona giuridica meno scrupolosamente di una persona fisica, un abuso da cui la comunità vorrebbe proteggersi; ma d’altra parte, una messa al bando troppo assoluta di questa forma di scaricamento su terzi di una quota del rischio d’impresa priverebbe la comunità del potenziale di resa del successo d’impresa. Anche il discutibile privilegio della responsabilità limitata è una forma di investimento: la scommessa che c’è più gente etica che gente disonesta. Quindi, in sostanza anche nel rischio inerente il debito/credito il punto è valutare il maggior beneficio per tutti: siccome l'iniziativa dei singoli rappresenta per la comunità un investimento nel potenziale che la fa progredire, quest'ultima si assume una quota del relativo rischio d'impresa; è solo questione di onestà e giuste proporzioni.