Che c’entro io? E perché proprio io?, 7

Qual è il tuo problema, ora? Qualunque sia, solo tu lo sai. Ma qualunque sia, esso risale alle basi riportate qui.
Da un lato, solo tu sai qual è il ramo pericolante su cui sei seduto; dall’altro lato, qualunque sia il ramo, le radici dell’albero sono qui. Quindi, nessuno tranne te può vedere entrambi i lati e perciò risalire al legame dal tuo ramo personale alle radici comuni. Ed è così per qualsiasi ramo.

Se guardi le cose dal punto di vista che puoi essere causa od effetto, un primo punto è che più si è causa più è probabile far andar bene le cose, e più si è effetto più è probabile far andare le cose a rotoli: rimani al volante, e ce la fai; lascialo andare, e ti schianti.
Un secondo punto è che il pensiero è il requisito dell’azione: non farai una data cosa, a meno che non consideri di poterla fare e che la farai. Perciò nessuno mai sarà più causa di quanto consideri di poter essere.
Un terzo punto è che il pensiero non è solo il requisito dell’azione, ma la influenza anche, e quindi anche il suo esito: a parità di forma fisica, la forza applicata dall’ottimista è superiore a quella del pessimista, e così anche le sue possibilità di farcela.
Di conseguenza non è questione di stabilire quanto causa si possa effettivamente essere, è questione di assumere il punto di vista più utile disponibile: causa totale.
In altre parole, per evitare qualsiasi rischio di tarparsi le ali da soli, sarà meglio assumere il punto di vista di essere personalmente, illimitatamente, totalmente causa. Che importa quanto sia vero: è funzionale, utile.
In questo modo, si evita qualsiasi rischio di perdersi qualsiasi cosa si sarebbe potuta raggiungere per colpa del considerarlo fuori portata sin dall’inizio. Se si vuole una possibilità, questo è indispensabile; dopo tutto, la vita oppone già abbastanza barriere senza bisogno che ci schieriamo dalla loro parte contro noi stessi, no?